martedì 31 gennaio 2017

La ragazza dai capelli strani

Non l'ho abbandonato: ma l'ho lasciato lì, in attesa di capire come funziona. Ci sono dei racconti perfettamente riusciti come quello al David Letterman Show, altri che sembrano scritti a 4 mani con Palahniuck, altri ancora - e sono quelli che mi hanno fatto decidere - non si capisce dove vogliano andare. È come se il tram che prendiamo tutti i giorni cominciasse a passare davanti a fermate dai nomi sconosciuti in una periferia che non finisce più. L'impressione è proprio quella di perdersi. Quando, invece di leggere le righe, si continua a guardare quante pagine mancano alla fine, meglio suonare il campanello e scendere alla prima.

domenica 29 gennaio 2017

La la land

Oggi mi faccio qualche nuovo amico sostenendo che La la land è un film mediocre e non vale i 7,5 euro del biglietto. Gli unici oscar che potrebbe vincere senza fare scandalo sono quelli strani e - forse - quello per la protagonista femminile, perché Emma Stone è brava, ma magari arriva una concorrente altrettanto brava e si pappa la statuetta.
Il film: intanto inizia con uno dei più brutti balletti che si siano mai visti in un musical. La canzone è davvero brutta, il testo quanto meno banale (nei sottotitoli) e la coreografia a cura di Onda verde in collaborazione con polizia stradale, carabinieri, ACI, Anas, Aiscat e società autostrade fa venir voglia di lasciare il cine anche se il film deve ancora iniziare. Forse che non mi piacciono i musical? Sì, non ne vado pazzo, ma non si tratta di quello, perché ne posso citare uno tra i 10 film più belli mai prodotti e visti dal genere umano, per cui non è questione di genere, ma di mancanza di idee. In la la land l'idea è semplice come il titolo. Mi vedo il regista Damien Chazelle che dice: “facciamo un film sulla realizzazione di un sogno professionale, poi i due protagonisti si innamorano, poi subentrano le difficoltà, allora giù di malinconia per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato”. È esattamente quello che ha appena fatto Woody allen con Cafè Society, con la differenza che per lo meno W.A. non interrompe il film ogni 5 minuti per infilarci un balletto. Ormai per me è andata così, ma se mi ascoltate voi potete non andarci proprio.

sabato 28 gennaio 2017

Split

Ho tre cose da dire.
La prima: mi alzerò sempre in piedi ogni volta che sentirò il nome di Shyamalan perché ha scritto e diretto “Il sesto senso” uno dei tre film più belli che abbia visto nella mia vita.
La seconda: Split mi ricorda tanto “Identità” un thriller del 2003 che ho visto in tv due o tre volte. Anche in quello, come in questo, c'era uno psicopatico che ospitava in sé più personalità, ma la costruzione era alquanto diversa e la soluzione finale, che non sto a riportare - perché consiglio “Identità” a chi voglia farsi sorprendere da un bel thriller - era assai più forte. Il colpo di scena era una bella bomba. Come dire che era più Shyamalan quello (che non lo era affatto) di questo che invece è firmato.
La terza: è come se un venditore venisse a casa per vendere il suo apparecchio. Entra, si siede e mi dice tantissime cose, tutte vere, tutte giuste, farebbe ragionamenti rotondi, mi farebbe capire quanto io abbia bisogno del suo aggeggio e io farei “sì sì” con il testone, ma poi non comprerei niente perché tutto sommato non mi ha convinto. Split è uguale: il protagonista è molto bravo, le ragazze recitano bene, il film è ben confezionato ma non soddisfa le mie esigenze: idee, ansia, tensione, spettacolo, sorpresa, tette. Le tette, poi, che per me valgono il 6 sicuro, non si vedono. Insomma, non entra nella mia top 1000 e sta fuori anche dai miei incubi. Come potrei raccomandarlo?

lunedì 23 gennaio 2017

Il passeggero del Polarlys

Siete mai stati a bordo di uno di quei postali che risalgono la costa della Norvegia consegnando merci e missive in cittadine e paesi sperduti in fondo ai fiordi? Vi piacerebbe? Non dite di no perché non sareste credibili. Piuttosto, preferireste compiere la crociera in estate o durante i mesi invernali?
Simenon non lascia scelta: vi imbarca adesso, con il buio e vi rilascia nel riverbero che non è quello del sole ma della neve, quella che ricopre le montagne che si tuffano a picco nel Mar glaciale artico. Il Polarlys scivola via lungo una rotta che conosce a memoria. Ma questo viaggio sarà diverso.
Nebbia fitta, sempre, fari che non si vedono, canali tra isole da risalire controcorrente, fragili pescherecci che appaiono tra i marosi, vento misto a ghiaccio, neve che sfarina fin dentro la pipa del comandante. Il terzo ufficiale al suo primo incarico, di guardia in plancia sempre senza cappotto, il pilota che si tiene nell'ombra più scura, passeggeri che soffrono il mal di mare. Il mare grosso vira a tempesta, boccaporti da chiudere e coprire prima che arrivi il peggio. Navi carboniere che passano veloci, lasciandosi dietro il lamento delle sirene, montagne di ghiaccio e montagne d'acqua.
In tutto questo c'è anche una trama gialla con un assassino sulla nave, ma sinceramente, sapere chi, cosa e come, non ha nessuna importanza. L'unica cosa che conta, purtroppo, è che questo viaggio, così presente e così reale, termina e Simenon ci sbarca.

martedì 10 gennaio 2017

Paterson

Dirò tre cose. La prima è che ho bisogno di sapere come si chiama la doppiatrice che impresta la voce alla protagonista, ché vorrei chiederle se ha già impegni per la prossima vita.
La seconda è che vorrei sapere dall'attrice protagonista se ha già preso impegni per la prossima vita.
La terza cosa che dirò è una poesia. Ma attenzione, è una poesia che in questo film poetico sulla poesia non c'è. La so per conto mio e la riporto qui.


Tutte le lettere d'amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d'amore se non fossero
ridicole.
Anch'io ho scritto ai miei tempi lettere d'amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d'amore, se c'è l'amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d'amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d'amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.

È una poesia di Pessoa e - ripeto - nel film non c'è. Nel film ce ne sono altre. Ma se l'avete letta e se vi è piaciuta come è piaciuta a me, allora anche il film vi piacerà come è piaciuto a me. Non saprei in quale altro modo potrei dirvelo.