sabato 17 giugno 2017

Luci rosse

Cesena, stazione di Cesena.
Il Simenon che non ti aspetti. O meglio, un finale che va contro tutto quello a cui mi ha abituato. Mi rendo conto che è impresa assai ardua trattare del finale senza poterne dire nulla per non rovinare la lettura a chi dovesse ancora leggerlo. Allora, sebbene il finale sia la cosa più interessante, parlerò dell'incipit. È uno dei romanzi del periodo americano. Non lo sapevo e appena me ne sono accorto, cioè alla prima pagina, mi è preso un senso di scoraggiamento, perché le ambientazioni che amo di più sono quelle nebbiose, hanno almeno un canale nelle vicinanze, un caffè aperto di notte, un porto, un bretone e qualche battello. O un treno. In questo caso no. Come in Tre camere a Manhattan, la scena si apre a New York, ma si lascia subito la città per uno di quei viaggi disperati, come solo i viaggi con Simenon alla guida possono essere. E allora, anche se si attraversano il New Hampshire e il Maine non si sente la nostalgia della Normandia o della Costa Azzurra. “Luci rosse” diventa l'ennesima opera riuscita di Simenon, un autista pilota che non chiede passaporto. Per entrare in questa, così come nelle altre storie che racconta, basta presentarsi all'imbarco disarmati e pronti a viaggiare: con lui e dentro noi stessi.

domenica 11 giugno 2017

Neve, cane, piede


Un libretto che tiene lontani, con un titolo così così e uno spessore che sa di una botta e via. In genere preferisco volumi più importanti, così come preferisco i film tradizionali ai cortometraggi.
Ora che l'ho letto, accetto il titolo e mi faccio una ragione che finisca già a pagina 126 perché l'autore, Claudio Morandini, ha scolpito nel legno di larice due personaggi così tridimensionali e ricchi che ci si potrebbe girare intorno, come fossero statuette del presepe. Si possono anche prendere su per provarne il peso e stupirsi di come siano tanto rifinite. Si vede che sono dipinte a mano. Sono due, soltanto due e vivono in una baita. Sono seppelliti sotto la neve, ma attraverso il camino si sentono le loro parole, che sono poesia.
Neve, cane, piede. Ora che l'ho letto (eterna gratitudine a chi me lo ha imposto) diventerà il mio regalo seriale per gli amici, soprattutto per quelli che non leggono. Ingannati dal piccolo formato, traditi dal bianco della copertina, imboniti da un profilo sottile, di poche pagine, sedotti dalla prospettiva di poter dire “un libro quest'anno l'ho letto!” potrebbero cascarci e leggerlo veramente e quindi perdersi tra anime, neve, sentieri e solitudine. E quindi ritrovarsi.