Non che “Magic in the Moonlight” provochi spasmi di piacere, ma è un film che si può vedere.

Passiamo ad altri premi. Per la sceneggiatura? Non per questo film. I dialoghi che si trascinano nella prima parte li ha probabilmente scritti Carlo Conti. Si capisce dal tasso di prevedibilità. La penna di Woody Allen spunta fuori qua e là soltanto per dipingere il protagonista. Lui è Colin Firth. Scopro che ha 54 anni e ciò mi dà qualche speranza. Il suo ruolo è quello del cretino e anche in questo lo sento vicino. Lei è Emma Stone. Bella, di una bellezza particolare e brava. Più di lui. Oppure è molto più brava la sua doppiatrice, che vuole dire tanto.
Premio alla regia? Se ne può parlare: la storia è raccontata bene e scivola via facilmente, c'è anche il tentativo di far passare un qualche messaggio, ma le scene sono così belle che ce lo si può perdere. Della musica usata come Vagisil crema da spalmare in ogni occasione ho già detto. In verità ho detto tutto e concludo. Fossi in voi che abitate a Milano, Torino e altre città civili, andrei a vederlo, magari dopo aver goduto altri film che solo voi potete sapere. Per chi invece vive in zone culturalmente depresse come la mia, consiglio di andarci, e di corsa, prima che si accorgano dell'errore e lo tolgano per far posto a una retrospettiva di Neri Parenti.
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