Perché? Non lo so.
Ha molte pagine inutili, molte pagine
incomprensibili, molte difficili, molte divertenti e molte geniali.
Ha molte pagine.
L'ho capito? Mica tanto. Eppure,
nonostante una trama che non saprei riportare e personaggi che non
saprei collocare, sono contento di averlo letto. È+ un po' come dire
che non è fondamentale comprendere qualcosa per apprezzarlo. Del
resto, a parte “Michelle”, che non offre difficoltà, perché è
un po' come la stele di Roseta, con le frasi in francese e in inglese
(Sont des mots qui vont tres bien ensemble... these are words that go
together well) a parte “Michelle”, dicevo, non capisco i testi
delle canzoni in inglese. Eppure la amo: ho la casa piena di musica
anglofona, con raccoglitori di CD, giga di mp3 sul computer e in
cantina ci sono scatole di C90, probabilmente smagnetizzate.
Con le arti figurative è lo stesso:
non sono in grado di spiegare cosa volesse dire un De Chirico in
certe sue opere, eppure starei settimane, in piedi, a osservarle.
Viene un po' fuori la differenza che
esiste tra un romanzo e un noir.
Se alla fine di un noir o di un
thriller non ho capito chi era l'assassino o come hanno fatto a
incastrarlo, so di aver perso tempo e sonno. In un romanzo come
questo invece, posso accontentarmi di stare a guardare senza essere
obbligato a sapere, perché c'è della bellezza.
Mettiamola così: “La scopa del
sistema” mi è piaciuto, non posso premiarlo troppo perché
oggettivamente poteva aiutarmi un pochino. Ha il pregio di avermi
sbloccato il livello successivo che si chiama “Infinite Jest”. Ho
già cominciato a cercarlo, usato, nelle bancarelle di via Cernaia,
ma non ho fretta. Adesso vorrei leggere qualcosa di diverso (leggi:
facile) che mi ricarichi l'autostima perduta, che mi rapisca e mi
porti da qualche parte. Qualcosa di leggero, che non serva a nulla se
non a conciliarmi il sonno, la sera. La scelta è fin troppo ampia.
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