Il prossimo libro di Morandini si ititolerà "le buse" e io lo leggerò. Le buse, per chi non fosse del nord-ovest sono le cacche di mucca, quelle padelle appoggiate sul sentiero, che se le pesti aderiscono alla suola degli scarponi come un'omelette, ma non ti arrabbi e tiri dritto, perché tanto è roba sana. E chi dice che puzzano è sospetto.
Leggerò Morandini anche quando scriverà un libro sulla vita dei lombrichi.
Potrebbe scrivere la biografia di un filamento di tugsteno e io lo seguirei con passione.
Ha scritto un libro sulle pietre e io l'ho finito ieri sera.
È un romanzo strano, ovviamente. Come strano era "Neve cane piede" ma questo di più. Anche il narratore è atipico: la voce parla in seconda persona plurale. Ho letto solo un altro libro così: "le vergini suicide" di Eugenides. È una bella tecnica, questa, perché fa sentire chi legge al sicuro, in buona compagnia. E con queste pietre c'è poco da scherzare.
Ma non voglio parlare della trama, di cosa fanno le pietre, di cosa pensano né cosa possono rappresentare. Detto tra noi non mi interessa così tanto. A me basta che in un libro le parole siano scelte con garbo e messe in un certo ordine sulla pagina, in modo da diventare musica e che abbiano il potere di portarmi via, di nutrirmi, dissetarmi e darmi la pace.
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