Per
prepararvi bene alla visione di Julieta, (pronuncia Qulieta) vi
consiglio di fare prima qualcosa di cui vi pentirete, così potete
entrare in sala pregustando un bel senso di colpa. Il film ci sguazza
nei sensi di colpa e voi vi troverete a vostro agio.
L'ultimo Almodovar che avevo visto era stato “Gli amanti passeggeri” una puttanata totale.
Con Qulieta, se non altro, Almodovar torna a
fare Almodovar (come direbbe Renzi) anche se il livello di “Donne
sull'orlo di una crisi di nervi”, “Tutto su mia madre” e “Parla con lei”
se lo scorda.
Qulieta com'è? All'inizio direi maluccio. Il regista
cura così poco la recitazione e il direttore del doppiaggio cura così
poco la qualità del doppiaggio che viene la nausea, come quando leggi
sul cellulare in auto. Ma la storia c'è e dopo poco prende e a come
recitano gli attori, non pensi più. Segnalo un filo di omosessualità che
non guasta mai e che nei film di Almodovar viene prima della pellicola,
una buona tensione per una vicenda che si delinea poco per volta e un
finale che va bene così. Il film finisce prima di scadere. Come quelle
canzoni che invece di ripetere il rif in dissolvenza, chiudono con un
buon giro armonico. Insomma, voto? Tra il 6 e il 7, se non fosse che ad
un tratto appare Adriana Ugarte (anche io non la conoscevo, è l'attrice
che interpreta Qulieta da giovane) e in un paio di scene di vedono pure
le tette. E che tette! Insomma 10.