tag:blogger.com,1999:blog-43561183063827526072024-02-19T18:10:13.308+01:00OrudisStati d'animo così così, nevralgie, mal di testa.Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.comBlogger238125tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-51170695895179687272018-09-11T21:54:00.001+02:002018-09-12T12:16:13.946+02:00lavera triste storia dei miei libri<div class="mail-detail-content noI18n colorQuoted simple-mail" style="min-height: 100px;">
<div id="ox-99948b39f2">
<div dir="ltr">
<div dir="ltr">
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La triste storia dei miei libri.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Perché 'Non è vero' non si trova di
carta?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Non lo so, ma tenterò di raccontare
come è andata e vi farete un'idea visto che in tanti me lo chiedete.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Immaginail'incipit di quel libro una
mattina mentre mi lavavo i denti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
C'erano un bambino e una bambina che
dialogavano fitto parlando di una candela. No, non se lo ricorda
quasi nessuno immagino, però era un bel dialogo tra due bambini e il
libro si intitolava 'Si è fatta la luna'.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Mi ricordo che fui affascinato da quel
dialogo perché non è facile far parlare due bambini senza dire
banalità, e piacque anche ai lettori perché non si lamentò mai
nessuno.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Quelle pagine erano venute così bene
che decisi di proporle a qualche editore. Ma come? Spedendo un file
word?
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
No, ebbi un'idea migliore. Andai avanti
nel racconto fino a concludere il mio primo romanzo giallo con Serena
Ainardi e Renzo Cremona.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il titolo era si è fatta la luna e fa riferimento a fenomeni
meteorologici perché, a quanto pare, la luna nuova può influire sul
clima del mese entrante e, siccome ci aspettavano clamorose tempeste,
mi fece comodo intitolarlo così, e inoltre non era neanche un brutto
titolo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'amico Ivan Barra fece una bellissima
copertina grafica e io presi accordi con uno stampatore e tirai
seicento copie. Sembrava davvero un libro fatto e finito, con la
bellissima copertina in cartoncino lucido, e aveva persino un prezzo:
tipo 14 euro.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Alla Piemme (e ad altri editori) mandai
un'unica copia scrivendo che le copie erano pochissime, tipo 199.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Mentivo ovviamente. Perché più copie
avessi distribuito io, meno ne avrebbero vendute loro.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In Piemme un giorno, racconta la
storia, si trovarono la direttrice editoriale Maria Giulia Castagnone
ed il critico letterario del Sole 24 Ore Giovanni Pacchiano, collaboratore
esterno di Piemme: si divisero i primi due pacchi della montagna di
libri che avevano davanti ed il mio “Si è fatta la luna” toccò
a lui che se lo portò a casa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Dopo pochi giorni Pacchiano convinse
Piemme a comprare i diritti di pubblicazione del libro.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In questi casi l'editore non ti scrive
una lettere dicendo “Abbiamo ricevuto il suo scritto e ci è
piaciuto molto”, no, di solito ti scrivono per dirti che l'hanno
ricevuto, ti ringraziano ma non sono interessati.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Quando invece interessa ti telefonano.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fu così che, tra lacrime di gioia,
ricevetti la telefonata di Francesca L. un pomeriggio: mi confermava
di ave ricevuto il manoscritto, che era piaciuto molto e che erano
interessati alla pubblicazione.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Cosa dovevo fare oltre che piangere?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Firmare il contratto.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E andò esattamente così. Nel 2010
cedetti i diritti di pubblicazione di Si è fatta la luna alla
Piemme, gruppo Mondadori.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
I diritti d'autore sono intoccabili e
saranno miei per sempre, ma i diritti di pubblicazione furono ceduti
quel giorno di ormai otto anni fa, non mi appartengono più.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nell'occasione mi fu assegnata una
editor (L.G.) per la messa a punto del testo definitivo, lavoro si
sarebbe dovuto concludere entro l'estate.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Invece, pochi giorni dopo, la curatrice
della collana, Francesca, andò in maternità, lasciandomi
completamente nelle mani della giovane L.G., la quale, sospetto fin
da allora, non amasse per nulla il mio romanzo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Alla giovane ediror piaceva il Salone
del Libro, avere per amici gli scrittori famosi e frequentare il
“giro”, ma non il mio libro.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Passano i giorni, i mesi e se li conti
anche i minuti,(cit. De André) e non succede nulla. E nessuno mi
chiama più.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Vengo invece a sapere che, oltre a
Francesca in maternità, anche la direttrice di piemme Maria Giulia Castagnone
aveva lasciato Piemme e che non c'era nemmeno più il collaboratore
esterno giovanni Pacchiano.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Insomma, hanno comprato i diritti di
pubblicazione di un libro e in Piemme non lo sa più nessuno. E a
nessuno frega niente.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ovviamente, ogni qualche settimana mi
faccio vivo io con la giovane L.G. chiedendo quando si inizia
l'editing...lei mi rimbalza di settimana in settimana senza offrirmi
risposte.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Passa quasi un anno quando mi chiama
l'editor, chiama lei stavolta. Una chiamata che non mi aspettavo più.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Mi dice che si inizia? No, mi comunica
che non ci sono spazi editoriali nel prossimo futuro per il mio
romanzo e che la casa editrice è disposta a restituirmi i diritti di
pubblicazione a titolo gratuito, che è come dire “il tuo libro non
ci interessa, ti restituiamo i diritti e non vogliamo soldi indietro”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Voi, che cosa avreste fatto?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Io scoppiai a piangere.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sbagliavo, avrei dovuto accettare e
ricominciare da capo. Però pensate alla scala della delusione che mi
colse quel giorno: essere scelto tra decine di migliaia di aspiranti
autori da Piemme e poi scartato. Per questo piansi invece che
accettare.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Per questo oggi non ho i diritti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fu soltanto due anni dopo, che la stessa
L.G. mi disse “però il tuo romanzo può uscire come ebook Piemme
original”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Cosa significava ebook Piemme original?
Semplicemente è una collana di ebook, quindi solo in formato
elettronico, non mutuati in libri di carta (sai che valore
aggiunto!).</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
ovvio che accettai. Avevo scelta? </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Quell'anno andai al Salone del Libro di
Torino e per puro caso mi sedetti in una sala presso la quale, pochi
minuti dopo, il nostro professor Pacchiano avrebbe presentato il suo
nuovo romanzo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Mi sedetti tra il pubblico in attesa.
Dopo poco, una elegante ed autorevole signora seduta davanti a me
cominciò a fotografare con suo cellulare alcuni dei manifesti che
adornavano la sala, affissi</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
lungo tutto il perimetro.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Di che cosa si trattava? Di micro
racconti lunghi massimo mille caratteri; micro thriller fatti e
finiti da me inventati e redatti e per allestire lo stand del
cioccolato Gobino.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Le feci tap tap sulla spalla
incuriosito dalla sua curiosità per i racconti e lei mi confermo che
li trovava interessanti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Le domandai se per caso lei fosse
un'agente letterario in incognito e lei mi domandò se per caso fossi
l'autore dei micro racconti. Lo eravamo entrambi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Finita la presentazione del libro di
Pacchiano mi avvicinai all'autore per congratularmi e averne una
copia. Il professor pacchiano mi disse “ma che fine ha fatto il suo
romanzo?, perché non l'ho visto pubblicato? Era veramente un buon
testo”. Gli confessai che purtroppo ne sapevo quanto lui, anzi
meno, e vagamente umiliato accettai in regalo una copia del suo
lavoro appena presentato.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Ma lei non doveva cedere”, mi
redarguì Pacchiano. Naturalmente aveva ragione, anziché riprendermi
i diritti mi ero lasciato prendere dallo sconforto immaginando che un
autore non potesse avere due occasioni nella stessa vita.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La domanda successiva che mi rivolse
fu: “ma ha scritto altro?” ed io, che nel frattempo avevo già
finito, impaginato e stampato Giulia dorme gli dissi “certo” e
gliene consegnai una copia cartacea.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Già che c'ero gli diedi anche una
copia di Destini incrociati, anche quello fresco di autostampa,
naturalmente autocertificando in perfetta malafede una tiratura falsa
di poche centinaia di copie.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Passano pochi giorni e mi richiama
direttamente Pacchiano, anzi, mi scrive una mail che ho il piacere di
riportare integralmente:</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Caro Aldo, ho finito di leggere ora
il suo romanzo, che ho trovato bellissimo, come del resto il primo.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Ho già espresso con molta decisione
per telefono il mio parere a Francesca L., che peraltro non è
responsabile della sorte del primo libro, visto che era in maternità.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Ora, sto parlando privatamente,
sorge secondo me un problema.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Questo secondo libro, benché lei
riassuma per sommi capi la vicenda del prima, a mio mparare avrebbe
bisogno di lettori che avessero letto il primo. Perchè, senza averlo
letto, la prima parte può risultare un po' troppo vaga nei
riferimenti. Forse all'inizio, dunque, occorrerebbe fare un
intervento più deciso di riassunto, per così dire di quanto è
successo nel primo libro, e non presentarlo a spizzichi.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Se Francesca fosse orientata a
pubblicare in cartaceo questo secondo libro, come io le consiglierò,
se ne potrebbe parlare.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Altri commenti o impressioni ce li
siamo già scambiati, io e lei, per telefono. Un'altra soluzione
potrebbe essere quelle di pubblicare entrami i libri nello stesso
volume in cartaceo, ma non vorrei che fosse impraticabile per via
della anomalia dell'operazione stessa.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Devo però assolutamente farle i
miei complimenti: lei è uno scrittore di valore, e sa tenere il
lettore col fiato sospeso.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Un caro saluto, e con amicizia.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Giovanni P.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Caro Aldo, sono a metà di destini
incrociati che trovo storia eccezionale e di sorprendente tensione
narrativa.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Ho già detto più volte in questi
giorni in Piemme il mio parere sulla decisione di accedere
direttamente al kindle per il primo romanzo.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Mi lasci finire il libro e ne
parliamo.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Un caro saluto.</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Giovanni</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Cominciate a capirci qualcosa?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Valentina Balsarotti, la distinta
signora che fotografava i miei racconti, oggi è la mia agente: mi
diede poche ore per decidere, o con noi o con noi; io accettai e
secondo me feci un buon affare. Oggi i miei diritti sono
rappresentati da dei professionisti capaci di stendere delle clausole
contrattuali a me favorevoli.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Pacchiano, facendo seguito a quanto
promesso via mail, si è mosso pesantemente in Piemme per far
pubblicare in cartaceo sia Giulia dorme (col titolo Non dormirai mai
più) che Destini incrociati (col il titolo di Fate presto e mirate
al cuore).</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Questo di cambiare i titoli dei miei
romanzi è un'abitudine che hanno tutti i miei editori.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Tanto è vero che anche il mio nuovo
editore, Marsilio, mi ha chiesto di cambiare il titolo al prossimo
thriller. Ci sto lavorando anche se non trovo nessuna solidarietà da
parte del mio zoccolo duro di lettori che invece apprezza molto il
titolo provvisorio Nero e amaro.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Infatti chiedo aiuto a chiunque abbia
letto il romanzo che mi dia una mano a trovare un titolo nuovo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
A questo punto avrete capito tutti cosa
è successo e perché Non é vero non esiste di carta, nonostante
tutti lo vorrebbero; non devo aggiungere nulla sui motivi per cui non
esiste la versione cartacea, io non ho nessuna responsabilità in
merito.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Se qualcuno davvero si prendesse la
briga di scrivere all'editore domandandone i motivi e le possibilità
future e mi riferisse gliene sarei veramente grato.</div>
</div>
</div>
</div>
</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-57661594244923454432018-05-28T18:00:00.003+02:002018-05-28T18:01:37.268+02:00Quando feci la promessaSono sempre stato figlio unico, ma quando avevo 11 anni lo ero di più.
Trascorrevo le giornate in casa a giocare da solo con lego e soldatini.
Facevo disputare lunghe partite di calcio ai soldatini, poi sgombravo
il tavolo, prendevo la Lettera22 di mio padre e scrivevo la cronaca
della partita, completa di interviste ai giocatori. Sognavo di fare il
giornalista. Ero un giornalista.
Ero soprattutto un bambino felice.
I miei genitori, invece, erano preoccupati e un giorno mi domandarono:
«Ti piacerebbe andare negli scout?» Sottinteso: “così vedi gente, fai
cose, ti muovi un po'.”
«No» risposi. E così, una settimana dopo, ero iscritto negli scout,
per la precisione nel Leuman 1°, Non credo che esistesse il Leuman 2°,
3° ma il nostro era il Leuman 1°.
Perché finii laggiù, quasi a Rivoli, io che abitavo a Torino in zona
Santa Rita? Semplice: il capo Riparto era mio cugino, che conoscevo
appena. Era un bel ragazzo, moro, la barba scurissima. Parlava
volentieri di Dio e di scorregge.
Approdai al corpo degli scout a 11 anni senza essere passato prima dai
lupetti. È come iscriversi alle medie senza aver fatto le elementari.
Non sai fare un nodo che sia uno, quando gli altri piantano l'urlo di
squadriglia non sai se puoi, se devi e che cosa urlare, per cui sei
sempre indietro. Come quando mi parlano in inglese. Sono lì che cerco di
capire la prima frase, che il mio interlocutore è alla fine del
discorso. Cos'ha detto?
Soprattutto, degli scout non me ne fregava niente. Io volevo il mio
lego, i miei soldatini e la mia Lettera22. Una cosa bella c'era: avrei
avuto diritto a portare con me un coltellino svizzero, di quelli che
hanno due lame oltre a un sacco di accessori inutili.
Una delle prime domeniche, ci portarono in campagna per una grande
battaglia a “scalpo”. I miei compagni di Riparto erano divisi tra
quelli eccitati dalla prospettiva e quelli preoccupati. Io divenni
subito il leader di quelli spaventati che erano l'ala sinistra dei
preoccupati.
Scalpo è un gioco violento: ti devi infilare uno straccio nei
pantaloni e lasciare che penda sul sedere come una coda. Il gioco
consiste nel prendere lo scalpo degli avversari, ovvero dei nemici. In
qualsiasi modo: picchiando, bastonando, scippando, minacciando.
C'era chi, a fine giornata, esibiva tutti gli scalpi tolti ai nemici,
legati attorno alle braccia sanguinanti. Degli scalpati si perdevano le
tracce. Sì lottava in mezzo ai rovi. Tornare con molti scalpi era
segno di grande virilità. Io credo che dopo l'entrata in vogore della
legge 626 scalpo si giochi al massimo con una app sui tablet, come è
giusto che sia, ma non so: mi informerò.
Quando quella domenica assolata ci liberarono tra le colline di non so
dove, io cercai un posto tranquillo all'ombra, con il mio manipolo di
compagni terrorizzati. Erano quelli che avevano già subito il gioco nel
passato. Io, se non altro, non avevo un ricordo traumatico da portarmi
appresso. Fummo comunque individuati e circondati. Provai a negoziare
una resa, ma chi ci trovò, una pattuglia del mitico Volpiano II non
aveva intenzione di fare prigionieri.
Nessuno mi fece davvero male, ma ricordo poche umiliazioni peggiori di
quella. Per fortuna dagli scout si andava solo una volta la settimana,
più la domenica.
Arriva l'estate e arrivano le vacanze. Si va in montagna con mamma e
papà, in campeggio a Cogne dove mi piaceva fare gite e, quando pioveva,
amavo giocare con soldatini e lego in roulotte. Avevo anche degli
amici, con i quali si giocava con gli archi costruiti con rami di
larice (si spezzano ma non si piegano) e frasche di torrente. Io avevo
un certo ascendente su quei ragazzi, perché ero l'unico negli scout,
quindi le cose selvagge io le sapevo.
Ad agosto, però, doccia fredda: C'è da andare al campo estivo scout.
Ma come? Anche io?
Sì, anche tu.
Ma io non voglio.
Tu vai.
E così, una sera mi presero e mi riportarono a Torino dove fui mi
caricato su un pullman con altri 30 o 40 scout. Destinazione: La
Vachette, vicino a Briançon, appena oltre il confine con la Francia. In
pratica lo sconfinamento dei gendarmni francesi a Bardonecchia di
qualche settimana fa altro non è che la rappresaglia per
quell’invasione.
Io facevo parte della squadriglia dei falchi, non l'ho detto prima,
fate finta di averlo sempre saputo.
In squadriglia eravamo in sette. Quando si marciava, il primo davanti
era il capo squadriglia, l'ultimo era il vice, quello che teneva il
guidone. Il guidone era il bastone con il gagliardetto della
squadriglia, un simbolo da difendere a costo della vita. Dal secondo al
quinto c'erano gli altri, in ordine gerarchico. Io ero il quinto,
ovviamente. Quel primo giorno, appena sbarcati dalla corriera, mentre
cercavo di governare il mal di testa, gli altri, veloci come lucertole,
attrezzarono il nostro angolo: tende, panche, tavolo, focolare, tutto
era montato con corde cordini chiodi, assi e macigni. Tutto pronto per
l'ispezione. Come tutti quelli che non sanno chi sono, io vagavo da
questo e da quello, aspettando che mi dessero delle cose da fare in modo
da farmi sentire coautore di qualcosa, ma tutti volevano fare tutto e
nessuno mi chiedeva nulla. Fu così che non feci un cazzo per due
giorni.
La prima sera, in tenda, ebbi una terribile crisi di nostalgia.
Pensavo ai miei genitori e me li immaginavo persi senza di me. Piangevo
disperato nell'immaginare mamma e papà affranti, che si guardavano
nella penombra (perché per la tristezza nessuno dei due avrebbe pensato
ad accendere la luce) e si domandavano “E adesso?” Era la prima volta
che stavo lontano dai genitori e avevo paura che soffrissero. Ora ho
tre figli, mi trovo dalla parte opposta, ho accumulato esperienze e
saggezza e infatti non riesco a capire come potessi essere tanto
coglione.
I giorni passavano tra gite, minchiate, messe, giochi notturni, canti
scout, urla, squadriglie che andavano e venivano e io che seguivo,
sempre un po' in ritardo. Finché scoprii quello che tutti mormoravano e
che nessuno diceva: la domenica ci sarebbe stata la cerimonia. Quale?
Quella in cui sarebbero state conferite le specialità e i gradi.
Qualcuno avrebbe preso la prima classe, qualcuno la seconda, altri le
specialità e i nuovi avrebbero fatto la “promessa”.
Io ero uno dei nuovi e non avevo ancora fatto la promessa. Ora uno
scout senza promessa è nessuno, è uno spermatozoo senza flagello, uno
zabajone senza uova: vale meno di una zanzara che si dibatte in un
fondo di acqua e vino. Quella del senza promessa è una non vita. Fare
la promessa è come passare da recluta a soldato. Da Alvaro Vitali a
Charles Bronson.
Tuttavia, a me non importava un gran che, immaginavo, però, che avere
la promessa avrebbe forse migliorato il mio status e la mia posizione
durante le marce, quindi meglio farla. Senonché, non mi spettava in
automatico. Per riceverla dovevo possedere determinati requisiti.
Intanto non dovevo aver mai pianto. Invece avevo pianto e mi avevano
visto tutti.
Dovevo essere nel riparto da almeno 3 mesi e invece erano soltanto due.
Dovevo aver contribuito in modo determinante all'allestimento del
campo. Invece non solo non avevo fatto una cippa, ma avevo fatto cadere
la scorta di carta igienica della squadriglia nel ruscello.
Dovevo essere varie altre cose e non corrispondevo a nulla.
Però ero cugino del capo e così mi fu comunicato che avrei ricevuto la
promessa.
Quella domenica, dopo la messa, con tutte squadriglie schierate in
quadrato sotto il pino antico, avvenne la cerimonia che mi consacrò
Scout dell'ASCI. Associazione Scoutistica Cattolica Italiana e dovetti
cantare insieme agli altri linno della promessa. Da quel giorno avrei
potuto fare il saluto scout e mi sarei cucito sulla camicia il famoso e
ambito giglio, simbolo della mia promessa a Dio, alla patria e al
Riparto.
Quel giorno feci effettivamente un passo avanti, quello materiale
quando fu fatto il mio nome. Per il resto no, non credo. Ero stato
accettato da tutti anche prima, anche senza promessa, un po' come
mascotte, ma un po' anche come consigliere, perché evidentemente aver
coordinato decine e decine di soldatini per anni mi aveva conferito
un'aria un po' intellettuale, di quello che la sa lunga.
Ero comunque un vero scout, con il coltellino svizzero. Prima che
qualcuno pensi bene di me, devo confessare che delle tre promesse...
il Riparto lo lasciai dopo pochi mesi, Dio lo abbandoni dopo pochi anni
e per la Patria ormai è questione di minuti.Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-46746723713573185762018-05-26T16:04:00.001+02:002018-05-26T22:54:10.519+02:00La padrona dell'acquaNella parte alta della montagna c'era
una fonte dalla quale sgorgava un'acqua dalle proprietà
straordinarie. Su una roccia lì accanto, all'ombra di una sporgenza, sedeva la padrona e tutti quelli che
salivano dovevano chiedere a lei per avere un po' della sua acqua.<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Un giorno, alla fonte giunse un uomo, le porse il
secchio e le chiese di riempirlo.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjBX6sbc4_eoNKGz3D6TlWMDq-o5VnCvIZtiUZx2ev-rI2eb3BC64TwyXyBpIJ2zRpeO2rp9qJ3Ub3VDMOTFpv_5GXDCiHnvSQ03VuGh4VHN8SJR77QqqvbyAmERKnKQjqP8nHgTB10eH8/s1600/Secchio.gif" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="179" data-original-width="239" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjBX6sbc4_eoNKGz3D6TlWMDq-o5VnCvIZtiUZx2ev-rI2eb3BC64TwyXyBpIJ2zRpeO2rp9qJ3Ub3VDMOTFpv_5GXDCiHnvSQ03VuGh4VHN8SJR77QqqvbyAmERKnKQjqP8nHgTB10eH8/s1600/Secchio.gif" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« Per cosa ti serve? » domandò la
padrona.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« Il mio fienile sta bruciando e io
devo spegnere il fuoco! »</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La donna gli rifiutò l'acqua.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Poco dopo si presentò un altro uomo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« Per cosa ti serve la mia acqua? »</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« I miei campi seccano, il frumento
muore. »</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La donna gli rifiutò l'acqua.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Venne una giovane.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« Brucio dentro e non voglio peccare.
» disse la ragazza.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La donna le rifiutò l'acqua.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Venne una madre a domandare acqua per
dissetare i suoi figli, ma la donna le rifiutò l'acqua.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Era già il tramonto quando una
giovane donna si presentò con due somari, carichi di secchi. Consegnò
il primo e chiese alla padrona di riempirlo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« Per cosa ti serve tutta quest'acqua?
» le domandò l'altra.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« Per prima cosa voglio che lui si
specchi e riconosca la colpa nei propri occhi. Per cui dammela
limpida. »</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« E poi? » domandò la padrona.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« Poi lo spoglierò e, nudo come sarà,
lo laverò per ore, fino a quando scomparirà l'odore delle altre donne. Quindi
dammela pura. »</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E poi?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
« Poi lo disseterò goccia a goccia
fino a che lui chiuderà gli occhi per il piacere. Per questo la
voglio fresca.»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«E poi?»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Poi, quando sarà stordito dal
piacere, lo affogherò. Per cui dammene tanta. »</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La padrona della fonte cominciò a
riempire i secchi.</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-76981331345850994342017-12-18T08:35:00.001+01:002017-12-18T09:38:34.275+01:00Nero e amaro - incipit<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijJZ3VVPrIw4o_WAzozZnU8xhQkiLk6YvFBMWfpFbg8ikOSnQBEmXrHe0zpyC28Kqqir0yJwCAg5NKy5rMBkNSCWyhtCR1eeoqqYr9eLCZ2L1_mpKx10RB14D8gvPUsrUIoFrX4VIVwAAN/s1600/Cattura.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="793" data-original-width="533" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijJZ3VVPrIw4o_WAzozZnU8xhQkiLk6YvFBMWfpFbg8ikOSnQBEmXrHe0zpyC28Kqqir0yJwCAg5NKy5rMBkNSCWyhtCR1eeoqqYr9eLCZ2L1_mpKx10RB14D8gvPUsrUIoFrX4VIVwAAN/s400/Cattura.JPG" width="268" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div align="CENTER" style="font-style: normal; line-height: 120%; margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div align="CENTER" style="font-style: normal; line-height: 120%; margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>Il caffè non si beve in fretta.</i></div>
<i>
</i>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>Il caffè è fratello del tempo.</i></div>
<i>
</i>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>Lo si beve lentamente, lentamente.</i></div>
<i>
</i>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>Il caffè è la voce del gusto, la voce
dell’odore.</i></div>
<i>
</i>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>Il caffè è contemplazione.</i></div>
<i>
</i>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>Penetra nell’anima e nei ricordi.</i></div>
<i>
</i>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>(M.Darwish)</i></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
1</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Con il sole sarebbe anche peggio.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Chilometri di curve: curve cieche,
rubate alla roccia, ritorte sopra la scogliera. Curve disegnate da
muretti sbrecciati. Asfalto che si avvita nella pietra. Tornanti
aspri, spirali che aggrediscono lo stomaco come cattiva nostalgia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma col sole sarebbe peggio.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L’asfalto sembra bagnato, ma è
soltanto unto. Decenni di attrito di gomme e bitume, afa e salsedine
hanno reso il fondo nero, vischioso e vulnerabile. Le riparazioni non
attecchiscono e gli pneumatici fischiano per un niente.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Dove la strada non trova il modo per
appendersi alla roccia, la perfora, ma le gallerie, dalla volta
altissima e mai rettilinee, regalano un sollievo breve: la luce al
latte che si lascia all’entrata si ritrova tale e quale all’uscita.
Le pupille fanno esercizio. Fanno anche male.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Un sudario sterilizza il mattino. Non è
possibile capire da che parte si nasconda il sole e nemmeno fin dove
arrivi il mare.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Improvvisamente, un rettilineo,
brevissimo; si può dare soddisfazione al motore per qualche secondo.
Dal lato a mare passa la sensazione di una costruzione in bilico sul
baratro, poi nuove curve.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Era un bar!»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Non mi sembra.»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Sì, sì! Era un bar o una
trattoria.»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La donna si volta indietro per trovare
conferma al suo annuncio, ma è tardi: troppo breve il rettifilo e la
costruzione è già nascosta da una costola di roccia. Nella sua
mente è impressa l’immagine di una tovaglia a quadretti rossi,
sfocata come certe fotografie scattate di corsa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Voltarsi e perdere il contatto visivo
con la strada, sia pure per pochi istanti, le fa sentire, forte e
improvvisa, la sensazione di nausea che stava cercando di ignorare.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Percepisce una diminuzione nei giri del
motore. L’uomo alla guida è indeciso. Forse sta prendendo in
considerazione l’idea di tornare indietro e controllare.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Hanno entrambi bisogno di caffè.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Impossibile prevedere il comportamento
dell’uomo. Dipende anche dalla strada. Come si può fare inversione
senza rischi su quella litoranea così indecisa?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Improvvisamente appare una piazzola sul
lato a monte. L’auto decelera.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Sicura?»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«A me è sembrato aperto...»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il muso dell’auto punta decisamente
verso la parete di roccia e si arresta prima di urtare un sacchetto
di immondizia abbandonato lì.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Un attimo dopo l’auto viaggia nella
direzione opposta. Adesso sono dalla parte del monte. Le vertigini
toccano agli altri.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La donna spera di non essersi
sbagliata. Perderebbe tutto il vantaggio che ha su di lui.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
È da quando sono partiti, anzi, da
quando si sono svegliati (ma ha dormito almeno un po’ quella
notte?) che raziona le parole. Non inizia alcun discorso: si limita a
comunicazioni di servizio oppure risponde se lui la interpella, ma lo
fa sempre con un leggero ritardo, come se fosse in collegamento da un
Paese lontano. Vuole sottolineare che tra loro non c’è sincronia e
non c’è sintonia. Deve essere assolutamente chiaro che tocca a lui
muoversi, proporre, tentare di ricucire.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il silenzio della donna soffia sulle
braci di un senso di colpa, ma è un senso di colpa maschile quello
con cui si misura; è provvisorio e non durerà a lungo. Le ore
passano e il ricordo di quello che è successo sbiadisce. Tutto
sbiadisce con quella luce.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Se ci ripensa, però, avvampa. Lo
stomaco si contrae dolorosamente, le dita si fanno artigli e
affondano nella pelle del bracciolo. È una ferita aperta. Non può
passare come un episodio. Guarda avanti, aspettando di veder
ricomparire quella brutta costruzione in bilico sul mare. Ma non era
subito lì?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Adesso quel coglione ripasserà.»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L’uomo si riferisce ad un autocarro
che hanno sorpassato con fatica, persino azzardando, pochi minuti
prima, quando le curve hanno offerto una breve pausa. Lo hanno
tallonato passivamente per quelli che sono sembrati almeno dieci
chilometri, assecondando i capricci della strada e adeguando la
velocità a quel mezzo che, ci sarebbe da scommettere, non ha mai
affrontato la revisione.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Alla prima occasione, l’uomo ha
ingranato una marcia bassa e frustato ogni cavallo del motore, ma è
dovuto rientrare precipitosamente per l’apparire di una delle rare
vetture provenienti in senso opposto. Al secondo rettilineo la
manovra è riuscita, anche se il conducente dell’autocarro non ha
fatto nulla per agevolarla.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Entro qualche istante, se non si
fermeranno prima, lo incroceranno.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L’uomo disattiva il climatizzatore.
Fa scendere entrambi i finestrini e in un istante l’afa si rovescia
all’interno. Lui è così: pensa a tutto, anche a organizzare un
momento di decompressione che li prepari all’atmosfera che
troveranno una volta a terra.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Quando si arriva a casa, è lui che le
ricorda per tempo di tirar fuori le chiavi del garage. Prevede,
organizza, pianifica. È bravo in questo.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma allora, ieri sera, perché non ha
pensato?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ora è concentrato alla guida, aspetta
di veder apparire il brutto fabbricato di cemento poggiato per metà
sulla strada e per metà sostenuto da pilastri che precipitano nel
vuoto. Non gli è sembrato un locale pubblico, forse lo è stato.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Un cartello scritto a mano annuncia:
“menu turistico 10 euro”. Persino da lontano è facile accorgersi
che il 10 non è altro che un 9 corretto in zero e che l'uno posto
davanti è costretto in troppo poco spazio per essere autorevole.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La costruzione spunta dopo una curva.
Sembra davvero appoggiata sull’aria con metà edificio aggettante,
mantenuto al suo posto da alcuni sostegni sottili e obliqui, di cui
non si scorgono le fondazioni.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L’auto rallenta e accosta di fronte
all’ingresso. Il posto che l’uomo ha scelto invade parte della
carreggiata. Non gli piace, ma non vede alternative.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il locale appare in un afoso squallore:
una veranda con tre tavolini quadrati, delimitata da un basso muretto
verso la strada. Un’interruzione del cemento permette il passaggio
all’interno. Al fondo del cortiletto, una porta protetta da una
tenda per le mosche impedisce di vedere l'interno. Potrebbe anche
essere chiuso.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Ma è aperto?» domanda l'uomo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Cosa potrebbe rispondere lei? Per dire
una banalità come “Non lo so, bisogna scendere e provare”
preferisce rilanciare. Non ha mai giocato a poker, ma conosce le
regole: «Siamo un po’ in mezzo alla strada» dice.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In un’altra occasione risparmierebbe
quell’osservazione che ha le potenzialità per innescare una
discussione. Lui non accetta critiche su come guida e come
parcheggia, ma il credito che lei sente di vantare è talmente alto
che si può permettere questo e altro; è anche un modo per misurare
quanto potere detiene ancora dopo l’incidente.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Si ostina a definirlo provvisoriamente
un incidente, ma non sa davvero. Se lui non si decide a spiegarsi non
lo saprà mai.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Vedi un posto migliore?» Il tono
della risposta non è polemico. Le sta domandando se per caso vede un
parcheggio che a lui sfugge.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La donna sta per smontare, ma il
vecchio autocarro appare improvvisamente dalla curva poco distante.
Non c’è tempo per scendere e richiudere la portiera prima che
transiti. Il cassonato rallenta, forse lo fa di proposito, come se
volesse lasciare dietro di sé il ricordo di un ultimo dispetto
insieme a una boccata di alito rovente.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L’aria è vagamente profumata
nonostante il passaggio del camion. “Glicine” pensa lei e si
guarda intorno alla ricerca della pianta.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«È uno dei nostri posti» osserva
lui.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
È un’apertura distensiva, ammette
che la donna ha visto giusto notando quel locale e dice anche altro.
Conferma che hanno dei posti loro; sono una coppia, hanno una storia.
Sono in due ma insieme sono uno.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
I “loro posti” sono quelli che i
turisti solitamente evitano: piccoli caffè nascosti, minuscole
trattorie, taverne senza insegna. Questa brutta palafitta sulla
costiera è un ottimo pezzo per la loro collezione. Lei lo ha visto
per prima, lui si attribuisce il merito di aver deciso di fermarsi e
tornare indietro. Lei glielo concede.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Sperando che sia aperto.»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Lo spera anche la donna. Ha bisogno che
la tortura inflitta da quella successione di curve le conceda un
momento di pausa e poi vuole dare a lui l'occasione per dire ciò che
ha da dire.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sotto la tettoia non c’è nessuno.
Sui tavolini sono fissate delle cerate trattenute da fermagli
ossidati. Una è a quadretti rossi e bianchi. Aveva visto bene.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
I portacenere, triangoli di alluminio,
tutti diversi tra loro, sono vuoti ma non puliti. Evidentemente, a
eliminare mozziconi e cenere non è stato il gestore ma un colpo
vento.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L’apertura nel basso muretto permette
il passaggio di una persona alla volta. Lui, educatamente, le cede il
passo. È da tanto che non lo fa. In sei anni di vita insieme molte
cose si perdono e se improvvisamente ritornano, spesso c'è un
motivo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La donna, soddisfatta, passa.</div>
<div align="CENTER" style="font-style: normal; line-height: 120%; margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;">
<span style="font-size: small;"><br /></span></div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-31378669417931883482017-12-08T15:41:00.002+01:002017-12-08T15:41:55.764+01:00Suburbicon
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGqvHgyfczK37AIgO0u7-xjwF6v7J8D_qXda_YQiIXP92cpiMxhQVMnN_nGb6i3QLbfqWzDuMl4IeDBsxaEwJ7gDviHbmu5PValQ0lC4RIRxHuDpUxQ70oNWf1th49AxAZ86W5jBJU7fb2/s1600/locandina.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="596" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGqvHgyfczK37AIgO0u7-xjwF6v7J8D_qXda_YQiIXP92cpiMxhQVMnN_nGb6i3QLbfqWzDuMl4IeDBsxaEwJ7gDviHbmu5PValQ0lC4RIRxHuDpUxQ70oNWf1th49AxAZ86W5jBJU7fb2/s320/locandina.jpg" width="225" /></a>Scritto dai fratelli Coen, interpretato
da Matt Demon e Julianne Moore.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ecco: qualunque regista (Vanzina e Neri Parenti esclusi ovviamente) saprebbe tirar
fuori qualcosa di decente con questi elementi a disposizione, </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
George Clooney legge la sceneggiatura,
si immagina il film e che fa? Inizia le riprese? No, prima si procura
degli attori non protagonisti così efficaci che diventano più protagonisti dei
protagonisti. Ci sono delle facce in questo film che reclamano la standing
ovation. Ora, io ho una memoria davvero scarsa, altrimenti
direi quante e quali citazioni ci sono nelle scene che si
susseguono, nei volti e nella perfezione di certe inquadrature. Per esempio, non
ho mai visto un pomolo di porta bello e illuminato come quello che
ruota in Suburbicon, né un'ombra su un muro che sappia parlare bene come
questa. Clooney, nel ritrarre l'uno e l'altra, riesce a far recitare come grandi attori persino ombre e riflessi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Infine, Clooney fa il Clooney, ovvero tenta di rovinare il film infilandolo nel cestello della lavatrice e centrifugando con il programma "contesto sociale". Per fortuna la sceneggiatura dei fratelli Coen gli impedisce di fare cazzate e la deriva di denuncia razzista, pur essendo ben presente, resta in secondo piano. In close up rimane una storia "pulp" che potrebbero
aver diretto Hitchcook e Tarantino insieme, un po' litigando, un po'
dandosi il cinque. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Suburbicon potrebbe anche non piacere a tutti e lo capirei,
perché è più bello che emozionante. Più appagante che
affascinante. Per me è assolutamente soddisfacente, persino da
rivedere a breve, ma forse si era capito.</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-65044675770161560152017-11-25T12:28:00.000+01:002017-11-25T12:28:35.721+01:00Jane Eyre
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTGtPyu1Uf7665ZFXWiq3-iyjPo4_LgTtBa_5FNPOyxLwZbbGFzyMEVgLT0eIPxrLWWidSwCV3rJ-LyDIanIUDqwJvmsvABVF0i0LrwHhYbAb_b3WX4Xwe9IKqNsvxw9sd0tpkLnNT80zy/s1600/charlotte_big.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="757" data-original-width="500" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTGtPyu1Uf7665ZFXWiq3-iyjPo4_LgTtBa_5FNPOyxLwZbbGFzyMEVgLT0eIPxrLWWidSwCV3rJ-LyDIanIUDqwJvmsvABVF0i0LrwHhYbAb_b3WX4Xwe9IKqNsvxw9sd0tpkLnNT80zy/s320/charlotte_big.jpg" width="211" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Mia nonna parlava con la televisione.
Stravedeva per Andreotti e quando qualcuno lo attaccava durante un
dibattito televisivo, lei lo difendeva dalla sedia della sua cucina
urlando al televisore.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ho sempre sorriso di questa cosa,
chiedendomi se alla sua età (andava per i 90) avrei fatto la stessa
cosa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ebbene, ci sono arrivato prima. È
successo ieri, ascoltando gli ultimi capitoli dell'audiolibro Jane
Eyre di Charlotte Brontë.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Quasi ogni sera percorro 7 chilometri
di buon passo tra i viottoli di campagna dietro casa. Mi infilo gli
auricolari e mi immergo nella lettura di un paio di capitoli. Si può
dire “lettura” riferendosi a un audiolibro? Credo di sì. Intanto
perché c'è qualcuno che legge, nel mio caso Silvia Ceschini, alla
quale attribuisco una gran parte di merito nell'avermi trascinato
nella storia, con una lettura precisa e una voce dolce e melodiosa. E
poi perché, comunque, la sera, nel letto, vado avanti per conto mio
con il libro vero e proprio.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://www.blogger.com/null" name="firstHeading"></a>I passi che
mi hanno fatto irritare li ho vissuti con un pungente odore di letame
nel naso, scansando migliaia di macchie sospette sulla strada, perse
da qualche trattore sparpagliamerda. “Ma ammazzati!” urlavo. E
poi: “Ma basta, ma mandalo a fare in culo!” “Ma taci, stronzo
di merda!” Questo dicevo nel buio, figurandomi di alzare le mani su
Saint John, uno dei predicatori più insopportabili della letteratura
di sempre. Ora, arrivare a imprecare contro personaggi immaginari
significa due cose: essere ormai rincoglioniti (e ci sta), ma
soprattutto che chi ha scritto ha saputo fare meravigliosamente bene
il suo lavoro. Charlotte Bront<span lang="it-IT">ë non è celebre
per caso fortuito e questa storia, resa con poetica semplicità è un
capolavoro che merita tutta la fama di cui gode. Chi si diletta a
scrivere, come io faccio, quando ritiene di aver raggiunto una buona
qualità nelle proprie righe, dovrebbe rileggersi qualche pagina a
caso di Jane Eyre utilizzandole come benchmark, anche se, se davvero
si procedesse così, si finirebbe per non riuscire a scrivere più
nulla.</span></div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-51927844186907225852017-11-13T15:48:00.001+01:002017-11-13T21:38:41.599+01:00The place<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgf6yetalN7q7uKuY5L8QC0d5p0IEn2iKnK_dVcvJK7-94FMvEPjqeObP4zuT9nSt0mC9Hv3aehAwz88h0hfKHN6FytotHsj42o16LpCWU3nraUFD2QC8HFUqxEqa1UauuCFFekoORO7fmG/s1600/locandina.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgf6yetalN7q7uKuY5L8QC0d5p0IEn2iKnK_dVcvJK7-94FMvEPjqeObP4zuT9nSt0mC9Hv3aehAwz88h0hfKHN6FytotHsj42o16LpCWU3nraUFD2QC8HFUqxEqa1UauuCFFekoORO7fmG/s320/locandina.jpg" width="224" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Ci sono dei film che mi lasciano
addosso un po' di febbre perché superano la barriera
schermo/spettatore e mi arrivano addosso, si insinuano persino sotto
la felpa e sotto la maglietta.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il talento, in dosi importanti e
versato denso sullo schermo, una volta ingerito, resta lì
a fare bene un po' male. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Paolo Genovese conferma di essere una distilleria
di questo elisir, ma non aveva bisogno di dimostrarlo, avendo guadagnato la mia
stima già due anni fa con “Perfetti sconosciuti”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Oggi immagina e scrive una nuova storia,
semplice, profonda e terribile, e la circoscrive in una sola
location. Non ci si muove mai da quel “place”, il tavolino di un
bar. Le inquadrature si ripetono spesso, non so quante siano, una
dozzina forse, ma di lì non ci si schioda. Eppure, con
l'immaginazione si possono vedere e seguire i diversi altri rami che la
storia racconta, ma che la pellicola non mostra.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Anche per dirigere gli attori occorre
talento. Non parliamo poi per sceglierli e tenerli insieme.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Valerio Mastrandrea è il protagonista.
Sempre in scena. Sempre perfetto, un'interpretazione con cui potrebbe
chiudere la carriera perché di più non potrà fare. Sabrina
Ferilli... chi avrebbe mai detto che Sabrina Ferilli...? E invece,
Sabrina Ferilli c'è. C'è soprattutto una scena con la quale, se
fossi al suo posto, chiederei di essere ricordata per sempre. E poi
gli altri interpreti, nessuno tacciabile per qualche sbavatura o imperfezione. Insomma, finalmente un film italiano, fatto con poco, ma bello, bello, bello.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il sito Mymovies gli attribuisce due stelle e
mezza. Mi stupisce una valutazione così bassa, ma non sto nemmeno a leggere il commento perché sicuramente sbaglia. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Le altre due stelle e mezza le aggiungo io. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Vi invito a fidarvi e andare a vederlo dimenticando le mie parole. Andateci prevenuti, come ci sono andato io: un film italiano... niente tette... piove e fa freddo... c'è Muccino... la Ferilli... mah... la critica lo valuta così così... Ecco siete pronti per "The place".</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-59603125327689677222017-11-05T18:48:00.003+01:002017-11-05T18:59:13.358+01:00Blade runner 2049<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgNNshW1kymChvmIkU4Gvo3-NI1B6NAXeN2mlK9WkVCBWdC7mVX3cIU9OX66zRxfxATh-kBv6xR3q7LCDW2BmeuNzbt2p-qX33DpOlREB2KbXp6DWuWtO-90lAf5kfq2pVpKh18bu80hcw/s1600/locandinapg1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="623" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgNNshW1kymChvmIkU4Gvo3-NI1B6NAXeN2mlK9WkVCBWdC7mVX3cIU9OX66zRxfxATh-kBv6xR3q7LCDW2BmeuNzbt2p-qX33DpOlREB2KbXp6DWuWtO-90lAf5kfq2pVpKh18bu80hcw/s320/locandinapg1.jpg" width="215" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span class="_5yl5"></span>Il fatto che ci siamo addormentati, io
nei primi dieci minuti e mia moglie sui tre quarti, non deve far
pensare che sia un film noioso o che i sedili del cinema Reposi siano
troppo confortevoli.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
In verità, i sedili del Reposi fanno
schifo e la cassiera - che non si fida della mia parola, cioè non
crede che io abbia 65 anni e quindi non mi concede la riduzione - è
indisponente.<br />
Ci siamo addormentati perché abbiamo un'età, anche se la stronza non ci arriva.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Veniamo al film. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
È un sequel e se lo guardiamo come
tale merita 10 perché è ben fatto e ci sono delle tette. Ma proprio
perché è un sequel manca di freschezza e preso a sé vale poco.
Le atmosfere sono curate, perfette. Sembra di ripartire esattamente
da dove ci siamo lasciati con il primo episodio. Ma è proprio questo
il punto. A parte la trama che cambia un po', non ci sono idee nuove.
Il lavoro grosso e sporco lo ha fatto Ridley Scott nell'82
inventandosi e regalandoci un mondo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ryan Goslin è un buon replicante, un
“lavoro in pelle” che piace molto alle donne. La sua fidanzata
virtuale è arrapante ancorché virtuale. Harrison Ford è ancora guardabile. Il film però paga il peccato di non essere originale. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Vederlo era un
obbligo, così come ho visto la serie di Indiana Jones, di Jurassic
park, di Guerre Stellari. Certo far uscire un episodio ogni 35 anni è
un bel rischio. Per dire, se la media è questa, il prossimo io mica
lo vedo eh. Ma se per caso ci fossi ancora (avrei 93 anni) quella
stronza della cassiera mi deve baciare il culo, altro che biglietto
ridotto!</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-798978798269047492017-09-15T16:46:00.001+02:002017-09-15T16:46:23.539+02:00Le pietre<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjirN3Fxc2yHo7rA5tb6KuMrPiwbXojETlOOMkFsMmkQPO8kqy3Lo7SReWBdKsMaYXUv8epnfgWI1_-KSCFjJrMASqmRiGn44p1SpYhFVauBFbnOcaWBx1_rPttYv1Vd7erngGxS9Ky3sdJ/s1600/pietre-morandini.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="799" data-original-width="522" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjirN3Fxc2yHo7rA5tb6KuMrPiwbXojETlOOMkFsMmkQPO8kqy3Lo7SReWBdKsMaYXUv8epnfgWI1_-KSCFjJrMASqmRiGn44p1SpYhFVauBFbnOcaWBx1_rPttYv1Vd7erngGxS9Ky3sdJ/s320/pietre-morandini.jpg" width="209" /></a>Il prossimo libro di Morandini si ititolerà "le buse" e io lo leggerò. Le buse, per chi non fosse del nord-ovest sono le cacche di mucca, quelle padelle appoggiate sul sentiero, che se le pesti aderiscono alla suola degli scarponi come un'omelette, ma non ti arrabbi e tiri dritto, perché tanto è roba sana. E chi dice che puzzano è sospetto.<br />
Leggerò Morandini anche quando scriverà un libro sulla vita dei lombrichi.<br />
Potrebbe scrivere la biografia di un filamento di tugsteno e io lo seguirei con passione.<br />
Ha scritto un libro sulle pietre e io l'ho finito ieri sera.<br />
È un romanzo strano, ovviamente. Come strano era "Neve cane piede" ma questo di più. Anche il narratore è atipico: la voce parla in seconda persona plurale. Ho letto solo un altro libro così: "le vergini suicide" di Eugenides. È una bella tecnica, questa, perché fa sentire chi legge al sicuro, in buona compagnia. E con queste pietre c'è poco da scherzare.<br />
Ma non voglio parlare della trama, di cosa fanno le pietre, di cosa pensano né cosa possono rappresentare. Detto tra noi non mi interessa così tanto. A me basta che in un libro le parole siano scelte con garbo e messe in un certo ordine sulla pagina, in modo da diventare musica e che abbiano il potere di portarmi via, di nutrirmi, dissetarmi e darmi la pace.<br />
<br />
<br />Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-18573634792558801702017-09-10T16:07:00.001+02:002017-09-10T16:07:54.647+02:00Shantaram
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbsAAZN90xhIddBlSLb6pWaUcoWrIkUoujl4LfVbL3o6-aNWwwmGw8tmEDH3B11UrHqC3drdxXTxWR8n7ovlfTflKqelazDmkghh4DtnXsGBqW0CGPTQpnky5PL_bZ1mRR0p-F-6YokOiE/s1600/shanta.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1094" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbsAAZN90xhIddBlSLb6pWaUcoWrIkUoujl4LfVbL3o6-aNWwwmGw8tmEDH3B11UrHqC3drdxXTxWR8n7ovlfTflKqelazDmkghh4DtnXsGBqW0CGPTQpnky5PL_bZ1mRR0p-F-6YokOiE/s320/shanta.jpg" width="218" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Finalmente!</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Finalmente il libro che aspettavo,
quello capace di rivoltarmi il DNA, spiegarmi perché sono qui e fare
di me una persona migliore?
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
No, finalmente l'ho finito. Minchia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sono 1174 pagine e credo che sia il
libro più lungo (e spesso e pesante) con cui abbia tentato di
appiattirmi la pancia.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Potevo mollarlo prima della fine? No
che non potevo. Affrontare un libro di queste dimensioni è come fare
un investimento ad alto rischio. Ci butti dentro i tuoi risparmi e il
giorno dopo leggi sul listino che stai perdendo qualche centesimo.
Più passano i giorni, più perdi soldi. Eppure il consulente aveva
detto che il rendimento... E così non vendi, non puoi. Devi arrivare
alla fine per riavere il capitale. Forse. Ecco, è andata così, tra
alti e bassi. Sì perché non è tutta noia o tutto inutile. Ci sono
lunghe parti interessanti, altre belle, una parte è persino
appassionante, ma è un brodo davvero troppo allungato. Il buon
Gregory David Roberts avrebbe potuto scrivere la storia con 500
pagine in meno e sarebbe stato un buon lavoro.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Avete per caso letto “La città della
gioia” di Lapierre? Vi è piaciuto? Allora tenetevi
quell'impressione. C'era troppo Dio in quel romanzo, anzi tutto
girava intorno a Dio, ma almeno girava. Qui tra spacconate,
esagerazioni, divagazioni si rimane un tantino inchiodati. Io per un
mese intero, per esempio. Finalmente libero, stasera posso iniziare
un altro libro. Sul comodino ho Anna Karenina che mi aspetta. Scherzo
eh :)</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-59973050215209637472017-09-02T17:57:00.002+02:002017-09-02T17:57:51.684+02:00Dunkirk
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi67gnz5JgM9H5dcQzxK8XHGVc8MpQINto1WGMCSyYRLA57Hd2J2eZQF_QsoLoXWdbhMgJTTIJjyKzWKIhtd_M38SkUE7hmjIZb5Z5LVXVbKXNooMYgc0V6rm2UOrfiKQ0MxTZDfqWX0I1v/s1600/locandinapg1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="623" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi67gnz5JgM9H5dcQzxK8XHGVc8MpQINto1WGMCSyYRLA57Hd2J2eZQF_QsoLoXWdbhMgJTTIJjyKzWKIhtd_M38SkUE7hmjIZb5Z5LVXVbKXNooMYgc0V6rm2UOrfiKQ0MxTZDfqWX0I1v/s320/locandinapg1.jpg" width="215" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Certamente bello da vedere, ma anche da
sentire. La colonna sonora fa tra il molto e il moltissimo. In certe
scene non è neppure musica, è puro ritmo e moltiplica il tasso di
crescita della tensione che, diciamolo, schizza fuori scala al primo
minuto e rimane in orbita per tutto il film.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'intervallo, al cinema di Valperga,
arriva giusto in tempo per consentire al pubblico di recuperare
ossigenazione e per smettere di stritolare i braccioli delle
poltroncine.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
C'erano disturbatori in sala? Pop corn
rumorosi? qualcuno che commentava ad alta voce? Luci di telefoni tra
i sedili? E chi lo sa? Per rispondere sarei dovuto essere in sala, invece che proiettato dentro il
film.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ci sono dei messaggi particolari o una
nuova etica che possano far amare questo film? No, è un film di
guerra e se si vuol trarne una morale è sempre la medesima: evitare
la guerra.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'entusiasmo trae origine dalla
confezione; è un film fatto terribilmente bene.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Gli attori ci mettono del loro, ma è
uno di quei casi in cui il regista (in questo caso Christofer Nolan)
fa davvero il regista. Una prova? Guardatevi le sequenze all'interno
dello Spitfire quando il pilota deve prendere delle decisioni. Non
parla, il suo volto è completamente nascosto da mascherina,
occhialoni e casco. Impossibile leggere la sua espressione, ma Nolan
riesce comunque a far capire esattamente quale sia il problema, a
cosa stia pensando il suo personaggio e quale drammatica decisione
debba prendere. Il tutto comunicando soltanto con inquadrature e
montaggio. Molti suoi colleghi non arriverebbero al risultato nemmeno
con i sottotitoli.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
È tutto così: poche parole e azione,
tanta, caratterizzata da scelte di inquadrature e un montaggio sempre
perfetti.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Non aspettatevi le tette della
protagonista perché non c'è una protagonista. È un film con soli
uomini, una storia vera, una bella dimostrazione di talento e una
grande testimonianza di arte contemporanea.</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-90024014352783723482017-07-24T13:26:00.001+02:002017-07-24T13:26:37.398+02:00Lupo mangia cane<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCqnDyoCRUcNTHTZvpIVF_5OFUnk0V_84r-YAjidemABypOhzMcmZ9J5HpYAmrlH8BE75wZMRCEde5Nc41-tiVj-ndGHJf0Tlt_WFpPOM6WHl_nHqxM599hdzGeRuXKh7MZBc8AeYdaSf3/s1600/lupo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1317" data-original-width="867" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCqnDyoCRUcNTHTZvpIVF_5OFUnk0V_84r-YAjidemABypOhzMcmZ9J5HpYAmrlH8BE75wZMRCEde5Nc41-tiVj-ndGHJf0Tlt_WFpPOM6WHl_nHqxM599hdzGeRuXKh7MZBc8AeYdaSf3/s320/lupo.jpg" width="210" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Ci sono ambientazioni che mi rendono particolarmente caro un libro. Questi luoghi sono i sanatori, i sommergibili e le sedi di esperimenti o disastri nucleari. No, non ci sono ancora andato dallo psicoterapeuta, sì ci devo andare, lo so.</div>
<div style="text-align: justify;">
Questo romanzo di Martin Cruz Smith si svolge quasi interamente intorno al reattore di Chernobyl, nella "zona" chiusa, vietata e super inquinata da Cesio, Iodio, Stronzio e tanti altri fantastici radionuclidi. Il giallo si dipana tra villaggi abbandonati, relitti radioattivi, personaggi che non dovrebbero vivere lì e invece sono residenti stabili, scienziati, milizia locale e misteri. </div>
<div style="text-align: justify;">
Sul meccanismo giallo non dico nulla perché non l'ho proprio capito e dopo un po' ho smesso di interessarmene, ma ho anche scoperto che non leggo certi gialli per scoprire chi è l'assassino. Mi piacciono e basta. </div>
<div style="text-align: justify;">
Oltre alla location che mi eccita una cifra, devo ammettere di essere un fan del detective Arcady Renko, che seguo da tanti anni e del quale perdo continuamente le tracce. </div>
<div style="text-align: justify;">
Proprio a proposito di Renko, sorge una considerazione: ma quanto si assomigliano lui, che è un detective russo, e il commissario Harry Hole, norvegese di Jo Nesbo? Sono come due locomotive di Guccini entrambe lanciate contro l'ingiustizia. Non li ferma nessuno, prendono entrambi un sacco di botte, mettono in gioco la loro vita continuamente, sono sempre sfortunati con le donne, uno è etilista l'altro è alcoolizzato. Due eroi gemelli che amo particolarmente. Davvero: non ci sono differenze tra il Renko di questo romanzo e Harry Hole di "Polizia" o "Sete". </div>
<div style="text-align: justify;">
A cosa serve questa scoperta? A nulla. Se non a consigliare a chi legge "quasi" tutti i romanzi di Nesbo e Cruz Smith. Di Smith si può evitare "Havana" mentre di Nesbo, se andrete in ordine cronologico, vi accorgerete voi stessi quando sarà il momento di smettere.</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-26686336382803139982017-06-17T18:09:00.000+02:002017-06-17T18:11:13.610+02:00Luci rosse<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEir6vgSO905ZVrFCJCjzYGDsy39z0Lt9SNLQ6NVFttCvYclP89kiMOnN8q6vR2pap1cJse5LfmRQi4j4XHh0kbtyfxPzrpPDDCYMCP66zlF6jh0d6IEwwkREVE8mL19uLBi1vcFthBaLo-d/s1600/31809096734_f13b123c3f_k.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="897" data-original-width="1000" height="179" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEir6vgSO905ZVrFCJCjzYGDsy39z0Lt9SNLQ6NVFttCvYclP89kiMOnN8q6vR2pap1cJse5LfmRQi4j4XHh0kbtyfxPzrpPDDCYMCP66zlF6jh0d6IEwwkREVE8mL19uLBi1vcFthBaLo-d/s200/31809096734_f13b123c3f_k.jpg" width="200" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cesena, stazione di Cesena.</td></tr>
</tbody></table>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il Simenon che non ti aspetti. O
meglio, un finale che va contro tutto quello a cui mi ha
abituato. Mi rendo conto che è impresa assai ardua trattare del
finale senza poterne dire nulla per non rovinare la lettura a chi dovesse
ancora leggerlo. Allora, sebbene il finale sia la cosa più
interessante, parlerò dell'incipit. È uno dei romanzi del periodo
americano. Non lo sapevo e appena me ne sono accorto, cioè alla
prima pagina, mi è preso un senso di scoraggiamento, perché le
ambientazioni che amo di più sono quelle nebbiose, hanno almeno un
canale nelle vicinanze, un caffè aperto di notte, un porto, un bretone e qualche
battello. O un treno. In questo caso no. Come in Tre camere a
Manhattan, la scena si apre a New York, ma si lascia subito la città
per uno di quei viaggi disperati, come solo i viaggi con Simenon alla
guida possono essere. E allora, anche se si attraversano il New
Hampshire e il Maine non si sente la nostalgia della Normandia o della
Costa Azzurra. “Luci rosse” diventa l'ennesima opera riuscita di
Simenon, un autista pilota che non chiede passaporto. Per entrare in
questa, così come nelle altre storie che racconta, basta presentarsi
all'imbarco disarmati e pronti a viaggiare: con lui e dentro noi
stessi.
</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-39715334751165927012017-06-11T12:11:00.001+02:002017-06-11T12:18:10.709+02:00Neve, cane, piede<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5WTr9vEsAWoHSBnEMtKhuKcOlfzj_UsEfU29UpAajSPuOyd-wgkdM-seMO6PBTWReBu-bwIraz4Apn0pHEFIaUDQr4TJCRvRehjn4Grev0gm_K9qsHgc9OYobSJOqtNq5v0HALA3uTqns/s1600/neve.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1244" data-original-width="800" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5WTr9vEsAWoHSBnEMtKhuKcOlfzj_UsEfU29UpAajSPuOyd-wgkdM-seMO6PBTWReBu-bwIraz4Apn0pHEFIaUDQr4TJCRvRehjn4Grev0gm_K9qsHgc9OYobSJOqtNq5v0HALA3uTqns/s320/neve.png" width="205" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Un libretto che tiene lontani, con un
titolo così così e uno spessore che sa di una botta e via. In genere preferisco
volumi più importanti, così come preferisco i film tradizionali ai
cortometraggi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ora che l'ho letto, accetto il titolo e
mi faccio una ragione che finisca già a pagina 126 perché l'autore, Claudio Morandini, ha scolpito nel legno
di larice due personaggi così tridimensionali e ricchi che ci si potrebbe girare intorno, come fossero statuette del presepe. Si possono anche
prendere su per provarne il peso e stupirsi di come siano tanto
rifinite. Si vede che sono dipinte a mano. Sono due, soltanto due e vivono in una baita. Sono seppelliti sotto la neve, ma attraverso il camino
si sentono le loro parole, che sono poesia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Neve, cane, piede. Ora che l'ho letto
(eterna gratitudine a chi me lo ha imposto) diventerà il mio regalo
seriale per gli amici, soprattutto per quelli che non leggono.
Ingannati dal piccolo formato, traditi dal bianco della copertina,
imboniti da un profilo sottile, di poche pagine, sedotti dalla prospettiva di poter
dire “un libro quest'anno l'ho letto!” potrebbero cascarci e
leggerlo veramente e quindi perdersi tra anime, neve, sentieri e
solitudine. E quindi ritrovarsi.
</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-30170673793545353072017-05-29T14:50:00.001+02:002017-05-29T14:50:50.244+02:00Still life<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWxJThETHEeLUUJOIG-aIKEdpC3SzOqBwXTziVGbNXtxzbtkSo0j-lFoIFFKEUBIsdiU5Ykzar3ITorEujInVbaHBv0o-BbQ3Ra8iBBq4Yg8KLG_PVnPIZH2dfxwEaKM1mjU59q-Or0WIE/s1600/locandina.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWxJThETHEeLUUJOIG-aIKEdpC3SzOqBwXTziVGbNXtxzbtkSo0j-lFoIFFKEUBIsdiU5Ykzar3ITorEujInVbaHBv0o-BbQ3Ra8iBBq4Yg8KLG_PVnPIZH2dfxwEaKM1mjU59q-Or0WIE/s320/locandina.jpg" width="224" /></a></div>
Ho visto un film bellissimo, delicatissimo, dolcissimo nella sua tristezza. Non ne avevo mai sentito parlare, non ne sapevo niente. E non sapevo nulla neppure di Uberto Pasolini, il regista. È stato un caso che passasse su RAI 5 ieri in terza serata, a conclusione di una domenica abbastanza di merda. È come quando non ti aspetti più niente dalla vita e all'improvviso accade qualcosa. Ora, non voglio esagerare se no poi non vi piacerà. Certo non è una commedia, credo che abbia vinto alcuni premi a Venezia tra cui il Leone per il film più triste e drammatico della rassegna. Lo merita senz'altro, ma trovo che la tristezza possa essere sexi e sia benvenuta quando è piena di vita e di poesia. John May, il protagonista, ha un viso che non si dimentica. Ce l'ho qui davanti agli occhi mentre scrivo e se ne scrivo così è perché da questa storia delicata e geniale non ne sono ancora uscito. Capita con certi film o certi libri. Le emozioni vere, quelle dense, stanno lì a bollire a fuoco lento come passata di pomodoro per giorni, a volte per settimane. Mi chiedo se non sia il modo che hanno per cercare di entrare nel profondo e rimanerci. Forse sì. In tal caso spero di essere ancora abbastanza permeabile nonostante gli anni, i malanni e i danni. Leggo su mymovies che in totale "Still life" ha incassato poco meno di un milione di euro al cinema contro i 23 milioni che a suo tempo incassò "Natale a Miami". Ecco: questo sì che è davvero triste, ma triste triste triste.Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-84286994841758907622017-05-19T09:01:00.001+02:002017-05-19T09:09:18.056+02:00Quando diventai campione di pallanuoto<div style="margin-bottom: 0cm;">
A 13 anni, ai miei compagni di
giochi che erano i soldatini e il lego, aggiunsi i romanzi di Urania. Quando
non giocavo, mi procuravo i primi, feroci mal di testa standomene
tutto storto sul letto a leggere.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Questo a mia madre non piaceva.
Archiviata la parentesi presso gli scout, un giorno mi disse:
“Giovanni fa pallanuoto, perché non ti iscrivi anche tu?”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Io risi, perché sapevo nuotare
soltanto con le pinne.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Lei disse che avrei imparato e mi
ritrovai iscritto al Centro Sportivo Fiat.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Va detto che io non avevo nessuna
voglia di fare pallanuoto, ma dirlo a lei non servì: mi ritrovai a
fare allenamento in corso Moncalieri, dall'altra parte del Po, per
chi non è di Torino, dall'altra parte del mondo per me che abitavo a
Santa Rita.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Una breve digressione. Chi è che si
iscrive a un corso di pallanuoto? Diciamo la verità: pochi. Ci sono
gli appassionati, ma in genere pallanuotisti si diventa quando, dopo
anni di pre-agonismo e agonismo nel nuoto, appare chiaro che non ci
sono i numeri per diventare campioni.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
I miei compagni di corso, dunque,
venivano dalle gare di nuoto. Io dai soldatini e dai romanzi di
Urania.</div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHi4QQTlt4RH3gTr5ubmwmOg_X_zcT4mHrKJInNTmawUDa6zJs41KJtzg8CFEFetT6ThCtmmNnamRRsyd-rw33zYlq0PIvBnLjoBTigWpU6hGNwpAk8el14lTFNadzVOfLjQWDkPJcg9cv/s1600/tgf.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHi4QQTlt4RH3gTr5ubmwmOg_X_zcT4mHrKJInNTmawUDa6zJs41KJtzg8CFEFetT6ThCtmmNnamRRsyd-rw33zYlq0PIvBnLjoBTigWpU6hGNwpAk8el14lTFNadzVOfLjQWDkPJcg9cv/s320/tgf.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Torneo estivo. Piscina Fiat di corso Moncalieri</td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr>
</tbody></table>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ho un ricordo del primo giorno.
L'allenatore si chiamava Mattia Aversa e mi teneva d'occhio perché
aveva intuito che io, dall'altra parte della piscina non ci sarei mai
arrivato.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Mi diede qualche rudimento sul nuoto,
mi affidò un pallone giallo e mi disse di battere le gambe tenendo
quello davanti a me. Fu così che iniziai a muovermi nell'acqua
mentre i miei compagni sfrecciavano su e giù, sommando vasche su
vasche. Tra quelli del mio anno ce n'era uno che si chiamava
Agagliate, un cognome da casello della A4, ma una velocità da
Freccia rossa, un altro si chiamava Macchia ed era una saetta. Poi
c'erano i Capobianco, di pura origina napoletana, come la tradizione
della pallanuoto impone. C'era il mio amico Giovanni, quello che
secondo mia madre non avrei avuto difficoltà ad emulare. Tutti
imprendibili e quando, in partita, mi attaccavo alle loro caviglie
per non lasciarli scappare, o mi beccavo un calcio in faccia o
l'arbitro mi espelleva.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Fortuna vuole che negli anni 70 non
fosse ancora stato inventato il bullismo viceversa sarei stato una
vittima perfetta.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ho altri ricordi di quel primo anno e,
tra tutti, uno dell'ultimo giorno, prima della pausa estiva. Ci fu un
torneo serale, riflettori accesi, aria tiepida, genitori sugli spalti
della piscina. Quando fui mandato in acqua, nel quarto e ultimo
tempo, gli avversari si rinfrancarono. L'uomo in più, nella
pallanuoto è uno schema importante, forse l'unico che ci sia. E con
me in vasca loro avrebbero avuto l'uomo in più, perché io ero, per
definizione, l'uomo in meno. Insomma un'occasione per fare strage di
reti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sapendo quale fosse la mia velocità,
nicchiavo a centro vasca, in modo da ripiegare per tempo quando
perdevamo la palla, ma nel corso di un'azione mi ritrovai avanti, ma
avanti avanti e ricevetti persino la palla e ci fu anche chi mi
urlava “Tira!” “Tira cazzo! Tira!” Ma dicevano a me? E sì
che dicevano a me, ero io ad avere la palla sulla linea dei quattro
metri e non ero nemmeno marcato. In porta di là forse c'era Bodrone,
che parava come un portone e aveva le braccia talmente lunghe che
quando camminava si poteva tirare su i calzini. O forse c'era un
altro portiere, non ricordo. Ricordo però che avevo 'sta palla in
mano, la calottina storta che mi tappava un occhio, il fiatone, la
paura di non farcela a tornare in tempo, la luce dei riflettori negli
occhi, l'acqua alla gola (letteralmente) e la palla in mano che
pesava una cosa esagerata. L'adrenalina o ti fa scattare e moltiplica le energie o
ti pietrifica e ti perde. Io sono uno che si pietrifica. Sono il
coniglio davanti ai fari del Tir che ti corre addosso.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Ma tira cazzo!” Forse lo urlavano
anche dalle tribune, non saprei. Era fine stagione e io non avevo
segnato nemmeno un gol, nemmeno nelle partite di allenamento. I miei
compagni invece tenevano il conto e il penultimo ne aveva almeno una
ventina, il primo, il maschio alfa, almeno duecento.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Tira!”</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Non si capiva perché non fossi marcato
da nessuno in quell'azione, forse non mi avevano visto, mezzo
affondato come avrebbe fatto la Costa Concordia nel secolo
successivo. Qualcuno però cominciò a preoccuparsi e cominciarono a
urlare anche gli avversari. “E quello?” Sottinteso: "chi lo marca?"
Qualcuno spuntò dalla schiuma e si diresse verso di me con la
velocità di una moto d'acqua. Mi figurai travolto dalla prua a
bulbo, massacrato dalle gomitate, affondato come il Titanic e
soprattutto immaginai la fuga dell'avversario con la mia palla verso
la porta opposta, con sua massima gloria e mia somma umiliazione.
Allora alzai quel braccio debole e tremante. La palla lasciò
l'acqua. Il portiere (non era mica Bodrone, sono quasi sicuro che
fosse un altro) si mise in pressione, alzai ancora di più il braccio
armato e di conseguenza, pur avendo fatto molti progressi in
acquaticità, affondai fino agli occhi (all'unico occhio, l'altro,
ricordo, era coperto dalla calottina). Azzardai due o tre finte che
non preoccuparono affatto il portiere, poi guardai l'incrociatore che
mi stava arrivando addosso avanti tutta e il panico fece il resto.
Invece di tirare forte e teso mirando un angolo della porta come
sarebbe stato giusto vista la posizione, feci partire una palombella
(un pallonetto morbido) che si usa solo quando il portiere è
spiazzato. Invece era piazzatissimo. Per questo non se l'aspettava. La
parabola si alzò, poi si abbassò ed entrò dove doveva entrare.
Gol.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In tribuna, qualcuno disse “Quello è
mio figlio”.</div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUCt-CU8sGoQ98nUrZeg2qJWUB5i6B1vFFxm7RWDsUFdbjBdXZ2c1M3F4459mkZXyG2MZBi398mvr0CmV7V9zmPycU6AW5nx0ry92S1b8RiiDUi9vxabX51Ed-sCRtHgYQGtEA5nu_SVqj/s1600/ret.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUCt-CU8sGoQ98nUrZeg2qJWUB5i6B1vFFxm7RWDsUFdbjBdXZ2c1M3F4459mkZXyG2MZBi398mvr0CmV7V9zmPycU6AW5nx0ry92S1b8RiiDUi9vxabX51Ed-sCRtHgYQGtEA5nu_SVqj/s320/ret.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cus Torino, sono quello in mezzo in basso (peloso)</td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr>
</tbody></table>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'allenatore approfittò del gol per
fare le sostituzioni quindi per fare uscire me. Ma che importava?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Rimasi in forza (si fa per dire) al
Fiat per tre anni. Non diventai mai veloce, ma supplivo con altre
doti. Quali? Non ricordo. La prima squadra del Fiat pallanuoto
giocava in serie A. Voglio dire: se fosse caduto l'aereo con la prima
squadra e poi quello con le riserve, se tutti gli juniores fossero
morti di ebola e gli allievi si fossero ammazzati di seghe, allora
sarebbe toccato a me scendere in vasca e giocare in serie A.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Non accadde mai nulla del genere, anche
perché le trasferte si facevano in pullman.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
All'età di diciassette anni, il Fiat mi cedette gratuitamente al Cus Torino, (sai che
regalo...)! che militava in serie C. Lì non c'erano squadre
giovanili, solo la prima squadra. Insomma, ero un giocatore di serie
C, quelli che nel calcio stanno in due in una figurina. L'allenatore
era ligure e si chiamava Piccardo. Mi diceva solo una cosa, con un
pesante accento di Bogliasco: “Aldo Aldo, ricorda: “Bacco tabacco
e venere riducono l'uomo in cenere”. Me lo diceva un po' a cazzo
perché sì, fumavo, ma non bevevo e le ragazze proprio non me la
davano.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
I rapporti con i compagni al Cus erano
diversi. Qui c'era gente di tutte le età. C'era Puleo, un siciliano che, non so perché, ma non mi ha mai picchiato, pur se gli si leggeva
nello sguardo la voglia di farmi male. C'erano vari personaggi e
c'erano anche Claudio e Mamo, che furono i miei migliori amici di
quel periodo. Insomma, cominciai a divertirmi anche se in serie C il
primo gol devo ancora segnarlo. Ma non si sa mai.</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-30524638099273062672017-05-16T15:39:00.000+02:002017-05-17T18:55:26.059+02:00Fate presto e mirate al cuore<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il primo capitolo, direi "elettrizzante"</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
1</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjq6EF92vX6cWJbSmGAT5SeuVQoCjvzLnHZnGu0PtRN01IYCNqA7ppFqD6c8GI3o_ufkHyYSGgLLBa3_aGRlm4IQBn0G0HDougqSBQjvG4pewR0_OP5CKavp0l0SEBSc6RbnwMQNfKHrt8A/s1600/cope.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjq6EF92vX6cWJbSmGAT5SeuVQoCjvzLnHZnGu0PtRN01IYCNqA7ppFqD6c8GI3o_ufkHyYSGgLLBa3_aGRlm4IQBn0G0HDougqSBQjvG4pewR0_OP5CKavp0l0SEBSc6RbnwMQNfKHrt8A/s320/cope.JPG" width="222" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Dopo qualche minuto, la donna si
rilassò un poco o, per lo meno, iniziò a fingere.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il sorriso che rivolse all’uomo
voleva esprimere un buon grado di complicità e sembrava quasi
autentico. Quasi, perché invece la poveretta era terrorizzata. Lo
sarebbe stato anche lui se si fosse trovato al suo posto.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Non era stupida: sapeva che mostrarsi
impaurita sarebbe stato come ammettere tutto e accettare il castigo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Dubbi, comunque, non ce n’erano:
aveva sbagliato e quelli del Personale avevano deciso per una
sanzione esemplare. L’avevano anche avvertita, come erano soliti
fare. Per questo si era presentata all’appuntamento e ora si
trovava nuda, immersa in una vasca di acqua bollente, con quell’uomo
che la osservava da vicino, seduto sui talloni.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Salvatore Nicosia rimboccò la manica
destra della camicia senza fretta, poi immerse la mano ed ebbe
conferma di ciò che immaginava: l’acqua scottava. Se la donna
avesse avuto la coscienza pulita avrebbe protestato. Come poteva
resistere a quella temperatura? La osservò con più attenzione: la
pelle alla base del collo era arrossata, a larghe chiazze, e così
anche sul petto. Teneva le mani accoppiate in grembo per coprirsi là
dove era completamente rasata. I seni però erano a disposizione,
appena sotto la superficie. A Nicosia non piacevano: troppo gonfi e
sferici, frutto palese di una mastoplastica effettuata al risparmio.
Non aveva mai toccato seni al silicone ed era curioso.
Appoggiò la mano sopra il destro e strinse un po’. Poi passò
all’altro. Le punte, indefinite, tinta su tinta, non risposero in
nessun modo. Era per via della temperatura troppo elevata dell’acqua?
O perché la paura annullava ogni altra sensazione?</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La mano scivolò lungo il ventre, fino
a incontrare le barricate che la donna aveva improvvisato con i polsi
stretti tra le cosce. Senza guardarla, solamente con la pressione
della mano, le fece capire che la resistenza non era gradita. Lei
cedette e, aprendosi, concesse qualsiasi cosa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Nicosia arrivò al caposaldo che lei
aveva così poco eroicamente difeso, vi transitò sopra ma non si
soffermò, risalendo invece l’interno di una gamba fino al
ginocchio, finalmente fuori dall’acqua bollente.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La donna cercò di leggere il suo
sguardo per capire che cosa la aspettasse, ma lui le negò ogni
contatto con gli occhi. Avrebbe dovuto sorridere per tranquillizzarla
ma non ne aveva voglia. Continuò a carezzarla in quel modo per
qualche minuto ma non appena cessò, si accorse che si era
irrigidita, come faceva lui quando il suo dentista cambiava attrezzo
e gli ordinava di spalancare la bocca. Sì, aveva ancora paura.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il bagno era luminoso e completamente
piastrellato color beige.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Sarebbe uscita parecchia acqua e
Nicosia provò a immaginare che cosa avrebbe pensato la donna che
rifaceva le camere. Chissà perché poi doveva essere una donna.
Magari era un uomo, un peruviano. Ne aveva già visti di uomini
lavorare negli alberghi.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Seguendo una qualche sua idea, la donna
inarcò il bacino, offrendo il sesso appena sotto un velo di acqua.
Nicosia non se lo aspettava. Chi credeva di prendere in giro? Per
qualche momento la assecondò, poi risalì con esasperante lentezza
fino alla gola e la afferrò, trattenendola in una sola mano. La
donna spalancò gli occhi e cessò di respirare. Il corpo rimase
immobile, sospeso nell’acqua. Nicosia allentò la presa e ritirò
la mano. Non aveva stretto e infatti non aveva lasciato alcun segno.
Scosse platealmente la testa mentre si drizzava e prendeva uno degli
ospitini per asciugarsi il braccio.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La donna parve rilassarsi, questa volta
senza fingere.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
«Cosa credevi di fare, eh?» domandò
Nicosia rompendo il silenzio.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
«Lo so...»</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
«Se lo sapevi perché l’hai fatto?»
Il tono, che poteva essere quello di un padre con una figlia
disobbediente, contrastava con le carezze che le aveva riservato e
con l’offerta di lei, confermata da quelle ginocchia appoggiate ai
due bordi della vasca.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
«Non succederà più» promise.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Nicosia pensò che probabilmente era
vero, ma non era lì per raccogliere il pentimento della donna.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Sganciò la cintura dei pantaloni, ma
si interruppe subito.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
«Chiudi gli occhi» le ordinò.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La donna sorrise di sollievo: se la
sarebbe cavata con del sesso. Per essere convincente e dimostrare che
di lei ci si poteva fidare, oltre a chiudere gli occhi, li coprì con
le mani.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sentì che l’uomo armeggiava con
qualcosa.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«Ehi!» la richiamò lui dopo qualche
secondo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La donna guardò e si accorse che era
ancora completamente vestito. Era in piedi, un po’ discosto dalla
vasca e teneva sospeso qualcosa sopra di lei.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Istintivamente, unì le ginocchia.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
«No!» tentò di urlare quando
riconobbe un asciugacapelli.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nicosia invece fece segno di sì con la
testa e lo lasciò cadere nell’acqua.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-54804310979192149932017-05-03T13:03:00.001+02:002017-05-03T13:03:27.082+02:00Elle
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2I_ndN8b7iWHkDcbabDrCBXZrVG65j4RHrQWAvtx1Qf_leG0tBnFwZ-grIMahmNzc8ecweqgA0rCmsdkAMSYAOpMmw2_KtH0qWvyo_4aWnLZf_QTE8pMtR52wz9mn1la5tvmRmSFHKVIq/s1600/Cattura.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2I_ndN8b7iWHkDcbabDrCBXZrVG65j4RHrQWAvtx1Qf_leG0tBnFwZ-grIMahmNzc8ecweqgA0rCmsdkAMSYAOpMmw2_KtH0qWvyo_4aWnLZf_QTE8pMtR52wz9mn1la5tvmRmSFHKVIq/s200/Cattura.JPG" width="138" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nel trailer si dice che Isabelle
Huppert, la protagonsita è candidata all'oscar. Infatti non lo ha
vinto. Il regista, Paul Verhoeven invece ha meritatamente vinto e già
ritirato la statuetta del mio più cordiale vaffanculo. Perché?
Perché ELLE è un film inutilmente prolisso e disordinato. 130
minuti da curare con l'Imodium. È come quando si cucina qualcosa e
ci si accorge che sa di niente. Allora vai di spezie, ma non ci
stanno, allora aggiungi sale, ma troppo, allora una patata per
togliere il salato, poi un po' di pepe, ma per sbaglio macini dello
zenzero. Ma che merda! Un film insulso e improbabile, con la prima
donna al mondo contenta di farsi violentare e una pletora di
personaggi che non sanno cosa fare. Sembra che in Francia siano
diventati tutti deficienti. Forse è così. Vediamo cosa votano
domenica.
</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-79253323392882484762017-04-22T15:53:00.001+02:002017-04-22T15:53:33.364+02:00Scuola omicidi<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFSg_e0FNbEUFi1lydzL6GttCJgdT7auzgbYDu84YgqfuGX-DHZ4CAfuXF0Pbzw1KH5KSDEp8zEe4tiKUbo8PPcN7ktvXee_B1aFhH4zAJ3NPyXshElPGVjhNz3bvtAYGzlGfgSfAjkwZV/s1600/71le4aaK9wL.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFSg_e0FNbEUFi1lydzL6GttCJgdT7auzgbYDu84YgqfuGX-DHZ4CAfuXF0Pbzw1KH5KSDEp8zEe4tiKUbo8PPcN7ktvXee_B1aFhH4zAJ3NPyXshElPGVjhNz3bvtAYGzlGfgSfAjkwZV/s320/71le4aaK9wL.jpg" width="206" /></a>Sapete quando non si vede l'ora che sia sera per prendere finalmente in mano il libro che si sta leggendo? E ignorare notifiche di Facebook, Instagram, WhatsApp, fregarsene dei Tweet per non distrarsi dalla lettura? È ciò che <b>non </b>accade leggendo "Scuola omicidi" di Elizabeth George.<br />
Cattura come una molletta da bucato cotta dal sole. La tensione è quella di una pila usata in un gioco per bambini e riciclata nel telecomando della tv. La curiosità di sapere chi è il colpevole, in una scala da 1 a 10 inciampa nel primo gradino. Vado avanti? No, avete capito. <br />È il secondo libro della George che leggo e direi che, a dispetto della sua produzione e della fortuna che riscuote, per quanto mi riguarda il suo ciclo si può tranquillamente chiudere qui. <br />
<br />
<br />Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-11247170989242807332017-04-02T21:47:00.001+02:002017-04-02T21:47:14.596+02:00Le campane di Bicetre
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdBxo6guywBQw7hE-Ujjz_pI1N046HfDLomSvI3FsEMAUb5sd7FkCZ6BMSK2dSC7z6j6N45s8I5BVW5k_xlZd0clI6PCvQnnCT6oyvCe71HCkxk0epM9ZCM8u9UZPzVPGL9G7S26dYp-SL/s1600/bicetrr.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdBxo6guywBQw7hE-Ujjz_pI1N046HfDLomSvI3FsEMAUb5sd7FkCZ6BMSK2dSC7z6j6N45s8I5BVW5k_xlZd0clI6PCvQnnCT6oyvCe71HCkxk0epM9ZCM8u9UZPzVPGL9G7S26dYp-SL/s320/bicetrr.jpg" width="203" /></a>È una sensazione bella e rara, quella
di accorgersi che il libro che si sta leggendo è davvero importante.
In questo romanzo ho provato questa sensazione fin dalla prima pagina
ed è durata per quasi tutta la lettura. Quasi, perché il finale è
scivolato verso un epilogo che immaginavo diverso. Ma è davvero una
pecca piccola piccola, un problema più mio che del libro. Anzi, se
mi permetto di sollevare la questione è soltanto per trovare un pelo
in un uovo che è stato covato con particolare cura dal suo autore e
che è uscito perfetto.
</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-58409807337207563282017-02-25T13:35:00.000+01:002017-02-25T20:57:29.222+01:00Indignazione<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkZZXA7VdyZqDWWoiB400VcKp-4RbPN0ImrIT2GkhzcrK965qejCfJeHEY_EpdjhKraXm0TBb-4SHfL-F6sCz6oFx3fWSb2VHjdVrXO58LdOIRgEwtaXyE9rZMSnprl-XopBVwNY749UJs/s1600/aaaaa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkZZXA7VdyZqDWWoiB400VcKp-4RbPN0ImrIT2GkhzcrK965qejCfJeHEY_EpdjhKraXm0TBb-4SHfL-F6sCz6oFx3fWSb2VHjdVrXO58LdOIRgEwtaXyE9rZMSnprl-XopBVwNY749UJs/s320/aaaaa.jpg" width="204" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Potrei essere utilizzato come orologio
da cucina. Mi mettete un libro in mano la sera e non appena mi casca
sul naso, potete spegnere sotto i fagiolini nella pentola a
pressione. Preciso.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Non però ieri sera, né la sera prima. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In questi due giorni ho letto Indignazione di Philip Roth. Ho smesso dopo due ore,
la prima sera, giusto per non scolarmelo in una sola bevuta, e
un'altra ora ieri, fino alla fine, perché oltre la nota storica non
si può andare. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Non parlerò dei contenuti del romanzo, quindi non
dell'indignazione di Roth e del giovane Messner, ma della mia
ammirazione per come l'indignazione è espressa, e anche per come è
tradotta da Norman Gobetti. I dialoghi sono di una potenza misurabile
in kilotoni. Mi sono sentito persino umiliato, perché nell'assistere
alle discussioni, viene spontaneo anticipare delle frasi, delle
risposte, come se si potesse essere veramente lì, davanti al rettore, ma le
ho sbagliate tutte, per piccolezza, per scarsa lucidità, per
pigrizia o codardia. Molti che hanno commentato, affermano che questo
non sia uno dei migliori romanzi di Roth. Per rispondere mi immergo
nella vasca da bagno e dico: “meno male”. **</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
** citazione dallo spot tv ING Direct </div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-48951698778038043922017-02-18T12:32:00.003+01:002017-02-18T12:32:46.516+01:00I complici
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmh91F3SlPCmQhEZTv-xMrwyU1PRaMq4E287jYwFS8B1Xogk3hWU0Q9yJTO0iU45F4LdQcK6bq5Rik9BZUAcstWiIDOq5aVOwiCOi7zCn7Dh0eFPzsWgZK2BK2rPny8ROrIOmoPvWrAEJJ/s1600/cover.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmh91F3SlPCmQhEZTv-xMrwyU1PRaMq4E287jYwFS8B1Xogk3hWU0Q9yJTO0iU45F4LdQcK6bq5Rik9BZUAcstWiIDOq5aVOwiCOi7zCn7Dh0eFPzsWgZK2BK2rPny8ROrIOmoPvWrAEJJ/s200/cover.jpg" width="126" /></a>Lambert si chiude porte alle spalle.
Non fa altro per tutto il breve percorso che Simenon traccia per lui.
Non è una novità: pressoché tutti i personaggi di Simenon si
comportano allo stesso modo. Se inciampano non sono più in grado di
individuare la rotta corretta e sbandano, sbandano sempre più,
incespicando nei propri piedi e ripetendo gli stessi errori. Se hanno
qualcosa di prezioso fanno in modo di perderlo o rovinarlo.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ne “I complici” Simenon mostra il
momento in cui Lambert compie il suo primo, fatale, errore già in
prima pagina. Le restanti 113 non sono altro che la maturazione dei
fatti e l'accavallarsi di decisioni sbagliate. Uno sviluppo che per
un neofita di Simenon può apparire forzato o assurdo. Ma se di
questo autore si accetta il metodo di ricerca, che rende estreme le
situazioni per ricercare il senso ultimo di fatti, persone, emozioni
e sentimenti, allora si accetta anche che i personaggi non possano
salvarsi e che i romanzi possano chiudersi soltanto con un finale
malinconico nella migliore delle ipotesi, tragico in tutte le altre.
</div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-40151552082979986462017-02-11T15:41:00.000+01:002017-02-11T15:41:34.468+01:00La battaglia di Hacksaw Ridge<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhss7qbpmTIZDzfFFh-pPvZXXjxDVlsjpHie55NEDOUfsLR3WD80aCpAobK9Kb6rfwdxpRRD0SJwcfR6lQX8XulnMbmdnCtEnLPGqcxYCj5evtW_V_U7EJDowa1kQEc-MSqBitPrc-zaJLa/s1600/tut.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="160" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhss7qbpmTIZDzfFFh-pPvZXXjxDVlsjpHie55NEDOUfsLR3WD80aCpAobK9Kb6rfwdxpRRD0SJwcfR6lQX8XulnMbmdnCtEnLPGqcxYCj5evtW_V_U7EJDowa1kQEc-MSqBitPrc-zaJLa/s320/tut.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Scrivete “sergente” su Google. Subito dopo il sergente Garcia vedrete
apparire il “Sergente Hartman”. Perché? Perché il sergente Hartman è il
protagonista di una delle scene più potenti nel cinema, dai fratelli
Lumiere a oggi. Lo trovate in “Full metal jacket” di Stanley Kubrick.
Regista e sceneggiatori hanno scritto per il sgt. Hartman dialoghi da
imparare a memoria e ripetere sgranando il rosario. “I tuoi genitori
hanno anche figli normali, Pal<span class="text_exposed_show">la di Lardo?! Giusto per capirci.” <br />
Ora, solo un regista stupido, pazzo, ingenuo o ignorante può pensare di
inserire nel suo film una scena analoga, con un sergente istruttore che
tenta di spaventare le reclute. Mel Gibson lo ha fatto. Ha preso come
sergente Vince Vaughn che non farebbe paura a un tosapecore a batteria e
gli fa dire battute che potrebbe scrivere un editorialista di Libero.
Ma come gli è venuto in mente? È come se Frizzi si mettesse a cantare
Image spacciandola per nuova. Se avete visto Full Metal Jacket il
paragone vi farà venire una voglia pazzesca di scappare dal cinema,
tornare a casa e rivedere il film di Kubrick. Se non avete mai visto
Full Metal Jacket e non conoscete il sergente Hartman (ci hanno fatto
pure le suonerie con i suoi dialoghi) non so che vivete a fare. <br /> Per
il resto, il film è un insieme di buoni sentimenti e macello. Le scene
crude sono veramente crude, per cui se non siete vegani, vi piaceranno.
Il fatto che si racconti una storia vera di un vero eroe non è
un'attenuante. La battaglia di Hacksaw Ridge potrebbe essere una buona
americanata se non pagasse il peccato originale di quella scena tra
seregente e reclute. Purtroppo non c'è acqua battesimale che lo possa
salvare. Potrebbe avere il 6 se almeno si vedessero le tette della
davvero gnocchissima Teresa Palmer. E invece niente.</span></div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-6747218843630036382017-02-08T21:59:00.002+01:002017-02-08T21:59:22.553+01:00Fai bei sogni<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZ7SlqjoleJTo8G8zu9R7A1MUVKSO30K114gsT7uU3uQZ9z894-D1jLCyd1OyJ8Oz7VotSCjcF89R03cz8NSp31F8iWq4eL6Fzbodq4kiRf5mEvpFjDnRo0Bed1v9Q-SY5sLBcpuONUn_T/s1600/Fai-Bei-Sogni-01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="160" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZ7SlqjoleJTo8G8zu9R7A1MUVKSO30K114gsT7uU3uQZ9z894-D1jLCyd1OyJ8Oz7VotSCjcF89R03cz8NSp31F8iWq4eL6Fzbodq4kiRf5mEvpFjDnRo0Bed1v9Q-SY5sLBcpuONUn_T/s320/Fai-Bei-Sogni-01.jpg" width="320" /></a><span class="fbPhotosPhotoCaption" data-ft="{"tn":"K"}" id="fbPhotoSnowliftCaption" tabindex="0"><span class="hasCaption">Non
so con precisione quando la mia ammirazione per Massimo Gramellini e i
suoi buongiorno su “La Stampa” sia evaporata, né perché. Credo cinque o
sei anni fa e forse perché gli ho scritto un paio di volte e lui non mi ha
risposto, o forse perché seguire uno che ha sempre ragione dopo un po'
annoia, o forse anche perché non sbrocca mai. E poi, più di due o tre buoni
sentimenti la settimana mi fanno sbocciare <span class="text_exposed_show">chiazze rosse sulla pelle. Fatto sta che ho smesso di leggerlo e ho
cominciato ad arricciare il labbro ogni volta che lo incontravo. Adesso,
poi, è passato al Corriere e le occasioni di incrociare i suoi scritti
saranno poche o nulle. <br /> Ieri sera ho visto “Fai bei sogni” il film
che ne ha tratto Bellocchio con Valerio Mastandrea nella parte di
Gramellini, appunto. Non ci sarei mai andato di mia iniziativa, ma il
film apre una rassegna di 8 pellicole in abbonamento e quindi... E poi
l'alternativa sarebbe stata la prima serata di Sanremo.<br /> Il problema è
che il film mi è entrato dentro. Subito. Dalle prime scene, e questo
non era affatto previsto. È facile commuovermi. Due canzoni a cavallo
tra gli anni 60 e 70, un po' di riferimenti alla Torino di quell'epoca e
la nostalgia viene su come bagna caoda. Quel bambino (attore Nicolò
Cabras, non bravo: bravissimo), figlio unico, che gioca con la sua
mamma sarei potuto essere io: stessi anni, stesso tipo di casa,
addirittura stesso quartiere, Santa Rita. La faccio breve: dicono che
libro e film siano diversi, che il film sia più introspettivo e
angosciante e il libro più leggero e autoironico. Libro e film
raccontano comunque una storia vera nella quale si fa riferimento alla
felicità soltanto per contrapporla alla perdita e alla mancanza. Si
vedono e si intuiscono un'infanzia e un'adolescenza davvero pesanti,
come non mi aspettavo. Il dramma che si consuma, poi, è di una
semplicità tale da apparire credibile, quasi tangibile. </span></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="fbPhotosPhotoCaption" data-ft="{"tn":"K"}" id="fbPhotoSnowliftCaption" tabindex="0"><span class="hasCaption"><span class="text_exposed_show">Ora che ho visto
il film, cambia qualcosa? Probabilmente sì. Toccandomi da vicino, ha
avuto l'effetto di una doccia e mi ha lavato via un po' di spocchia
polverosa. Mi sento come dopo una visita a un conoscente in un brutto
reparto di un brutto ospedale: pieno di buoni propositi e pronto a
iniziare un nuovo ciclo con un tasso di cinismo più contenuto. Finché
dura.</span></span></span></div>
Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4356118306382752607.post-16872405346931069652017-01-31T13:22:00.001+01:002017-01-31T13:22:42.792+01:00La ragazza dai capelli strani<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1QbjxjDwDI2KdhrxoxNLAwSYaDuNZLihJ6dLS0b671wUWrAx8NqCfFdukIrEErAq8ngg7Yf5QN8uvcSJIom8_jgAMh6DhyFuGvhVWD3iNik3IoUCSlhI1keAiqEsjvFln-0J23XM6vHGS/s1600/image_book.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1QbjxjDwDI2KdhrxoxNLAwSYaDuNZLihJ6dLS0b671wUWrAx8NqCfFdukIrEErAq8ngg7Yf5QN8uvcSJIom8_jgAMh6DhyFuGvhVWD3iNik3IoUCSlhI1keAiqEsjvFln-0J23XM6vHGS/s200/image_book.jpg" width="147" /></a></div>
Non l'ho abbandonato: ma l'ho lasciato lì, in attesa di capire come
funziona. Ci sono dei racconti perfettamente riusciti come quello al David Letterman Show, altri che sembrano scritti a 4 mani con
Palahniuck, altri ancora - e sono quelli che mi hanno fatto decidere - non si
capisce dove vogliano andare. È come se il tram che prendiamo tutti i
giorni cominciasse a passare davanti a fermate dai nomi sconosciuti in
una periferia che non finisce più. L'impressione è proprio quella di
perdersi. Quando, invece di leggere le righe, si continua a guardare
quante pagine mancano alla fine, meglio suonare il campanello e scendere
alla prima.Aldohttp://www.blogger.com/profile/03864302131926493956noreply@blogger.com0