lunedì 7 luglio 2008

Robert Harris

Se siete già in vacanza in Liguria e vi hanno dato ombrellone e sdraio in terza fila, potete sempre pensare di non essere lì, almeno con il pensiero. Un metodo sicuro c’è. Si chiama Robert Harris ed è uno scrittore inglese.

Il bambino dei vicini di ombrellone tortura da mezzora un povero granchietto? Non preoccupatevi. Prima o poi la mamma si distrarrà e voi potrete convincere il piccolo a giocare con le dita tra le tacche di regolazione della vostra sedia sdraio. Nessuno vi riterrà responsabile se gliele trancerete. Per allontanare i sensi di colpa superstiti potete sparire dentro il romanzo “Enigma”, in un gelido inverno della seconda guerra mondiale. Se vi riesce più facile immedesimarvi, tuffatevi in “Pompei”, in un torrido agosto del 79 dc, un paio di giorni prima che il Vesuvio passasse alla Lega Nord. In entrambi i casi la lettura sarà così appassionante che perderete di vista il Mar Ligure (tanto dalla terza fila al massimo sentireste l’odore delle alghe in putrefazione). Corre voce che sia appena passata una diciottenne in topless sulla battigia e voi l’avete persa. Consolatevi con “Archangel”, vigoroso thriller ambientato nella Russia di Boris Eltsin o, al contrario, entrate alla Casa Bianca con “Ghost writer” e scrivete la biografia del Presidente. “Imperium” e “Fatherland” li ho ordinati e non posso garantire, ma sono molto fiducioso perché Harris crea trame intelligenti, una discreta tensione, ma soprattutto racconta protagonisti credibili. Non li ama come figli e non li tratta come amanti. Si disinteressa persino della loro vita e ciò li rende talmente reali che è un attimo diventare L’Acquarius di Pompei, Jericho di Enigma e quindi evadere lontano da tutto e da tutti, soprattutto dal bambino con le dita steccate e fasciate che piange in continuazione, colando moccio sulla sdraio accanto.

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