Orgoglioso di essere italiano? Posso
arrivare a dire che mi vergogno un po' meno di un paio di anni fa, ma
da qui a ostentare la mia cittadinanza c'è un abisso. Eppure,
uscendo dal cinema di Candelo (Biella) dove ho visto “Perfetti
sconosciuti”, il primo pensiero è stato: “come sarebbe bello se
all'estero vedessero il film e ci giudicassero per questo o per opere
di intelligenza, arte e cultura come questa”. Vorrei che
l'ammirazione che io sento per gli autori di questo film (tra poco
entrerò nei dettagli) potesse arrivare, appunto, anche dall'estero,
che so, dalla Germania, dalla Francia, dalla Gran Bretagna o dalla
Svezia e fosse distribuita, oltre che agli autori, anche a tutti gli
italiani e quindi, per osmosi, anche a me, che sono cittadino come
Paolo Genovese, il regista. O come Filippo Bologna, Paolo Costella,
Paola Mammini e Rolando Ravello. Questi italiani sono i co-autori,
che hanno saputo cucire dialoghi come se ne sentono raramente nel
corso di una vita da spettatore. Le battute, la mimica, la scelta
delle parole e delle pause, ti apparecchiano un posto a tavola, ti
invitano in mezzo a un gruppo di amici seduti per la cena. L'effetto
coinvolgente è tale che viene spontaneo pensare a delle risposte, a
delle battute ironiche e divertenti per contribuire. Ma non c'è solo
questo, c'è un montaggio chirurgico: stacchi e inquadrature creano
un ritmo che prende e porta via. Non parlo degli attori perché non
voglio esagerare, non parlo della trama perché non è mia abitudine.
Mi basta testimoniare divertimento, intelligenza e bellezza. Insomma
si può andarne fieri.
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