
“Il Confessore” è di nuovo ed è ancora tutto questo: un thriller altamente improbabile in una Oslo
che Nesbo vuol far apparire come la parte più pericolosa del Bronx.
Ma passi. Passi anche se mi sono
divertito poco e sorpreso mai, passi anche se questo libro non mi ha
migliorato nemmeno un po'. Passi pure tutto, perché una collezione
non si discute, si fa. Non posso però perdonargli la lunghezza: 407
pagine. Sono tantissime quando un libro prende e non prende, quando
conti le pagine che ti separano dall'epilogo non perché ti dispiace,
ma perché non vedi l'ora. Alla fine ti senti in colpa, come se
avessi commesso un grave peccato, ed è così: tutto quel tempo,
investito in un libro così inutile, poteva essere impiegato meglio.
Servirebbe un Confessore. Ma non questo.
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