“Quinn sentiva di aver bisogno di un colpo di fortuna. Rae sarebbe arrivata da Città del Messico e, se piazzavano bene i soldi, Sonny sarebbe uscito dalla prisiòn tre giorni dopo."
Questo l'incipit: tre personaggi in tre righe. Vi ricordate i nomi senza rileggere? Io no. È una disgrazia che mi perseguita anche nella vita di tutti i giorni quando mi presentano qualcuno. Per quanto provi a precettare la concentrazione, mi dimentico il nome prima ancora di restituirgli la mano. Figuriamoci se le persone sono tre e se invece di avere un volto, sono personaggi di un romanzo, privi di faccia, tette ecc.
Tutto ciò per dire che Ford inizia veramente duro. Proseguo perché lo conosco e lo apprezzo. Se fosse un mio amico su Facebook sarebbe di quelli di cui voglio ricevere le notifiche. Ford ha scritto (e io ho letto) la benemerita trilogia di John Bascombe (“Lo sportwriter” “Lo stato delle cose” e “Il giorno dell'indipendenza”) romanzi di valore, densi di intelligenza. E poi ha scritto anche “Canada”. Ma “Canada” non mi è piaciuto molto. Neanche questo, per la verità. La storia va benissimo, l'atmosfera è ottima, i personaggi sono ok. È la scrittura che è faticosa. È come se il DJ avesse il singhiozzo: ogni fine riga salta la puntina del giradischi e la frase va a puttane. Tocca rileggere per capirla. Non è il Ford che conosco e che stimo. Colpa della traduzione, a volte? Anche no, perché il traduttore è Riccardo Duranti, lo stesso che, non più tardi di qualche giorno fa, lodavo per la perfezione con cui ha reso i racconti di Carver. Quindi? Quindi ci sono milioni di libri peggiori di questo e milioni di libri migliori. La vita è breve. Fate voi.
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