martedì 15 aprile 2008

Ne abbiamo prese tante

Voglio trovare un senso a questa sconfitta, anche se questa sconfitta un senso non ce l’ha. Una spiegazione forse però sì. I ragazzi del Fenix hanno sicuramente messo in conto di poter perdere contro l’Usac e si sono impegnati affinché ciò non accadesse. Noi, esattamente il contrario.

E così, gli sfigatelli nella anonima maglia azzurra, nella palestra sfigatissima che puzza di linoleum verde, senza tabellone, senza cronometro, senza tribune, ma con due file da 10 termosifoni ciascuna, hanno fatto la loro partita. Belli da vedere come una mandria di Gnu al guado, i torinesi hanno messo in campo il n. 8 che portava palla e picchiava, il n. 6 che picchiava e basta, e il n.13 al quale i compagni dovevano sempre indicare dove era il canestro e che alla fine lo ha capito benissimo infilandoci come perline col filo da pesca.

Abbiamo pareggiato il primo e il quarto periodo. Siamo affondati nel secondo, dove abbiamo collezionato una figuraccia da far tornare nero Michael Jackson e bianco Angelo. Ma non era niente in confronto al terzo quarto, dove abbiamo toccato il fondo e provato a scavare ancora un po’.

Dal naufragio si sono salvati - giusto perché non c’erano - Jordan, Ciampy, Un Berto, Franco IV e Franco I (questa citazione la capiscono solo i genitori). Premio speciale degli elettori per l’arbitro, il signor nessuno, il quale, non dimostrando alcuna capacità, può concorrere la prossima volta per un posto in Parlamento, con buone possibilità di successo.

Ritorniamo a Rivarolo ebbri per le luci della città, convinti che se finiamo sotto di 24 siamo lo stesso i più forti, anche se questo pensiero un senso non ce l’ha.

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