lunedì 26 gennaio 2015

La teoria del tutto

In ordine: lei è molto bella e molto brava. Si chiama Felicity Jones e nel film interpreta la prima moglie di Stephen Hawking. Lui è Eddie Redmayne, perfetto nel ruolo di protagonista. Il regista è James Marsh. Che dire di lui? Che non ha sbagliato niente: tempi, recitazione, inquadrature, stacchi, tutto ok. Ottima la fotografia. La musica non l'ho nemmeno sentita, credo sia un buon segno. La storia, poi, è straordinaria, come la vita di Stephen Hawking, lo scienziato inglese al quae hanno “dato” al massimo due anni di vita nel '63 e che è ancora vivo oggi.
E allora, perché sono tornato a casa invece di restare al multisala Massaua ad applaudire?
Escluso che ci possa essere qualcosa che non va in me, non capisco cosa succede.
Sì, è vero, non si sono viste tette. Ma, sinceramente, non era proprio il film. Quindi? Dovrei porre la domanda a tutte quelle ragazze che nel corso della mia vita mi hanno detto “Sì, sei un caro ragazzo, ma... Sì mi piaci, ma... Simpatico sei simpatico, ma...” Ma hanno detto no. Perché mi hanno detto no? Innumerevoli i motivi possibili, riconducibili però alla famosa scintilla, che non è scattata. Da allora ho provato le pietre focaie, ho cambiato pietrine nell'accendino, sono passato al pizzoelettrico e all'arco voltaico, ma quando non doveva scattare, non scattava.
Per cui, per quanto ora mi senta in difetto, per quanto mi scocci non conoscere il perché di un'emozione o di una non-emozione, mi arrendo, e alla “Teoria del tutto” dico la stessa cosa: “Sì, mi piaci, ma...”

venerdì 23 gennaio 2015

Pollo alle larve

Partiamo dalla foto da mettere online, che poi è il vero motivo per cui si cucina.
Lo scatto è prodotto da una Canon 600D, con tempo di esposizione 1/20 f/5.6 Iso 800.
Parto dalla foto perché la composizione è tutto. I semi di melograno devono essere disposti in un certo modo se vogliamo che sembrino veramente delle larve che abbandonano la carne infetta. Se il petto di pollo non è freschissimo, l'effetto sarà più realistico.

Ingredienti per una famiglia come la mia. (Io + un figlio vegetariano + uno schifiltoso + uno sbagliato. E una moglie con il rimprovero facile)
- 6 o 7 etti di petto di pollo tagliato a dadini. Meglio se molto vecchio.
- farina per infarinare
- una melograna
- un cucchiaio di cipollotti Lompigiani della Puglia (non ricordo bene il nome, Lombriaschi Lombellani... li ho trovati nel banco della gastronomia e mi sembravano adatti. Non lo sono)
- olio (mica tanto)
- pepe
- sale
- erbe della Provenza
- un avanzo di spumante di Natale secco
- mezzo porro
- una piccola cipolla
Quindi: In una padella bella grande, scaldare l'olio. Metterci dentro mezzo porro tagliato fine e tritato e una cipollina, anch'essa tritata. Aggiungere un tre giri di erbe di Provenza dall'apposito contenitore.
In un recipiente, infarinare i dadi di pollo e aggiungerli al soffritto. Rimestare con un attrezzo di legno, a meno che vostra moglie sia altrove, in tal caso usate quello che vi è più comodo. Coperchiate.
Prendete la melograna e studiatela. Se non siete abituati, non saprete come aprirla. Io non sono abituato e non sapevo come aprirla. Alla fine ho optato per il coltello a seghetta e, in effetti, si è divisa in due emisferi senza fare storie. Dentro è piena di grani rossi. Occhio che se li schiacciate esplodono e il succo rosso finirà sulle piastrelle dalle quali dovrete rimuoverlo, ma sappiate che con il Luminol, la scientifica ne troverà tracce per anni. Fa prima a esaurirsi il Cesio 137.
La polpa bianca della melograna è buona come la buccia di limone: fa schifo, è amarissima, non usatela. Se per caso la centrifugate insieme ai grani, poi dovrete fare come me e andare a cercare e eliminare tutti i pezzettini bianchi.
Intanto il soffritto si è seccato e il pollo si è asciugato. In altre parole sta bruciando. Aggiungete subito un po' di vino qualsiasi che avete in frigo. Io ne ho approfittato per finire lo spumante (secco) di Capodanno, mezzo bicchiere.
Avete così il tempo di centrifugare un po' di grani di melograna e ricavare del succo.
Quando il vino sarà evaporato, aggiungete il succo di melograno.
Abbondate di pepe. Io il pepe lo metto dappertutto, persino nella lavastoviglie insieme al sale.
Assaggiate un bocconcino di pollo e decidete se vale la pena aggiustare di sale o se non è meglio buttare via tutto.
Intanto cuocete la pasta che almeno avrete qualcosa da mettere in tavola.
Aggiungete i cipolloti lompigiani o come cazzo si chiamano e metà dei grani di melograno e spegnete il gas.
Mettete un po' di pollo in un piatto bianco. Aggiungete i grani al centro, concentrandoli in un punto, in modo che sembri il focolaio dell'infezione e poi fate una fila di larvette che esodi come Mosè verso il bordo del piatto.

Inquadrate e scattate, poi rimettete in padella per una mischiata generale, aggiungendo altri grani. Voilà. Sì, la tovaglia in foto è ancora quella del Pollo alla Sonia. Se mia moglie se ne accorge, si fa vedova.

Al Gigante

Questa mattina sono andato a fare la spesa al Gigante e ho parcheggiato nel garage sotterraneo, proprio davanti agli ascensori. Ma non è stato quello l'errore. Ero di corsa perché avevo lavorato fino alle 11 e mezza, poi avevo preso il caffè e, insomma, era tardi.
Ci sono due ascensori. Mi sono diretto verso quello che sembrava più prossimo alla partenza. Ho visto un uomo che stava entrando, ma non ci ho fatto caso. L'ho seguito. Ecco lo sbaglio.
Era un signore di una certa età, capelli belli bianchi, forse sui settanta, comunque agile e mobile. Mi sorride e mi dice qualcosa che non capisco.
Lui si rende conto che non ho capito e ripete. Mi fa notare che ci siamo appena visti al caffè e adesso ci ritroviamo sullo stesso ascensore. Io non mi ricordo assolutamente di lui, ma effettivamente ho appena preso un cappuccino da Gusto. Quindi sarà vero. Sorrido. Poi, invece di scattare fuori e mollarlo lì, commetto il secondo errore e dico la prima banalità che mi viene in mente: - Facciamo la stessa strada - 
- Io vengo tutti i giorni - confessa lui, uscendo dalla cabina di buon passo. Non sembra un settantenne e non sembra intenzionato a mollarmi.
- Anch'io. - ribatto. - Se non vengo qua, vado al Pam -
L'inutile chiacchierata potrebbe essere finita, ma mentre camminiamo affiancati in direzione del supermercato, lui dice di nuovo qualcosa che non afferro. Dev'essere una domanda perché il tono è interrogativo. Mi sta diventando simpatico perché sembra curioso e a me i curiosi piacciono. Però vorrei anche sganciarmi perché come adoro stare da solo io, lo adoro solo io.
Cerco di ricordare le parole che mi ha rivolto e che suonavano un po' come “pensione”. Mi chiede se vivo in pensione? Ma perché dovrei vivere in una pensione? che domanda è? Allora commetto il terzo e ultimo errore: gli chiedo di ripetere.
- Lei è in pensione? - domanda.
La riga che avete appena letto, se siete arrivati fin qui, costituisce il climax di questo aneddoto (tutto vero al 100%, giuro). Cioè: quel deficiente, vecchio bacucco di merda con la prostata ipertrofica mi chiede se sono in pensione? Mi è venuto subito in mente quel post che ho letto su Facebook, quello che parla del giorno più di merda dell'anno. Ecco, era oggi.
Ma come può essergli passato per la testa che io possa essere in pensione? Ho la faccia da pensionato? Il passo da pensionato? Le spalle da pensionato? I soldi di un pensionato? Ma voi, domandereste mai a Clint Eastwood se è in pensione? E ha 29 anni più di me. Lo chiedereste a Tom Cruise? Che è più giovane di me di soli due anni e non è vero che è nato il 4 luglio. “Io” sono nato il 4 luglio, lui il 3!
Ma sto stronzo, perché non mi ha chiesto “Lei è del PD?” Gli avrei risposto “suca” ma saremmo rimasti amicci. “Lei è gay”? Non mi sarei minimamente offeso. Porto spesso il cerchietto nei capelli, giusto per vederci quando guido. Ci potrebbe stare. “Lei è coglione?” Ma sì che sono coglione, ma non sono in pensione, Dio fanale!
- Io sì - ha detto lui, dopo che io gli ho risposto che no, non sono in pensione, e che non ci andrò mai. 
Lui, invece, lo ha affermato con orgoglio. È proprio contento di essere in pensione, il picio.
Io ero così sotto shock e così umiliato che non sono riuscito ad aggiungere nulla. Non ho la battuta pronta quando mi fanno del male. Ho fatto la spesa e sono tornato a casa come in trance. Mi sono ripreso solo verso sera.
Domani tornerò a fare la spesa al Gigante. Non voglio vivere nella paura d'ora in poi, per cui cercherò di incontrarlo. Lo aspetterò nel garage sotterraneo e farò in modo di prendere di nuovo l'ascensore con lui. In quei pochi secondi gli spiegherò che differenze ci sono tra lui e me (la pensione appunto) e farò in modo che il vecchio possa avere anche una seconda di pensione, sì, ma di invalidità!

venerdì 16 gennaio 2015

Pollo alla Sonia

Non ho mai considerato Sonia Peronaci come donna. Non so perché. Che ci vorrebbe a immaginarsela, mantecata sul tagliere nella cucina di Giallo Zafferano, con le poppe che sbattono in una padella wok (chissà cos'è) e lei che urla:" Brasami sulla leccarda! Montami a neve! Sbattimi come un uovo!" Che ci vuole? Basterebbe fantasia q.b. e una spolverata di libidine, ma io, ripeto, non l'ho mai fatto. Non che Sonia sia una donna poco piacente. È che io la vedo come la Maestra e non ha sesso per me.
Piuttosto, è lei che tenta di fottermi pubblicando sul suo sito delle videoricette che non c'entrano una fava con la ricetta scritta nella pagina del sito che sto consultando. Quindi, mentre cerco di concentrarmi su ingredienti e procedimento del pollo alle mandorle, sento la sua voce che mi parla delle tagliatelle alla scarola. Sarà per questo che vado in confusione e sbaglio spesso?

POLLO ALLA SONIA (O ALLE MANDORLE)
Ingredienti: andateveli a vedere sul sito Giallo Zafferano.
Procedimento: anche sul procedimento non ho nulla da dire, potete seguire quello di Sonia sul suo sito http://ricette.giallozafferano.it/Pollo-alle-mandorle.html (senza ascoltare la sua voce che parla d'altro) salvo che io, come regola di sopravvivenza, ho necessità di disobbedire agli ordini e alle indicazioni che ricevo dalle donne. E così ho introdotto un paio di varianti alla ricetta che hanno notevolmente peggiorato il risultato finale. Ma sai che gusto!

sabato 10 gennaio 2015

L'estrema fortuna

Quinn sentiva di aver bisogno di un colpo di fortuna. Rae sarebbe arrivata da Città del Messico e, se piazzavano bene i soldi, Sonny sarebbe uscito dalla prisiòn tre giorni dopo.
Questo l'incipit: tre personaggi in tre righe. Vi ricordate i nomi senza rileggere? Io no. È una disgrazia che mi perseguita anche nella vita di tutti i giorni quando mi presentano qualcuno. Per quanto provi a precettare la concentrazione, mi dimentico il nome prima ancora di restituirgli la mano. Figuriamoci se le persone sono tre e se invece di avere un volto, sono personaggi di un romanzo, privi di faccia, tette ecc. 
Tutto ciò per dire che Ford inizia veramente duro. Proseguo perché lo conosco e lo apprezzo. Se fosse un mio amico su Facebook sarebbe di quelli di cui voglio ricevere le notifiche. Ford ha scritto (e io ho letto) la benemerita trilogia di John Bascombe (“Lo sportwriter” “Lo stato delle cose” e “Il giorno dell'indipendenza”) romanzi di valore, densi di intelligenza. E poi ha scritto anche “Canada”. Ma “Canada” non mi è piaciuto molto. Neanche questo, per la verità. La storia va benissimo, l'atmosfera è ottima, i personaggi sono ok. È la scrittura che è faticosa. È come se il DJ avesse il singhiozzo: ogni fine riga salta la puntina del giradischi e la frase va a puttane. Tocca rileggere per capirla. Non è il Ford che conosco e che stimo. Colpa della traduzione, a volte? Anche no, perché il traduttore è Riccardo Duranti, lo stesso che, non più tardi di qualche giorno fa, lodavo per la perfezione con cui ha reso i racconti di Carver. Quindi? Quindi ci sono milioni di libri peggiori di questo e milioni di libri migliori. La vita è breve. Fate voi.

lunedì 5 gennaio 2015

L'amore bugiardo

Ho scritto “L'amore-bugiardo-non-ho-capito” su Google ma non è venuto fuori niente di utile. Allora ho scritto: “L'amore-bugiardo-spiega” ma neanche così. Che sia io l'unico con mille dubbi? Eppure sono stato molto attento, anche perché non è un film che ti permette di divagare. Si comincia subito con la scomparsa di una donna in una cittadina americana e si continua seguendo le vicende - separate - di lui e di lei. E fin lì sono rimasto al passo, dicendomi “bello bello, mi piace”. Il problema arriva alla fine, quando tutto dovrebbe chiarirsi. Mentre sceneggiatori e regista stappano lo champagne in vista dei titoli di coda, io vado in crisi perché tutto il meccanismo che fino a quel momento ha funzionato, collassa come le twin tower. Viene fuori che c'è un figlio in arrivo. Ma da dove? Ma come? Sul fronte indagini, poi, la polizia sparisce e i subentranti agenti dell'FBI sembrano addesttrati dall'ispettore Clouseau. In Italia, ma anche in America se non si trattasse di un film, non la farebbe franca nessuno. Ci sono prove che vedrebbe anche Bocelli. E poi, un ospedale, dico, un ospedale, dimette e manda a casa in piagiamino verde una persona con più di metà corpo imbrattato di sangue? Hanno finito il Johnson's e l'assicurazione non passava il Mustela?
Tuttavia, nemmeno un finale traballante basta per bocciare “Amore bugiardo”. Non prenderà l'oscar per la sceneggiatura, ma per qualche motivo, che comprenderà meglio chi è sposato, può piacere. Parla della vita di coppia e del matrimonio, dicendone cose buone e cose orribili. Tutte, le une e le altre, fotografie di quello che accade nella realtà. Insomma, ottimi maron glacé nel Tetrapack del Tavernello. Nel contenuto da salvare ci metto anche il cast: Ben Affleck, un po ispessito ma sempre un bel ragazzino, la gnoccosa Rosamud Pike e la stupenda Emily Ratajkowski (potrei morire) che fa vedere le sue stupende tette. E con questo metto il timbro “approved” e la parola fine.  

sabato 3 gennaio 2015

Pasta e fagioli

Intanto, bisogna risorgere i fagioli secchi. Per questo, il giorno prima, si mettono 3 etti di fagioli borlotti secchi in un recipiente con dell'acqua. Se fate come me, il giorno seguente avrete dei fagioli rinvenuti (quelli sotto) e dei fagioli umidi, ma sostanzialmente secchi, (quelli sopra) perché avete messo poca acqua e quelli sotto se la sono bevuta tutta.
Il giorno dopo, cioè oggi, preparate il resto degli ingredienti, che sono tanti.
- Olio di oliva
- scalogno o porro
- carota
- sedano
- 1 litro di brodo che si ottiene sciogliendo nell'acqua bollente apposito preparato.
E poi: Aglio origano, timo, maggiorana, salvia, pepe.
Procedimento. Soffriggere carota, porro o scalogno e sedano nell'olio d'oliva. Quando il soffritto cambia colore, aggiungete un po' di brodo caldo e lasciate consumare.
Prendere i fagioli che, ovviamente andavano previamente cotti. Non avevate capito che andavano prima cotti? Nemmeno io. Quindi spegnete sotto il soffritto, che se no brucia, e lessate i fagioli. Per quanto tempo? Se lo chiedete a Google vi viene un colpo. Dicono anche 60 minuti. In 60 minuti, io devo aver già lavato i piatti e preso il caffè, checcazzo. Per fortuna i borlotti risorti cuociono in fretta, una ventina di minuti e siamo di nuovo in tabella.
Metà dei fagioli cotti li mettete nel soffritto (riacceso) con del brodo, l'altra metà la passate nel passapatate coi buchi piccoli. Non passa? Allora mettete i fagioli così compressi nel mixer che frulla tutto, anche le bucce. Intanto non perdete d'occhio la pentola principale dove è ora di aggiungere i gusti. Io tutti quei gusti in casa non li ho. Ne ho solo due. Uno è l'origano, quello che abbiamo comprato nel 2011 (settembre) in Puglia e che teniamo nel portico, in un sacchetto di carta a testa in giù. È ancora profumatissimo, tanto che le cimici lo usano per imbalsamare i corpicini dei loro cari. In fondo al sacchetto è pieno di cadaverini. Bisogna fare attenzione a sbriciolare solo l'origano. L'altra erba è in un vaso. Profuma. Non so cosa sia, ma visto che mio figlio non la fuma, dev'essere per uso alimentare.
Intanto, aggiungete un po' di brodo al frullato di fagioli e amalgamate. Fatto? Aggiungete la poltiglia nella pentola. Fate cuocere tutto insieme qualche minuto, mescolando, poi aggiungete il brodo rimanente. Quando bolle, buttate la pasta. Quale pasta? Eh... i maltagliati non li ho. Gli occhi di lupo non li ho. Farfalline non ne ho. Alla fine ho messo giù i gnocchetti sardi Barilla, tempo di cottura 11 minuti, ma di solito scuociono prima.
Considerato che poi il tutto dovrà stare lì a rapprendersi, meglio spegnere a 9 minuti.
Macinate un po' di pepe e aspergete con un po' di olio. Consiglio di assaggiare per vedere il sale.

Potete impiattare. Impiattare è il verbo più brutto che sia mai stato coniugato, Fate la foto e caricatela su Facebook. Riceverete più like di quelli che ho ricevuto io, a casa dai miei commensali.

American sniper

Quando un uomo con un fucile da cecchino incontra un uomo con un Kalašnikov, l'uomo col Kalašnikov è un uomo morto. È un po' la sintesi di “American sniper” prodotto e diretto da Clint Eastwood, ambientato in Iraq durante la guerra.
Tra bello e fatto bene? Fatto bene. Ambiente ricostruito con cura, dialoghi che si fanno ascoltare senza banalità. (non li ha scritti Renzi) Montato con buon ritmo: la tensione non molla mai e durante certe azioni di guerriglia, diventa anche difficile da tollerare. Soprattutto, Eastwood si tiene a distanza di sicurezza dai luoghi comuni. Per esempio evita con cura una scena di parto. Ho un'avversione per i parti nei film (non parliamo di quelli veri). Non so perché, ma le attrici che fingono di urlare, sudare, soffiare e tutto quanto mi danno fastidio. Qui la scena stacca quando la futura madre sente le prime avvisaglie e riprende quando è già a casa.
Dove cade il film, allora? Non cade. Però non vola nemmeno. Intanto non si vedono mai le tette, poi è un film che non arricchisce, non lascia niente; è puro spettacolo. Una presa di posizione contro la guerra io non ce la vedo. Gli americani sono sempre i soliti bravi ragazzi pronti a far valere ovunque gli interessi degli Stati Uniti, pronti a uccidere e a farsi massacrare. Ma lo sapevamo già.

Ricordate Black hawk down di Ridley Scott? Quello dell'elicottero abbattuto in Mogadiscio? Uguale. Due storie vere raccontate bene: eroismo, amor di patria, spirito di corpo, fratellanza, onore, ecc. Basterebbe credere in questi valori per uscire dal cinema e poter dire di aver visto un capolavoro. A me non riesce.

venerdì 2 gennaio 2015

Principianti

I racconti li amo rotondi, chiusi e saldati come gli anelli della catena di un'ancora. Ci dev'essere un'idea forte, un concetto molto ben chiaro che si palesi all'inizio, si sviluppi strada facendo, e alla fine, ormai in vista del porto, pugnali. Possibilmente alle spalle. Da questo punto di vista, Carver - che incontro per la prima volta - non mi accontenta. I suoi anelli sono aperti come maglie di una catena strappata. I finali non sorprendono e se lo fanno è proprio per la mancanza di qualsiasi sorpresa. Dico di più: se le ultime dieci righe di ogni racconto non ci fossero, credo che non cambierebbe nulla. Ma tutto questo non ha molta importanza, perché, finali o non finali, i racconti di “Principianti” mi hanno speronato all'improvviso e con violenza inaudita, come fece lo Stockholm con l'Andrea Doria, e per tutta la lettura, sono rimasto basito e sbandato di tre quarti, nel letto, (per fortuna senza fare acqua) pronto ad andare a fondo con il libro in mano. Ora, come è possibile che racconti lontani dalla formula che amo (quella di Buzzati per capirci) mi abbiano colpito così forte? Credo che sia la potenza della scrittura. Le parole, qui, sono immediatamente commutate dal cervello in immagini e ogni scena che si compone è una mazzata senza pietà. I quadri che si formano nella mente non sono jpg; sono radiografie, ecografie, Tac e risonanze. Non vedi i volti dei protagonisti, sondi direttamente i loro sentimenti, quando ci sono, e nello stato in cui si trovano, quasi sempre distrutti. Credo che in casi come questi, di potenza di scrittura fuori scala, si debba riconoscere al traduttore quel che è suo. Per “Principianti” la versione italiana è di Riccardo Duranti e credo che gli vada dato il merito di aver saputo mantenere, o addirittura esasperare, la ruvidezza e di non aver fatto nulla per rendere dolce il naufragare.