sabato 23 gennaio 2016

Carol

Io non ho nulla contro le lesbiche. Perché mai dovrei?  Dirò di più: se rinasco, voglio rinascere bambina, ragazza, donna e sicuramente lesbica. Anzi, faccio coming out: io sono già una lesbica, purtroppo imprigionata nel corpo sbagliato.
Ora sapete con che occhi ho visto Carol ieri sera a Torino.
Le due donne si conoscono in un grande magazzino.
Il regista Todd Haynes per far capire in pochi fotogrammi che si tratta di un film impegnato e che è inutile aspettare l'entrata in scena di Checco Zalone, utilizza un trucco geniale: fa chiudere di 3 diaframmi l'obiettivo della macchina da presa, in modo da creare l'atmosfera “cucina di sera” con lampade a risparmio energetico. Anche negli “esterno giorno” il sole sembra al neon.
Notevole anche l'idea di far finire ogni scena con l'inquadratura del finestrino di un'auto, appannato e rigato di pioggia. Dietro potrebbe esserci un elettricista che si fa una canna o un viale di Central Park. Non si saprà mai, perché quel che si vede è scuro. La colonna sonora è adeguata, commissionata a un musicista depresso a cui è stata appena sterminata la famiglia.
La storia ovviamente è tragica. Dico solo che le due donne si innamorano. E qui mi immedesimo totalmente. Un po' di sesso? Sì, ma solo dopo metà film, quindi se, come me, avete dormito la prima mezz'ora vi è andata bene. Le tette si vedono? Sì si vedono e vale la regola per cui se si vedono le tette, il film ha almeno il 6. Per cui, voto finale: 6

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