Il 34 è una linea di merda. Un'ora e dieci minuti dal cimitero sud a Porta Nuova, che se lo avessi mai immaginato l'avrei fatta a piedi, con applausi da Pierre Dukan. A bordo solo vecchi, che non sai se sei abbastanza giovane per lasciargli il posto quindi, nel dubbio, ti limiti ad odiarli perché non ti hanno avvertito che è una linea di merda. Il tour a zig zag, tra via Farinelli e via Monastir, con l'unico scopo di fare il pieno di pensionati che prendono la pensione non lo augurerei nemmeno alla Fornero. Un regista cinese ci farebbe un film di discreto successo. Un gerarca nazista potrebbe trarne ispirazione. Il progettista della linea deve aver fatto la colonscopia il giorno che l'ha disegnata e qualcosa deve essere andata storta. Gli sta bene.
Sono arrivato all'appuntamento con 35 minuti di ritardo. Torino è una città piccola e con la metropolitana è persino vivibile. Ma appena esci dalla green zone sei nella merda. è peggio che sui freccia rossa. Là ci sono la prima, la seconda, la terza e la quarta classe. La quinta classe non c'è, ma c'è il 34.
mercoledì 28 marzo 2012
martedì 13 marzo 2012
La coscienza di Zeno
Da studente non lo incrociai nemmeno. In quarta o in quinta si andava veloci da un collettivo a quello dopo e c'era da scioperare perché il riscaldamento non funzionava. E poi c'erano le compagne.
Adesso non ne posso parlare, perché ho impiegato un mese e un giorno per leggerlo. Troppo. Si perde il gusto. E' come mettere tra i denti un boccone succulento e poi ruminarlo per minuti e minuti. Farà tanto bene alla digestione, ma si perde il piacere.
La colpa è solo mia. Ho preso La coscienza di Zeno dalla libreria, dove faceva paura con il suo titolo tanto famoso, e me lo sono portato sul sedile di mezzo della Multipla. E lì è rimasto anche quando mi sono accorto del suo valore. Perché lo volevo come compagno durante le varie attese. Attesa del figlio, attesa della moglie, attesa del treno, attesa dell'attesa.
E così, posso dire di conoscere soltanto superficialmente il protagonista, Zeno Cosini, pur sentendomi tanto vicino a lui. I sentimenti di Zeno, che sono così simili a quelli di tutti noi, noi uomini perlomeno, non li ho mai visti messi per iscritto così lucidamente e in una forma tanto elegante. Ci ha provato Kundera, forse, ma a Italo Svevo, Milan non gli allaccia nemmeno le scarpe.
Rimetto il libro dove l'ho preso, a far paura con un titolo tanto famoso e a farmi sentire in colpa per chissà quanto tempo.
Adesso non ne posso parlare, perché ho impiegato un mese e un giorno per leggerlo. Troppo. Si perde il gusto. E' come mettere tra i denti un boccone succulento e poi ruminarlo per minuti e minuti. Farà tanto bene alla digestione, ma si perde il piacere.
La colpa è solo mia. Ho preso La coscienza di Zeno dalla libreria, dove faceva paura con il suo titolo tanto famoso, e me lo sono portato sul sedile di mezzo della Multipla. E lì è rimasto anche quando mi sono accorto del suo valore. Perché lo volevo come compagno durante le varie attese. Attesa del figlio, attesa della moglie, attesa del treno, attesa dell'attesa.
E così, posso dire di conoscere soltanto superficialmente il protagonista, Zeno Cosini, pur sentendomi tanto vicino a lui. I sentimenti di Zeno, che sono così simili a quelli di tutti noi, noi uomini perlomeno, non li ho mai visti messi per iscritto così lucidamente e in una forma tanto elegante. Ci ha provato Kundera, forse, ma a Italo Svevo, Milan non gli allaccia nemmeno le scarpe.
Rimetto il libro dove l'ho preso, a far paura con un titolo tanto famoso e a farmi sentire in colpa per chissà quanto tempo.
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