martedì 30 dicembre 2014

Orogenesi

L’ottavo giorno Dio ci ripensò. 
Pentito di aver creato il mondo, ma soprattutto di averlo donato a chi presto lo avrebbe distrutto, tornò sui suoi passi e decise di rimediare. Si avvicinò al Suo Creato, quel mondo celeste, perfettamente rotondo e liscio, in cui mare e terra si scambiavano reciproci equilibri, e rimase a pensare per qualche istante. Poi, prima di farsi prendere da nuovi ripensamenti, si mise alla caccia degli uomini. Li cercò ovunque, rovistando i boschi e rastrellando le giungle. Prima con pazienza poi con sempre maggior affanno. Doveva essere svelto, perché quelli si sarebbero moltiplicati molto in fretta e presto avrebbero
Torre di Lavina da Punta Arbella
cominciato l’opera distruttrice. Ma erano così piccoli gli uomini! Addirittura microscopici. 

Dio, allora, preoccupato che qualcuno gli sfuggisse, prese a menare gran fendenti con quelle sue mani misericordiose, ma pesanti. Ogni colpo causava terribili stravolgimenti: intere isole sprofondavano, lunghissimi fiumi cambiavano percorso, si crearono deserti dove c’erano paludi e immense pianure si ricoprivano di polvere. I colpi erano così forti che i continenti addirittura si scontravano gli uni contro gli altri. 
E ogni volta che le enormi masse cozzavano, a causa degli urti la terra si accavallava su se stessa innalzandosi verso il cielo e ricoprendosi subito di neve e ghiacci. Ma Dio, concentrato nella caccia, e quasi accecato dagli spruzzi che ad ogni colpo si sollevavano dagli oceani, non si accorgeva di nulla. In breve ebbe finito. O quasi. I pochi uomini che ancora resistevano, si rifugiavano all’ombra di quelle escrescenze di roccia e terra che Egli aveva involontariamente creato. Non appena li ebbe individuati, alzò la mano divina per schiacciarli. E stava per abbatterla, quando si accorse, per l’appunto, delle montagne. Osservò dapprima con curiosità quelle protuberanze che sembravano protendersi verso di Lui (non si ricordava di aver creato nulla di simile), poi con interesse, e infine con un piacere che non riusciva a spiegarsi. Scoprì i ghiacciai e rimase profondamente colpito dal disegno delle morene e dal fascino maligno dei crepacci. Ammirò le guglie più alte e affilate e si lasciò intenerire dalla dolcezza dei pascoli estivi. Si impressionò quando udì il tuono delle valanghe e si commosse quando scoprì laghetti grandi come lacrime e animali che saltavano docili tra le rocce. Sorrise persino quando trovò foreste di larici ricoperte di oro zecchino. Per tutto quel giorno non fece più nulla e rimase a contemplare in silenzio le sue montagne. Il giorno seguente era ancora lì. E ci rimase a lungo. Fu così che Dio si dimenticò degli uomini. 

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