giovedì 28 aprile 2016

Parcheggio di cortesia

Interrompo un bel silenzio, per il quale nessuno si è lamentato, per scrivere un post che nessuno mi ha chiesto. Oggi sono andato al Gigante come quasi tutti i giorni. Ho parcheggiato nel sotterraneo, come sempre. E come sempre, passando accanto alla fila di posti riservati a donne in gravidanza e/o con bambini piccoli, mi sono incazzato. Sono 8 – 10 posti contrassegnati da strisce rosa in terra e da un cartello appeso in alto. Si trovano vicini agli ascensori e al tappeto mobile che conducono al piano di sopra e alla piattaforma commerciale. Lo scopo è evidente: agevolare un minimo la vita di chi si porta appresso una pancia o si trascina un bambino piccolo.
In un paese in cui il tasso di natalità è il più basso del mondo, i 10 posti riservati alle donne incinta all'urban Center di Rivarolo alle 11 sono tutti occupati. Ogni tanto, non più di una volta a semestre, quando mi gira, attacco briga.
La donna che oggi sta scaricando il carrello nel baule della sua 500 sta fumando (vietato nel garage) e non sembra incinta.
- Auguri per la gravidanza – le dico.
Mi guarda senza capire per mezzo secondo. Nel mezzo secondo successivo, la mano con la sigaretta fa il tipico gesto italiano che vuol dire: “cazzo vuoi”?
- Ah scusi, pensavo fosse in gravidanza - dico.
Mi rendo conto di due cose, forse più di due:
a) non ha capito la provocazione o, se ha capito, la cosa non la sfiora.
b) io passo per un deficiente, ma non mi sento tale. Più che altro mi sento impotente. Sapete quante volte ho già esposto il problema alla Direzione del Gigante? Mi hannno detto che il garage fa parte del centro commerciale e non del supermercato. È un po' come dire che il condomino X, titolare di 15 dei 18 alloggi del condominio Y non ha nessuna responsabilità se i marciapiedi sono sconnessi. Come se in assemblea
c) la mia scena non serve a niente.
Finita la spesa, scendo, stessa situazione di prima. Questa volta è un uomo, grosso ma basso, più vecchio di me, ma affatto disabile. Sta salendo, anche lui su una 500. Che sia - escluso l'amico Vittorio naturalmente - l'auto degli stronzi?
Evidentemente non posso fare la stessa battuta di prima. Allora gli chiedo semplicemente, con tatto e delicatezza e persino con un sorriso, se ha visto il cartello.
Lui non mi risponde. Ha sentito, ha capito, semplicemente non mi risponde. Non mi guarda nemmeno, sono trasparente come una merda di falena.
So cosa pensa lui e cosa pensate voi: “ma qualcuno ti ha eletto paladino delle donne? Pensi di essere una bella persona?”
No, no, no. Non è come pensate. L'incazzatura è solo in parte per le donne. È soprattutto una questione di regole. Se io non metto la macchina lì, se non ce la mettono le persone per bene, trattandosi di posti riservati a una categoria precisa, perché cazzo devi metterla tu? Soprattutto quando il resto del parcheggio è vuoto a metà. Non è sabato e non è domenica quando il supermercato è pieno (sulle aperture domenicali ne parliamo un'altra volta). Ci sono posti liberi a sei, sette passi da quelli riservati. Se non rispetti regole così facili da rispettare, cosa non fai nel resto della vita?
Non sto parlando di morale personale, di etica o educazione, sto parlando di regole, senso civico o senso dello Stato, quello che hanno, per esempio, i tedeschi. Qui manca e al Gigante non è mai sugli scaffali. Gli italiani lo confondono con la patria, che è quella per la quale tifano davanti alla televisione.
Oggi non mi è venuto in mente, ma la prossima volta, domani o quando sarà, farò qualche foto con il telefono e ve le mostrerò, alla faccia della privacy: che se la mettano nel culo.
di condominio non avesse nessun potere.
c) la mia scena non serve a niente.
Finita la spesa, scendo, stessa situazione di prima. Questa volta è un uomo, grosso ma basso, più vecchio di me, ma affatto disabile. Sta salendo, anche lui su una 500. Che sia - escluso l'amico Vittorio naturalmente - l'auto degli stronzi?
Evidentemente non posso fare la stessa battuta di prima. Allora gli chiedo semplicemente, con tatto e delicatezza e persino con un sorriso, se ha visto il cartello.
Lui non mi risponde. Ha sentito, ha capito, semplicemente non mi risponde. Non mi guarda nemmeno, sono trasparente come una merda di falena.
So cosa pensa lui e cosa pensate voi: “ma qualcuno ti ha eletto paladino delle donne? Pensi di essere una bella persona?”
No, no, no. Non è come pensate. L'incazzatura è solo in parte per le donne. È soprattutto una questione di regole. Se io non metto la macchina lì, se non ce la mettono le persone per bene, trattandosi di posti riservati a una categoria precisa, perché cazzo devi metterla tu? Soprattutto quando il resto del parcheggio è vuoto a metà. Non è sabato e non è domenica quando il supermercato è pieno (sulle aperture domenicali ne parliamo un'altra volta). Ci sono posti liberi a sei, sette passi da quelli riservati. Se non rispetti regole così facili da rispettare, cosa non fai nel resto della vita?
Non sto parlando di morale personale, di etica o educazione, sto parlando di regole, senso civico o senso dello Stato, quello che hanno, per esempio, i tedeschi. Qui manca e al Gigante non è mai sugli scaffali. Gli italiani lo confondono con la patria, che è quella per la quale tifano davanti alla televisione.
Oggi non mi è venuto in mente, ma la prossima volta, domani o quando sarà, farò qualche foto con il telefono e ve le mostrerò, alla faccia della privacy: che se la mettano nel culo.

mercoledì 13 aprile 2016

La scopa del sistema

Mi è piaciuto? Sì.
Perché? Non lo so.
Ha molte pagine inutili, molte pagine incomprensibili, molte difficili, molte divertenti e molte geniali.
Ha molte pagine.
L'ho capito? Mica tanto. Eppure, nonostante una trama che non saprei riportare e personaggi che non saprei collocare, sono contento di averlo letto. È+ un po' come dire che non è fondamentale comprendere qualcosa per apprezzarlo. Del resto, a parte “Michelle”, che non offre difficoltà, perché è un po' come la stele di Roseta, con le frasi in francese e in inglese (Sont des mots qui vont tres bien ensemble... these are words that go together well) a parte “Michelle”, dicevo, non capisco i testi delle canzoni in inglese. Eppure la amo: ho la casa piena di musica anglofona, con raccoglitori di CD, giga di mp3 sul computer e in cantina ci sono scatole di C90, probabilmente smagnetizzate.
Con le arti figurative è lo stesso: non sono in grado di spiegare cosa volesse dire un De Chirico in certe sue opere, eppure starei settimane, in piedi, a osservarle.
Viene un po' fuori la differenza che esiste tra un romanzo e un noir.
Se alla fine di un noir o di un thriller non ho capito chi era l'assassino o come hanno fatto a incastrarlo, so di aver perso tempo e sonno. In un romanzo come questo invece, posso accontentarmi di stare a guardare senza essere obbligato a sapere, perché c'è della bellezza.
Mettiamola così: “La scopa del sistema” mi è piaciuto, non posso premiarlo troppo perché oggettivamente poteva aiutarmi un pochino. Ha il pregio di avermi sbloccato il livello successivo che si chiama “Infinite Jest”. Ho già cominciato a cercarlo, usato, nelle bancarelle di via Cernaia, ma non ho fretta. Adesso vorrei leggere qualcosa di diverso (leggi: facile) che mi ricarichi l'autostima perduta, che mi rapisca e mi porti da qualche parte. Qualcosa di leggero, che non serva a nulla se non a conciliarmi il sonno, la sera. La scelta è fin troppo ampia.