domenica 12 aprile 2015

Incipit

Chi ha regalato questo libro strenna, venti e più anni fa, probabilmente non sapeva cosa faceva. Chi lo ha ricevuto certamente non sapeva cosa riceveva.
Il secondo ero io.
La mia copia di “Incipit” di Fruttero e Lucentini è ingiallita, perché vent'anni scontati nella libreria più umida della casa sono lunghi come quelli trascorsi da Papillon alla Guyana. Però il libro è rimasto nuovo dentro, proprio come lo spirito di Papillon, perché contiene 757 emozioni di quelle che rimangono fresche per sempre.
Mai aperto in questi vent'anni, oggi lo tiro fuori per lavoro e scopro meraviglie, centinaia di incipit che fanno venire una voglia matta di leggere i libri. Per esempio:
Nel marzo 1912, nel porto di Napoli, durante le operazioni di scarico di un grande transatlantico, si verificò uno strano incidente sul quale i giornali fornirono informazioni copiose ma ornate di molta fantasia”.
Oppure
L'astronave riemerse dall'iperspazio, nell'oscurità punteggiata di stelle. Per un lungo momento nessuno parlò. “Dov'è finito il sole?” disse infine qualcuno.

Ora, non vi dico di comprare Incipit di F&L perché fareste anche fatica a trovarlo, ma vi consiglio, pur senza averli letti, rispettivamente, Amok, di Stephan Zweig, 1922 e Il ritorno dell'Explorer, di Paul Anderson, 1955. Io ci scommetto che sono buoni, Poi mi dite.

venerdì 10 aprile 2015

Filetto Buonissimo

Intanto, il Filetto Buonissimo non è fotografabile, non da me almeno, perché alla vista è ripugnante.
Ho preferito raccogliere e pubblicare la dichiarazione di un commensale.
Ingredienti: filetto vero, comprato dal macellaio, tagliato non tanto spesso. Per farlo sembrare di più, preferite 4 fettine piccole a due grosse.
Poi: cipolla, aceto, zucchero, senape panna da cucina, pepe, gas.
Preparazione: dopo aver ottenuto lo scontrino fiscale dal macellaio, tornate a casa e mettete il filetto nel frigorifero. È l'ultima cosa che userete.
Prendere una cipolla e fatela a pezzettini con coltellaccio. Più sono piccoli i pezzi, meglio è.
Soffriggete la cipolla nell'olio caldo in una padella antiaderente piccola. Mescolate con cucchiaio di legno e tenete d'occhio, ché la cipolla tende ad annerire in caso di combustione. In ogni modo, non è un problema: che sia dorata o che sia bruciata, quando aggiungerete l'aceto si aggiusterà tutto: colore e odore. Quanto aceto aggiungere? Diciamo due cucchiai? Mescolate il soffritto che adesso manda fuori gas che sembra di trovarsi tra Celere e dimostranti al G8. Quando l'effetto lacrimogeno passa, aggiungete un cucchiaino di zucchero e mescolate il tutto per qualche minuto. Poi spegnete.
A questo punto osservate il vostro lavoro. Siate sinceri: sembra una salsa o sembra una merda? Sembra una merda, per cui bisogna fare qualcosa. Se usiamo il batticarne per emulsionarlo, rischiamo di dover reimbiancare la cucina. Ma il mixer non si trova. Non è al suo posto. Prima di prendere in considerazione il matterello, guardate nella lavastoviglie. Il mio era lì. Basta tirarlo fuori avendo cura di capire per cosa è stato usato e soprattutto quando. I depositi negli angolini possono cambiare il gusto del nostro intingolo, il colore no perché per la proprietà invariantiva, la somma di tante cose, in cucina dà sempre il marrone.
Frullate il soffritto agrodolce tirandolo giù dai bordi lungo i quali tenta di scappare. Quando è diventato meno granuloso mettetelo da parte.
Nello stesso padellino, magari ripulito con un foglio di carta, mettete un cucchiaio abbondante di senape non troppo forte e tre cucchiai di panna da cucina. Mentre aggiungete la panna pensate al vostro interno coscia. Così.
Stemperate senape e panna nel padellino. Se non si emulsionano, aggiungete un po' di latte. Insomma la cosa deve essere fluida. Aggiungete quindi la salsa agrodolce di cipolla e aceto e mescolate il tutto. Insomma amalgamate le due salse.
Ci starebbe bene una macinata veloce di pepe ma nel mio Filetto Buonissimo mi sono dimenticato.
Poco prima di servire a tavola bisogna cuocere il filetto. Prendete le 4 fettine, e mentre le sollevate eucaristicamente, raccoglietevi un momento e pensate a quanto vi sono costate.
Appena scottate di qua e di là, aggiungete la salsa, poi giratele e giù altra salsa. Spostatele e giratele ancora, aiutandovi con il cucchiaio di legno e qui... attenzione. Se vi accorgete soltanto ora di aver utilizzato per cipolle olio, aceto e senape il cucchiaio di legno che sul manico riporta una scritta, nell'amata calligrafia, che dice “DOLCI”, sono cazzi. Avete sbagliato vita. Se è inverno e la stufa è accesa, siate veloci: meglio in cenere il cucchiaio che voi. Nessuno potrà dimostrare la vostra colpa. Se lo buttate nell'immondizia, lo troverà, se provate a sotterrarlo in giardino, un giorno uno strano albero vi tradirà.
La festa è rovinata dal peccato originale, ma non c'è ragione per rovinare la cena agli altri, quindi simulate buon umore e servite il Filetto Buonissimo, una fettina a testa ai commensali, e godetevi i mugolii e le parole di apprezzamento. Saranno le ultime.



mercoledì 8 aprile 2015

L'Uovo

L'anno scorso per il salone del libro, in particolare per il caffè letterario di Guido Gobino e Lavazza, scrissi un racconto a tema, che poi non fu utilizzato. Scelsero invece dei mini racconti che furono stampati sulle pareti.  Io preferivo di gran lunga il racconto. L'ho ritrovato ora e lo riporto qui.



L'UOVO
Poco fa mi è caduto un uovo. È rotolato lungo il tavolo della cucina e io l'ho guardato che si allontanava senza fare nulla per fermarlo. Forse, se mi fossi allungata subito... ma non credo.
Sai cosa ho fatto allora? Il caffè. Ho messo una cialdina nella macchina e ho aperto l'anta dell'armadio dove tengo le tazzine. Beh, non ce n'era una del servizio pronta a suicidarsi appena ho aperto? Avrei potuto prenderla al volo, ma oggi coi riflessi proprio non ci sono. Ha fatto un pessimo rumore.
Allora sai che ho fatto? Mi sono scartata un cioccolatino. Intanto è sceso il caffè. No, non ho preso la zuccheriera, sai che a me piace così. Un piccolo morso e un sorso, un morso e un sorso. Poi si è aperta la porta e sei arrivato tu.
E sai che hai fatto? Hai visto tutto quel casino e non hai detto niente. Invece di metterti a pulire, hai inserito una cialda nella macchina del caffè, poi ti sei preso un cioccolatino e ti sei seduto qui, vicino a me. E io guarda, ti giuro, non sono mai stata così felice.

domenica 5 aprile 2015

La famiglia Bélier

Credo che ci siano almeno due modalità per approcciare questo film. Quella del cinico (la mia solita per capirci) che lo vede come un “Xfactor” o un “Amici” vissuto dietro le quinte. Siccome ho una certa età, dovrei forse dire un “Saranno famosi”. Quindi una trama che fila sui binari dritti del Frecciarossa, con emozioni strappate a colpi di dejà vu e un finale che per immaginarlo basterebbe leggere i fondi del pop corn.
L'altra modalità è quella dello spettatore che dimentica a casa qualcosa. Il telefono? No, anzi, quello lo perde proprio al cinema quella sera. La carta d'identità? No e del resto non servirebbe, perché il film non è vietato e perché non ha ancora diritto alla riduzione per anziani. Un'età di merda la sua. Gli occhiali? Sì, ma quelli servono solo per leggere. Lo schermo lo vede benissimo. Che cosa ha lasciato a casa, allora?
Ha lasciato proprio il cinismo. E vuoi perché ha fatto giardinaggio ed è smarronato, vuoi perché non aveva nemmeno tanta voglia di uscire e andare al cinema, vuoi perché il film, diciamolo, è fatto bene, si siede impreparato e si becca tutta la storia con le difese abbassate. Finisce che ride come un matto per le situazioni comiche, si tiene ai braccioli quando c'è tensione e cerca qualche scusa per giustificare gli occhi umidi e la voce strozzata alla fine dove... quando... perché... Insomma saranno poi cazzi suoi. Da vedere.