martedì 30 dicembre 2014
Pride
È come con la marmellata di arance. Solo gli inglesi sanno mettere insieme e amalgamare così bene il dolce e l'amaro, ingredienti poveri e poesia. Un'arte che applicano con tutto, dalle pietre grigie con cui tirano su le case allo stile con cui scrivono i cartelli stradali. E così fanno anche i film. Sono spesso favole agrodolci che fanno scassare, commuovere o semplicemente annusare la vita. Qualche titolo: “Tamara Drew, tradimenti all'inglese” “La parte degli Angeli” “Grazie signora Tatcher” “Monty Python” “Sognando Beckham”. “Pride” si inserisce in questa collana come un libro nel suo scaffale. Attori pressoché sconosciuti raccontano i lunghi mesi di sciopero che nei primi anni 80 videro i minatori gallesi opporsi alle chiusure degli impianti imposte dal governo di Margaret Thatcher. Un gruppo londinese chiamato “Gay e Lesbiche Sostengono i Minatori” raccoglie soldi per aiutare le famiglie dei lavoratori affamate dallo sciopero, ma il loro aiuto mette in imbarazzo i minatori. Da qui nasce il contrasto ovvero la sfida che il regista Matthew Warchus si dà e brillantemente vince. È un film perfetto? Manco per il cimbello: c'è troppo glucosio, se si pone mente alla reale tragedia vissuta in quel periodo. Violenza, fame, disperazione e miseria qui sono sullo sfondo mentre l'obiettivo mette a fuoco solo i primi metri. Perdonabile? Certo, perché la percentuale di succo è alta e concentrata. “Pride” è un bellissimo manifesto su diversità, omosessualità e diritti, disegnato con poesia e colorato con humor. È un film di Natale? Preferisco dire di no, perché altrimenti dovrei paragonarlo ai cinepanettoni made in Italy e mi toccherebbe scrivere cose per cui mi toglierebbero la cittadinanza italiana. (Potrebbe anche rivelarsi un buon affare). No, non è un film di Natale, ma voi andate lo stesso a vederlo adesso, durante queste vacanze, che vi farà bene.
Orogenesi
L’ottavo giorno Dio ci ripensò.
Pentito di aver creato il mondo, ma soprattutto di averlo donato a chi presto lo avrebbe distrutto, tornò sui suoi passi e decise di rimediare. Si avvicinò al Suo Creato, quel mondo celeste, perfettamente rotondo e liscio, in cui mare e terra si scambiavano reciproci equilibri, e rimase a pensare per qualche istante. Poi, prima di farsi prendere da nuovi ripensamenti, si mise alla caccia degli uomini. Li cercò ovunque, rovistando i boschi e rastrellando le giungle. Prima con pazienza poi con sempre maggior affanno. Doveva essere svelto, perché quelli si sarebbero moltiplicati molto in fretta e presto avrebbero
cominciato l’opera distruttrice. Ma erano così piccoli gli uomini! Addirittura microscopici.
Dio, allora, preoccupato che qualcuno gli sfuggisse, prese a menare gran fendenti con quelle sue mani misericordiose, ma pesanti. Ogni colpo causava terribili stravolgimenti: intere isole sprofondavano, lunghissimi fiumi cambiavano percorso, si crearono deserti dove c’erano paludi e immense pianure si ricoprivano di polvere. I colpi erano così forti che i continenti addirittura si scontravano gli uni contro gli altri.
E ogni volta che le enormi masse cozzavano, a causa degli urti la terra si accavallava su se stessa innalzandosi verso il cielo e ricoprendosi subito di neve e ghiacci. Ma Dio, concentrato nella caccia, e quasi accecato dagli spruzzi che ad ogni colpo si sollevavano dagli oceani, non si accorgeva di nulla. In breve ebbe finito. O quasi. I pochi uomini che ancora resistevano, si rifugiavano all’ombra di quelle escrescenze di roccia e terra che Egli aveva involontariamente creato. Non appena li ebbe individuati, alzò la mano divina per schiacciarli. E stava per abbatterla, quando si accorse, per l’appunto, delle montagne. Osservò dapprima con curiosità quelle protuberanze che sembravano protendersi verso di Lui (non si ricordava di aver creato nulla di simile), poi con interesse, e infine con un piacere che non riusciva a spiegarsi. Scoprì i ghiacciai e rimase profondamente colpito dal disegno delle morene e dal fascino maligno dei crepacci. Ammirò le guglie più alte e affilate e si lasciò intenerire dalla dolcezza dei pascoli estivi. Si impressionò quando udì il tuono delle valanghe e si commosse quando scoprì laghetti grandi come lacrime e animali che saltavano docili tra le rocce. Sorrise persino quando trovò foreste di larici ricoperte di oro zecchino. Per tutto quel giorno non fece più nulla e rimase a contemplare in silenzio le sue montagne. Il giorno seguente era ancora lì. E ci rimase a lungo. Fu così che Dio si dimenticò degli uomini.
Pentito di aver creato il mondo, ma soprattutto di averlo donato a chi presto lo avrebbe distrutto, tornò sui suoi passi e decise di rimediare. Si avvicinò al Suo Creato, quel mondo celeste, perfettamente rotondo e liscio, in cui mare e terra si scambiavano reciproci equilibri, e rimase a pensare per qualche istante. Poi, prima di farsi prendere da nuovi ripensamenti, si mise alla caccia degli uomini. Li cercò ovunque, rovistando i boschi e rastrellando le giungle. Prima con pazienza poi con sempre maggior affanno. Doveva essere svelto, perché quelli si sarebbero moltiplicati molto in fretta e presto avrebbero
Torre di Lavina da Punta Arbella |
Dio, allora, preoccupato che qualcuno gli sfuggisse, prese a menare gran fendenti con quelle sue mani misericordiose, ma pesanti. Ogni colpo causava terribili stravolgimenti: intere isole sprofondavano, lunghissimi fiumi cambiavano percorso, si crearono deserti dove c’erano paludi e immense pianure si ricoprivano di polvere. I colpi erano così forti che i continenti addirittura si scontravano gli uni contro gli altri.
E ogni volta che le enormi masse cozzavano, a causa degli urti la terra si accavallava su se stessa innalzandosi verso il cielo e ricoprendosi subito di neve e ghiacci. Ma Dio, concentrato nella caccia, e quasi accecato dagli spruzzi che ad ogni colpo si sollevavano dagli oceani, non si accorgeva di nulla. In breve ebbe finito. O quasi. I pochi uomini che ancora resistevano, si rifugiavano all’ombra di quelle escrescenze di roccia e terra che Egli aveva involontariamente creato. Non appena li ebbe individuati, alzò la mano divina per schiacciarli. E stava per abbatterla, quando si accorse, per l’appunto, delle montagne. Osservò dapprima con curiosità quelle protuberanze che sembravano protendersi verso di Lui (non si ricordava di aver creato nulla di simile), poi con interesse, e infine con un piacere che non riusciva a spiegarsi. Scoprì i ghiacciai e rimase profondamente colpito dal disegno delle morene e dal fascino maligno dei crepacci. Ammirò le guglie più alte e affilate e si lasciò intenerire dalla dolcezza dei pascoli estivi. Si impressionò quando udì il tuono delle valanghe e si commosse quando scoprì laghetti grandi come lacrime e animali che saltavano docili tra le rocce. Sorrise persino quando trovò foreste di larici ricoperte di oro zecchino. Per tutto quel giorno non fece più nulla e rimase a contemplare in silenzio le sue montagne. Il giorno seguente era ancora lì. E ci rimase a lungo. Fu così che Dio si dimenticò degli uomini.
I rifugi del Canavese
Nei rifugi è sugo di pomodoro, nei bivacchi, invece, l’odore prevalente è quello del legno misto alla polvere e all’olio con il quale, ogni tanti anni, si ungono i cardini di porta e brande.
Sono aromi cari a chi sale in montagna. E catturarli con il fiato ancora corto per la marcia, riporta immediatamente a precedenti visite. Frammenti di escursioni, ricordi che spuntano improvvisi e a volte un po’ dolorosi, perché restituiscono la misura del tempo che è passato. Quell’altra volta il bivacco Giraudo magari era arancione, il Carpano era proprio un'altra cosa e al Pontese non c’era nessuno, anche se era domenica, anche se era agosto.
Sono tanti i rifugi dalle nostre parti; se provi a dirli tutti senza guardare la cartina finisce che ti perdi in qualche valle e non ti tornano i conti. Ma basta una sbirciatina sulla mappa per rivedere con la memoria i trampoli che reggono il Pocchiola Meneghello o quella brutta botte gialla che è il bivacco Davito, con la porta che non si chiude in nessun modo. Si dovrebbero ringraziare uno per uno questi rifugi e bivacchi, che offrono un ricovero dal sole, dalla notte, dalla stanchezza e persino dalla paura.
Anche parlarne è bello. Conosci una persona, scopri che ha dormito in quel bivacco sperduto sotto il ghiacciaio di Ciardonney, proprio il giorno dopo che ci sei stato tu. E allora quello sconosciuto è già più vicino e ispira fiducia. Un po’ come quando si scopre di avere in comune un caro amico.
Ed infatti, è proprio così.
Sono aromi cari a chi sale in montagna. E catturarli con il fiato ancora corto per la marcia, riporta immediatamente a precedenti visite. Frammenti di escursioni, ricordi che spuntano improvvisi e a volte un po’ dolorosi, perché restituiscono la misura del tempo che è passato. Quell’altra volta il bivacco Giraudo magari era arancione, il Carpano era proprio un'altra cosa e al Pontese non c’era nessuno, anche se era domenica, anche se era agosto.
Sono tanti i rifugi dalle nostre parti; se provi a dirli tutti senza guardare la cartina finisce che ti perdi in qualche valle e non ti tornano i conti. Ma basta una sbirciatina sulla mappa per rivedere con la memoria i trampoli che reggono il Pocchiola Meneghello o quella brutta botte gialla che è il bivacco Davito, con la porta che non si chiude in nessun modo. Si dovrebbero ringraziare uno per uno questi rifugi e bivacchi, che offrono un ricovero dal sole, dalla notte, dalla stanchezza e persino dalla paura.
Anche parlarne è bello. Conosci una persona, scopri che ha dormito in quel bivacco sperduto sotto il ghiacciaio di Ciardonney, proprio il giorno dopo che ci sei stato tu. E allora quello sconosciuto è già più vicino e ispira fiducia. Un po’ come quando si scopre di avere in comune un caro amico.
Ed infatti, è proprio così.
lunedì 29 dicembre 2014
Patate e carciofi al parmigiano finto
Ingredienti:
- un etto abbondante o anche due di parmigiano finto grattugiato da 9,80 il chilo.
- una crosta di parmigiano reggiano doc dop
- un po' di prezzemolo
- 6 o 7 patate medie
- una busta di carciofi surgelati Orogel da 300 gr in offerta a 1,89
- olio qb (quello buono?)
- uno spicchietto d'aglio
- pan grattato
Dunque, sbucciate e fate lessare nella pentola a pressione le patate. Regolate l'orologio in modo che non escano devastate, di quelle che infili la forchetta e si spaccano, le tiri su col cucchiaio e si versano, le prendi con il mestolo ed esplodono, le afferri con le mani e colano nel polsino della camicia. Se sono troppo cotte, cuocetene delle altre. Qui non vogliamo puré.
Per essere perfette, le patate devono provocare ustioni di non più di secondo/terzo grado e la consistenza deve permettervi di farne dei cubetti o delle fettine.
Con le stesse mani, magari facendo attenzione a non toccare nulla con la pomata anti scottature, aprite la busta di carciofi e versate il contenuto in uno scolapasta, dove i carciofi vanno bonificati con acqua corrente, in modo da portar via un po' di carica batterica. (se costano poco un motivo ci sarà)
Sempre con le stesse mani, mettete In un tegame un filo d'olio e fate dorare l'aglio tritato. L'aglio non è indispensabile, ma io lo metto anche nel tiramisu, A maggior ragione sta bene qui.
Quando la poltiglia d'aglio ha impregnato ben bene l'olio, mettete a cuocere i carciofi. Coperchiate e mescolate di tanto in tanto. Dieci minuti dovrebbero bastare.
Intanto, grattugiate il parmigiano finto (possibilmente con un attrezzo elettrico) e preparate la teglia con carta da forno sul fondo. Olio e spolverata di pan grattato.
Il prezzemolo lo avete tritato? Tritatelo.
Facciamo finta che i carciofi non si siano attaccati al tegame e che le patate siano ancora trattabili e di un bel color cellulite. Componete uno strato di patate e carciofi, coprite con parmigiano finto, un po' di prezzemolo e pan grattato. Poi componete il secondo strato, uguale al primo e sul pan grattato finale versate un po' d'olio.
Mettete nel fornetto elettrico che si scalda in un amen a 200 gradi per 15 - 20 minuti..Ogni tanto controllate che la superficie non annerisca. Io non mi prendo responsabilità.
Quando sfornate, mettete nei pressi la crosta di Parmigiano Reggiano doc e dop da 26 euro al chilo e fate la foto.
- un etto abbondante o anche due di parmigiano finto grattugiato da 9,80 il chilo.
- una crosta di parmigiano reggiano doc dop
- un po' di prezzemolo
- 6 o 7 patate medie
- una busta di carciofi surgelati Orogel da 300 gr in offerta a 1,89
- olio qb (quello buono?)
- uno spicchietto d'aglio
- pan grattato
Dunque, sbucciate e fate lessare nella pentola a pressione le patate. Regolate l'orologio in modo che non escano devastate, di quelle che infili la forchetta e si spaccano, le tiri su col cucchiaio e si versano, le prendi con il mestolo ed esplodono, le afferri con le mani e colano nel polsino della camicia. Se sono troppo cotte, cuocetene delle altre. Qui non vogliamo puré.
Per essere perfette, le patate devono provocare ustioni di non più di secondo/terzo grado e la consistenza deve permettervi di farne dei cubetti o delle fettine.
Con le stesse mani, magari facendo attenzione a non toccare nulla con la pomata anti scottature, aprite la busta di carciofi e versate il contenuto in uno scolapasta, dove i carciofi vanno bonificati con acqua corrente, in modo da portar via un po' di carica batterica. (se costano poco un motivo ci sarà)
Sempre con le stesse mani, mettete In un tegame un filo d'olio e fate dorare l'aglio tritato. L'aglio non è indispensabile, ma io lo metto anche nel tiramisu, A maggior ragione sta bene qui.
Quando la poltiglia d'aglio ha impregnato ben bene l'olio, mettete a cuocere i carciofi. Coperchiate e mescolate di tanto in tanto. Dieci minuti dovrebbero bastare.
Intanto, grattugiate il parmigiano finto (possibilmente con un attrezzo elettrico) e preparate la teglia con carta da forno sul fondo. Olio e spolverata di pan grattato.
Il prezzemolo lo avete tritato? Tritatelo.
Facciamo finta che i carciofi non si siano attaccati al tegame e che le patate siano ancora trattabili e di un bel color cellulite. Componete uno strato di patate e carciofi, coprite con parmigiano finto, un po' di prezzemolo e pan grattato. Poi componete il secondo strato, uguale al primo e sul pan grattato finale versate un po' d'olio.
Mettete nel fornetto elettrico che si scalda in un amen a 200 gradi per 15 - 20 minuti..Ogni tanto controllate che la superficie non annerisca. Io non mi prendo responsabilità.
Quando sfornate, mettete nei pressi la crosta di Parmigiano Reggiano doc e dop da 26 euro al chilo e fate la foto.
Uova negative
Il nome di un piatto è importante, "Uova negative" mi sembra che contenga in sé il germe di un gioioso appetito.
Il fatto è che oggi ho tempo zero. Per tutto.
Quindi fotografo di corsa queste uova negative, o uova invertite, o ancora, uova finte o uova al contrario.
In realtà non sono affatto uova.
Ingredienti: 3 tomini del boscaiolo Longo
3-4 carote
una cipollona
olio
pepe no
aglio no (giusto un'idea se non resistete)
un cucchiaino di salsa di soia
sale (per chi se ne fotte delle arterie e non teme l'ipertensione)
Soffriggere la cipolla dopo averla tritata velocemente nel mixer. Buttarla nell'olio caldo ma se avete fretta, anche tiepido. Aspettare che la cipolla appassisca (avendo giorni a disposizione) e buttate le carote dopo averle tritate nel mixer.
A fuoco massimo sulla piastra grande, fiamma enorme, far cuocere il tutto agitandosi, perché il composto continua a seccare invece di dorarsi. Tenere a portata di mano dell'acqua (un estintore sarebbe esagerato)
Se il tutto non brucia, dividete il rosso duovo (che sarebbero le carote) in tre mucchietti e appoggiatevi sopra i tomini del boscaiolo, facendo in modo che risultino in centro..Schiacciarli giù, in modo che sembrino tuorli circondati da albume. Abbassate il fuoco al minimo, coprite e aspettate che i tomini si sciolgano un po'.
Fotografate prima che prolassino.
Se vi ricordate (io per esempio mi sono dimenticato prima della foto) aggiungere una goccia di Tamari (salsa di soja scura) nel centro dell'uovo, così sembra che l'uovo sia anche "gallato". Una vera finezza, che mio figlio 3 apprezza.
Frittata alla pasta vecchia
Per fare questa frittata, essere sposati non è indispensabile, ma aiuta.
INGREDIENTI:
- 3 uova
- Parmigiano finto
- Olio di oliva
- Un contenitore di plastica con tappo, appannato, con dentro un bel po' di pasta condita con il pesto. Nel mio caso lo ha trovato mia moglie in frigo (vedi la premessa) e ha chiesto: "Ma da quand'è che è qui questa pasta"? Dopo di che l'ha presa per buttarla, ma poi si è distratta e la pasta è tornata in frigo fino al giorno dopo.
- Patate e fagiolini lessi (anche da pochi giorni o poche ore)
TEMPO DI PREPARAZIONE: 2 giorni
Primo giorno: ritrovare l'avanzo di pasta
Secondo giorno:
Mettere in una padella l'olio. Quando è caldo buttare la pasta al pesto, dopo aver eventualmente eliminato la leggera (e del tutto naturale) fioritura bianca. Tanto il calore dell'olio brucia tutto.
Aggiungere le patate lesse (poche) tagliate a pezzetti e i fagiolini (pochissimi). La frittata è ancora più buona senza patate e fagiolini, ma non sarebbe una vera frittata alla pasta al pesto. Io li ho messi.
Rosolate bene il tutto, in modo che il fuoco purifichi quel che c'è da purificare. Intanto, in una ciotola che poi puzzerà di uovo per sempre versate il contenuto delle uova e sbattete con una forchetta aggiungendo il parmigiano finto e un pizzico di sale. Se la parte liquida è poca rispetto alla massa rosolante, allungate le uova con albume. Quindi versate l'uovo sbattuto sopra la pasta e patate e con un cucchiaio livellate bene. Regolate la fiamma piccola.
Coperchiate e dopo 5 minuti aprite per vedere se ha fatto un po' di crosta sopra. Non l'ha fatta. Ricoprite e aspettate altri 5 minuti, quindi sollevate il coperchio e vedrete che ancora la crosta non c'è. Potete aumentare il gas, ma lo fate a vostro rischio.
Prima o poi il soffitto della frittata diventa un minimo consistente. E' il momento per voltare la frittata. Ci sono due modi.
A) Con la mano sinistra appoggiata sull'anca sinistra e la padella impugnata saldamente nella destra, si esegue un movimento di polso alla Rocco Siffredi tentando di far volare la frittata in un volo carpiato. Ma.
a1) in genere la frittata non si stacca dalla padella. a2) se decolla, solitamente ricade dallo stesso lato, schizzando l'olio in giro. a3) il più delle volte si scompone in volo come un fuoco d'artificio.
Per questo io seguo il metodo B
B) Con una paletta e con un sacco di bestemmie si stacca la frittata dal fondo della antiaderente. Si impugna il coperchio con la sinistra tenendo la parte interna rivolta verso l'alto. Con la destra si tenta di far slittare la frittata sul coperchio. A me riesce una volta su tre. Quando non riesce è perché la frittata si spacca come un campo a Fukushima dopo il terremoto e rimane ghigliottinata dai bordi della padella; oppure, b2, la frittata porta ocn sé sul coperchio un sacco di olio bollente, il quale cola fuori dal coperchio e si raccoglie sulla pelle dell'avanbraccio, appena sotto il polso.
La frittata è finita. Io non l'ho assaggiata, ma i figli hanno detto che era buonissima e persino la moglie. (quella che pensa di aver buttato via la pasta).
La foto non è mia. La mia frittata è differente
INGREDIENTI:
- 3 uova
- Parmigiano finto
- Olio di oliva
- Un contenitore di plastica con tappo, appannato, con dentro un bel po' di pasta condita con il pesto. Nel mio caso lo ha trovato mia moglie in frigo (vedi la premessa) e ha chiesto: "Ma da quand'è che è qui questa pasta"? Dopo di che l'ha presa per buttarla, ma poi si è distratta e la pasta è tornata in frigo fino al giorno dopo.
- Patate e fagiolini lessi (anche da pochi giorni o poche ore)
TEMPO DI PREPARAZIONE: 2 giorni
Primo giorno: ritrovare l'avanzo di pasta
Secondo giorno:
Mettere in una padella l'olio. Quando è caldo buttare la pasta al pesto, dopo aver eventualmente eliminato la leggera (e del tutto naturale) fioritura bianca. Tanto il calore dell'olio brucia tutto.
Aggiungere le patate lesse (poche) tagliate a pezzetti e i fagiolini (pochissimi). La frittata è ancora più buona senza patate e fagiolini, ma non sarebbe una vera frittata alla pasta al pesto. Io li ho messi.
Rosolate bene il tutto, in modo che il fuoco purifichi quel che c'è da purificare. Intanto, in una ciotola che poi puzzerà di uovo per sempre versate il contenuto delle uova e sbattete con una forchetta aggiungendo il parmigiano finto e un pizzico di sale. Se la parte liquida è poca rispetto alla massa rosolante, allungate le uova con albume. Quindi versate l'uovo sbattuto sopra la pasta e patate e con un cucchiaio livellate bene. Regolate la fiamma piccola.
Coperchiate e dopo 5 minuti aprite per vedere se ha fatto un po' di crosta sopra. Non l'ha fatta. Ricoprite e aspettate altri 5 minuti, quindi sollevate il coperchio e vedrete che ancora la crosta non c'è. Potete aumentare il gas, ma lo fate a vostro rischio.
Prima o poi il soffitto della frittata diventa un minimo consistente. E' il momento per voltare la frittata. Ci sono due modi.
A) Con la mano sinistra appoggiata sull'anca sinistra e la padella impugnata saldamente nella destra, si esegue un movimento di polso alla Rocco Siffredi tentando di far volare la frittata in un volo carpiato. Ma.
a1) in genere la frittata non si stacca dalla padella. a2) se decolla, solitamente ricade dallo stesso lato, schizzando l'olio in giro. a3) il più delle volte si scompone in volo come un fuoco d'artificio.
Per questo io seguo il metodo B
B) Con una paletta e con un sacco di bestemmie si stacca la frittata dal fondo della antiaderente. Si impugna il coperchio con la sinistra tenendo la parte interna rivolta verso l'alto. Con la destra si tenta di far slittare la frittata sul coperchio. A me riesce una volta su tre. Quando non riesce è perché la frittata si spacca come un campo a Fukushima dopo il terremoto e rimane ghigliottinata dai bordi della padella; oppure, b2, la frittata porta ocn sé sul coperchio un sacco di olio bollente, il quale cola fuori dal coperchio e si raccoglie sulla pelle dell'avanbraccio, appena sotto il polso.
La frittata è finita. Io non l'ho assaggiata, ma i figli hanno detto che era buonissima e persino la moglie. (quella che pensa di aver buttato via la pasta).
La foto non è mia. La mia frittata è differente
Polpette di tofu
Il tofu, di per sé, sa di un cazzo (Sarebbe preferibile che le signore, a questa affermazione, non annuissero). Ma sono proteine e in qualche modo bisogna conciarlo. C'è una ricetta con cui si cuoce con i ceci e il porro, ma alla fine, se non lo sommergi di zenzero, continua a sapere di un cazzo. (Le signore continuino a rimanere indifferenti per favore)
Invece, non sono malaccio le polpette di tofu con olive.
Ingredienti:
- Un tofu (grande come un mezzo sapone di Marsiglia
- Un buon etto di Parmigiano finto
- Pangrattato
- Un Uovo o albume
- Pepe
- Ricotta, due cucchiai
- mezzo spicchio d'aglio
- 2 quadrotti di Philadelphia alle olive
- una manciata di olive denocciolate
- Qualche cappero
Mettere nel frullatore il sapone di Tofu tagliato a quadretti e frullarlo finché non si appiccica per bene alle pareti del mixer. Scendere la poltiglia in una ciotola che userete per l'impasto.
Riservate il medesimo trattamento al parmigiano finto, tagliato anch'esso a dadini. Quando avrete finito, vi accorgerete che sarebbe stato meglio tritare prima il parmigiano e poi il Tofu, perché il Tofu lascia il mixer umido e il parmigiano, soprattutto se finto, si bagna, si incolla alle pareti del mixer come fosse silicone, e non viene via facilmente.
Scendete nella ciotola anche il parmigiano finto.
Ora tritate le olive, che se le comprate snocciolate devono essere snocciolate. Se mentre le macinate con il frullatore sentite dei rumori assurdi, come sassate contro le vetrine durante una manifestazione NoTAV, significa che non tutte le olive erano snocciolate. Fermate immediatamente il mixer, come se si accendesse la spia dell'olio in auto, e fate due cose: 1a) se siete credenti, invocate Dio pregando che non si siano rovinate le lame del mixer, soprattutto se è di vostra moglie. 1b) se non siete credenti, limitatevi a nominare Dio più volte, condendolo come vi pare. 2) Ravanate nella poltiglia oleosa alla ricerca dei noccioli ed eliminateli.
Scendete anche il frullato di olive e capperi nella ciotola.
Aggiungete l'uovo, la ricotta, l'aglio tritato a mano e impastate, magari grattateci sopra il pepe (il sale lo do per scontato).
Nel frattempo, mettete su l'acqua per la pasta, perché soltanto con questo piatto non sfamate nessuno.
L'impasto sarà probabilmente umidiccio. Allora voi che fate? Aggiungete del pangrattato, ché il pane assorbe l'acqua e il tutto prende consistenza.
Altro pangrattato serve per impanare le polpette che appiattirete a mano e appoggerete su una padella antiaderente con olio caldo. (Su come far bruciare l'olio ho già detto in passato: basta distrarsi un momento con la tv o il Sudoku mentre vi sedete a fare pipì. Un attimo e quello brucia).
Basta: le polpette friggono. Bisogna girarle, ovviamente, che non sempre è semplicissimo perché se avete messo poco pangrattato, quelle tendono a prolassare e appena le toccate con un attrezzo da cucina si spappolano.
Facciamo che riuscite a friggerle bene. Non c'è altro da dire o da fare. Servitele.
Io non so come siano venute le mie oggi, perché è giovedì e sono a dieta Dukan, quindi non posso assaggiarle.
I miei le hanno mangiate e non mi hanno detto niente. Come al solito.
Invece, non sono malaccio le polpette di tofu con olive.
Ingredienti:
- Un tofu (grande come un mezzo sapone di Marsiglia
- Un buon etto di Parmigiano finto
- Pangrattato
- Un Uovo o albume
- Pepe
- Ricotta, due cucchiai
- mezzo spicchio d'aglio
- 2 quadrotti di Philadelphia alle olive
- una manciata di olive denocciolate
- Qualche cappero
Mettere nel frullatore il sapone di Tofu tagliato a quadretti e frullarlo finché non si appiccica per bene alle pareti del mixer. Scendere la poltiglia in una ciotola che userete per l'impasto.
Riservate il medesimo trattamento al parmigiano finto, tagliato anch'esso a dadini. Quando avrete finito, vi accorgerete che sarebbe stato meglio tritare prima il parmigiano e poi il Tofu, perché il Tofu lascia il mixer umido e il parmigiano, soprattutto se finto, si bagna, si incolla alle pareti del mixer come fosse silicone, e non viene via facilmente.
Scendete nella ciotola anche il parmigiano finto.
Ora tritate le olive, che se le comprate snocciolate devono essere snocciolate. Se mentre le macinate con il frullatore sentite dei rumori assurdi, come sassate contro le vetrine durante una manifestazione NoTAV, significa che non tutte le olive erano snocciolate. Fermate immediatamente il mixer, come se si accendesse la spia dell'olio in auto, e fate due cose: 1a) se siete credenti, invocate Dio pregando che non si siano rovinate le lame del mixer, soprattutto se è di vostra moglie. 1b) se non siete credenti, limitatevi a nominare Dio più volte, condendolo come vi pare. 2) Ravanate nella poltiglia oleosa alla ricerca dei noccioli ed eliminateli.
Scendete anche il frullato di olive e capperi nella ciotola.
Aggiungete l'uovo, la ricotta, l'aglio tritato a mano e impastate, magari grattateci sopra il pepe (il sale lo do per scontato).
Nel frattempo, mettete su l'acqua per la pasta, perché soltanto con questo piatto non sfamate nessuno.
L'impasto sarà probabilmente umidiccio. Allora voi che fate? Aggiungete del pangrattato, ché il pane assorbe l'acqua e il tutto prende consistenza.
Altro pangrattato serve per impanare le polpette che appiattirete a mano e appoggerete su una padella antiaderente con olio caldo. (Su come far bruciare l'olio ho già detto in passato: basta distrarsi un momento con la tv o il Sudoku mentre vi sedete a fare pipì. Un attimo e quello brucia).
Basta: le polpette friggono. Bisogna girarle, ovviamente, che non sempre è semplicissimo perché se avete messo poco pangrattato, quelle tendono a prolassare e appena le toccate con un attrezzo da cucina si spappolano.
Facciamo che riuscite a friggerle bene. Non c'è altro da dire o da fare. Servitele.
Io non so come siano venute le mie oggi, perché è giovedì e sono a dieta Dukan, quindi non posso assaggiarle.
I miei le hanno mangiate e non mi hanno detto niente. Come al solito.
Crostata Eli
Come sempre, quando accendo il forno, faccio una torta principale e una torta di back-up, perché non si sa mai. E faccio sempre bene.
Oggi la torta principale è una crostata. La mia prima crostata. La ricetta è gentilmente offerta da una mia amica e, pensando di farle cosa sgradita, la divulgo qui di seguito, con i miei commenti. Per distinguere ricetta e commenti, sacro e profano, lascio una riga di spazio.
L'impasto:
il giorno prima metti in una ciotola ampia 300 gr di farina, un pizzico di sale, un uovo intero e un tuorlo (non buttare l'albume, ti servirà in seguito). Unisci 150 gr di burro fuso e fatto raffreddare e 150 gr di zucchero. Impasta bene e lascia riposare in frigo tutta la notte ricoprendolo di cellofane.
Fatto tutto. Perfetto. Nessunissimo problema. È una ricetta semplice ed è spiegata molto bene.
Il giorno successivo (è importante il riposo di un giorno o di mezza giornata) imburra una teglia da crostata, prendi la palla che hai creato e usane due terzi o meglio metà (vai a occhio, pensa che con l'altra parte devi creare i rotolini da posizionare in reticolo e uno più lungo per il perimetro di tutta la crostata).
Con i pollici stendi la base (puoi usare il mattarello e poi usare le dita, io non voglio che sia molto spessa).
I pollici sono forse gli arti che ho usato di meno. La palla di pasta frolla, rimanendo in frigo quasi 24 ore, è diventata così dura che potrebbe essere usata come boccia da curling. Per staccarla dalla ciotola in cui l'avevo riposta con tanta fiducia, ho dovuto fare leva con il manico dello schiaccianoci. La cosa non è lavorabile con armi convenzionali. Per appiattirla, (rifiutandomi di tirar fuori mattarello e asse di legno, perché poi toccherebbe lavarli e io sono pigro) si possono usare i pugni, i gomiti e anche le ginocchia. Io ho resistito alla tentazione di mettere il masso nel microonde, ma potrebbe essere un'idea. Dopo un po', comunque, la cosa si ammorbidisce e si lascia stendere.
Ho usato una teglia di vetro e l'ho imburrata come una scaloppina, ma la pasta, una volta che si è ammorbidita, è appiccicosa come silicone e per staccare la crostata, alla fine si è costretti a spaccare il vetro.
Ora prendi la marmellata (preferisco quella di fragole, piace a tutti, soprattutto agli uomini), stendila (uno strato non troppo spesso per non esagerare con il dolce che poi infastidisce). Non arrivare vicino al bordo.
Mettere la marmellata è troppo facile, tanto che mi chiedo cosa posso aver sbagliato.
Poi comincia a prendere pezzetti di pasta che velocemente (non scaldarli troppo tra le mani) fai diventare dei rotolini (per il loro diametro ricorda che poi con il calore si gonfiano quindi non esagerare), crea dei reticoli prima in un verso e poi nell'altro.
La mia pasta ormai è quasi liquida e non c'è modo di fare dei rotolini. Sembrano più serpenti con il topo dentro, che cilindretti. Per produrli l'unico modo è tenerli per la coda, sospesi in verticale e quelli si allungano verso il basso attirati dalla forza di gravità. Uno si spezza e cade al suo posto. Strano. Gli altri no.
solo alla fine metti il rotolino della circonferenza del bordo (per nascondere le punte delle striscioline). Spero che la pasta ti sia bastata.
Ecco, sì alla fine è bastata e anzi, con gli avanzi ho fatto 4 capezzolini che ho appoggiato nel mezzo.
Con i rebbi di una forchetta (i rebbi? Gesù!) crea le decorazioni perpendicolari al bordo schiacciando un po' la pasta della circonferenza.
Altro errore da me commesso. Per creare i solchetti decorativi ho spinto verso il basso e il rotolino di circonferenza è sprofondato, inabissandosi.
Spalma l'albume che hai conservato con i tuo dito (se hai un pennello sei uno chef)su tutta la pasta che vedi.
Non ho un pennello da chef, ma quelli normali da pittura li pulisco bene dalla vernice altrimenti si induriscono e poi devo buttarli via.
Fine!
Metti in forno a 180 gradi. 20 minuti coprendo la crostata con la carta forno e 20 minuti togliendo la carta. Controlla gli ultimi 5 minuti che non si abbrustolisca troppo (dipende dalla potenza del forno), a me comunque non piace cadaverica ma colorata perché diventa più gustosa e croccante.
Tolta la carta da forno. Dopo 20+20 minuti, a me la pasta sembra più molle che mai. La lascio ancora un po'? Non è che dovrà raffreddare per diventare crosta? Io altri 10 minuti glieli concedo.
La spaccatura evidente in foto sulla superficie della torta di back-up è un fenomeno ben noto ai geologi e si chiama frattura endogena. Qui la causa non è tanto la deriva dei continenti, quanto quel cucchiaino di lievito non richiesto e non gradito dagli altri ingredienti, che ho voluto aggiungere per tirarla un po' su.
Due torte producono un quantitativo di profumo difficile da smaltire, ma il rimedio c'è. Io, per esempio, pulisco e metto a cuocere i broccoli nella pentola a pressione. Poi la faccio sfiatare allegramente per 5 minuti
Oggi la torta principale è una crostata. La mia prima crostata. La ricetta è gentilmente offerta da una mia amica e, pensando di farle cosa sgradita, la divulgo qui di seguito, con i miei commenti. Per distinguere ricetta e commenti, sacro e profano, lascio una riga di spazio.
L'impasto:
il giorno prima metti in una ciotola ampia 300 gr di farina, un pizzico di sale, un uovo intero e un tuorlo (non buttare l'albume, ti servirà in seguito). Unisci 150 gr di burro fuso e fatto raffreddare e 150 gr di zucchero. Impasta bene e lascia riposare in frigo tutta la notte ricoprendolo di cellofane.
Fatto tutto. Perfetto. Nessunissimo problema. È una ricetta semplice ed è spiegata molto bene.
Il giorno successivo (è importante il riposo di un giorno o di mezza giornata) imburra una teglia da crostata, prendi la palla che hai creato e usane due terzi o meglio metà (vai a occhio, pensa che con l'altra parte devi creare i rotolini da posizionare in reticolo e uno più lungo per il perimetro di tutta la crostata).
Con i pollici stendi la base (puoi usare il mattarello e poi usare le dita, io non voglio che sia molto spessa).
I pollici sono forse gli arti che ho usato di meno. La palla di pasta frolla, rimanendo in frigo quasi 24 ore, è diventata così dura che potrebbe essere usata come boccia da curling. Per staccarla dalla ciotola in cui l'avevo riposta con tanta fiducia, ho dovuto fare leva con il manico dello schiaccianoci. La cosa non è lavorabile con armi convenzionali. Per appiattirla, (rifiutandomi di tirar fuori mattarello e asse di legno, perché poi toccherebbe lavarli e io sono pigro) si possono usare i pugni, i gomiti e anche le ginocchia. Io ho resistito alla tentazione di mettere il masso nel microonde, ma potrebbe essere un'idea. Dopo un po', comunque, la cosa si ammorbidisce e si lascia stendere.
Ho usato una teglia di vetro e l'ho imburrata come una scaloppina, ma la pasta, una volta che si è ammorbidita, è appiccicosa come silicone e per staccare la crostata, alla fine si è costretti a spaccare il vetro.
Ora prendi la marmellata (preferisco quella di fragole, piace a tutti, soprattutto agli uomini), stendila (uno strato non troppo spesso per non esagerare con il dolce che poi infastidisce). Non arrivare vicino al bordo.
Mettere la marmellata è troppo facile, tanto che mi chiedo cosa posso aver sbagliato.
Poi comincia a prendere pezzetti di pasta che velocemente (non scaldarli troppo tra le mani) fai diventare dei rotolini (per il loro diametro ricorda che poi con il calore si gonfiano quindi non esagerare), crea dei reticoli prima in un verso e poi nell'altro.
La mia pasta ormai è quasi liquida e non c'è modo di fare dei rotolini. Sembrano più serpenti con il topo dentro, che cilindretti. Per produrli l'unico modo è tenerli per la coda, sospesi in verticale e quelli si allungano verso il basso attirati dalla forza di gravità. Uno si spezza e cade al suo posto. Strano. Gli altri no.
solo alla fine metti il rotolino della circonferenza del bordo (per nascondere le punte delle striscioline). Spero che la pasta ti sia bastata.
Ecco, sì alla fine è bastata e anzi, con gli avanzi ho fatto 4 capezzolini che ho appoggiato nel mezzo.
Con i rebbi di una forchetta (i rebbi? Gesù!) crea le decorazioni perpendicolari al bordo schiacciando un po' la pasta della circonferenza.
Altro errore da me commesso. Per creare i solchetti decorativi ho spinto verso il basso e il rotolino di circonferenza è sprofondato, inabissandosi.
Spalma l'albume che hai conservato con i tuo dito (se hai un pennello sei uno chef)su tutta la pasta che vedi.
Non ho un pennello da chef, ma quelli normali da pittura li pulisco bene dalla vernice altrimenti si induriscono e poi devo buttarli via.
Fine!
Metti in forno a 180 gradi. 20 minuti coprendo la crostata con la carta forno e 20 minuti togliendo la carta. Controlla gli ultimi 5 minuti che non si abbrustolisca troppo (dipende dalla potenza del forno), a me comunque non piace cadaverica ma colorata perché diventa più gustosa e croccante.
Tolta la carta da forno. Dopo 20+20 minuti, a me la pasta sembra più molle che mai. La lascio ancora un po'? Non è che dovrà raffreddare per diventare crosta? Io altri 10 minuti glieli concedo.
La spaccatura evidente in foto sulla superficie della torta di back-up è un fenomeno ben noto ai geologi e si chiama frattura endogena. Qui la causa non è tanto la deriva dei continenti, quanto quel cucchiaino di lievito non richiesto e non gradito dagli altri ingredienti, che ho voluto aggiungere per tirarla un po' su.
Due torte producono un quantitativo di profumo difficile da smaltire, ma il rimedio c'è. Io, per esempio, pulisco e metto a cuocere i broccoli nella pentola a pressione. Poi la faccio sfiatare allegramente per 5 minuti
Spaghetti alla carbonara vegetariana
A parte cuocete gli spaghetti, ma dopo.
Prima, in una ciotola mettete delle uova, del pecorino e del pepe, proprio come quando si fa la carbonara. Uova quante? Diciamo un uovo a testa? Se le uova sono quattro, direi 3 uova e un rosso.
Sbattete bene uova, pecorino e pepe. Sbattete, sbattete e sbattete e quando siete stanchi versate il tutto sui dadini di zucchino.
Cazzata galattica! In questo modo l'uovo si rapprende subito e insieme agli zucchini dorati forma quella che sarebbe una frittata di zucchini. Ormai è fatta. Quindi, velocemente, ma molto molto velocemente affettate l'altro zucchino, fatelo a cubetti e rifriggetelo.
Quando si dorerà (cioè mai) spegnete e mettete la padella all'aperto, sperando che sia inverno e si raffreddi.
La pasta, per puro culo non l'avevate già buttata giù e quindi non è scotta. Agnesi? Ma chissenefrega! Non c'è tempo, dovete rigrattare il pecorino, che intanto è finito nella frittata. Usate parmigiano finto che va bene lo stesso. Non dimenticate il pepe e recuperate anche l'albume di prima, che tanto sono tutte cazzate.
Scolate gli spaghetti e versateli umidicci nella padella del secondo zucchino. Mescolate un po', così si raffreddano un po'. Poi versate il composto di uovo formaggi vari e pepe.
Mescolate a fuoco basso o forte o spento. Dipende se volete fare anche la frittata di pasta.
Servite a tavola prima gli spaghetti e poi la frittata.
Buono, anche se nelle frittata di zucchini c'è troppo pepe e si sente che mancano le cipolle.
Torta carote e nocciole
Allora, si prendono 500 gr di carote, si lavano e si gratta via lo sporco. Poi si tritano nel frullino. Alla fine sembrano decisamente troppe e allora se ne toglie un po' diciamo un paio di cucchiai belli pieni se ne vanno.
Si rompono le nocciole per averne 150 grammi, ma a metà ci si accorge di averne un sacchetto già pronto in casa. E sono pure già tostate. Allora si macinano e si buttano insieme alle carote.
4 uova. Si rompono e si separa il bianco dal rosso. Un rosso cade nel lavandino. Non cercate di recuperarlo perché non si farà prendere. Prendete un altro uovo, e dell'albume in più che avanzerà non so che dirvi.
Montare con le fruste elettriche (si trovano anche nei pornoshop per il BSDM) i tuorli con 150 gr di zucchero (io faccio 140) fino a che viene una bella crema e tenerla da parte.
Nel catino dove avete messo le carote e le nocciole aggiungete 75 gr di farina e 75 di maizena o fecola di patate. Mescolate l'impasto e non fatevi prendere dal panico quando vedrete che è molto liquido. Io mi sono fatto prendere dal panico e ho aggiunto due cucchiai di farina lievitante.
Aggiungere i rossi montati e mescolare a mano o con lo sbattitore.
Dopo un po' versare il tutto in una ciotolona e incorporare i 4 albumi montati a neve. Mescolare dal basso verso l'alto per il motivo che sanno tutti ma che adesso mi sfugge.
Io l'ho fatto e non ho sbagliato.
Versare il tutto in una tortiera da 24 e infornare a 180 gradi per un tempo che varia da 40 a 60 minuti. Dipende da un sacco di cose, se il forno è elettrico, se è ventilato ecc
Buona.
Si rompono le nocciole per averne 150 grammi, ma a metà ci si accorge di averne un sacchetto già pronto in casa. E sono pure già tostate. Allora si macinano e si buttano insieme alle carote.
4 uova. Si rompono e si separa il bianco dal rosso. Un rosso cade nel lavandino. Non cercate di recuperarlo perché non si farà prendere. Prendete un altro uovo, e dell'albume in più che avanzerà non so che dirvi.
Montare con le fruste elettriche (si trovano anche nei pornoshop per il BSDM) i tuorli con 150 gr di zucchero (io faccio 140) fino a che viene una bella crema e tenerla da parte.
Nel catino dove avete messo le carote e le nocciole aggiungete 75 gr di farina e 75 di maizena o fecola di patate. Mescolate l'impasto e non fatevi prendere dal panico quando vedrete che è molto liquido. Io mi sono fatto prendere dal panico e ho aggiunto due cucchiai di farina lievitante.
Aggiungere i rossi montati e mescolare a mano o con lo sbattitore.
Dopo un po' versare il tutto in una ciotolona e incorporare i 4 albumi montati a neve. Mescolare dal basso verso l'alto per il motivo che sanno tutti ma che adesso mi sfugge.
Io l'ho fatto e non ho sbagliato.
Versare il tutto in una tortiera da 24 e infornare a 180 gradi per un tempo che varia da 40 a 60 minuti. Dipende da un sacco di cose, se il forno è elettrico, se è ventilato ecc
Buona.
Fusilli ai peperoni piccoli
Per cominciare, fusilli ai peperoni piccoli.
Ecco la ricetta (inventata oggi facendo la spesa al Gigante)
Prendete un peperone giallo piccolo e un peperone rosso piccolo. Oppure prendete un peperone normale che sia metà giallo e metà rosso.
Prendete un porro piccolo.
Fate un soffritto con il porro, intanto tritate con il coltellaccio il piccolo peperone rosso e il piccolo peperone giallo. Buttate nel soffritto la fanghiglia di peperone così ottenuta. Lasciate cuocere un po' allungando con qualcosa (io avevo una bottiglia aperta di spumante secco e ormai sbollicinato, avanzo di capodanno). Va bene qualsiasi cosa pur di non bruciare le verdure, anche acqua.
Quando il composto è cotto, aggiungere un etto di Philadelphia e grattare del finto parmigiano da mettere alla fine.
Praticamente siamo già alla fine, quindi aggiungere due belle manciate di finto parmigiano e mescolare il tutto.
Importante: già che spostate il colapasta con i fusilli dentro, che colano acqua in giro per la cucina, fatelo passare sopra la padella, così la piastra si sporca meno e un po' d'acqua di cottura finisce nella salsa. Buttate i fusilli cotti (4-500 gr) nella padella e, a fuoco basso, mescolate. Se non c'è nessuno che aspetta, mescolate bene. Se gli ospiti sono lì che guardano, bisogna sbrigarsi per non perdere popolarità.
Servire nei piatti e aggiungere altro finto parmigiano (Ad Alessandro Costa no, ché non gli piace).
Note: non ho parlato di sale perché a casa nostra non si usa. Forse sarebbe bene metterne un pizzico a livello soffritto.
Del secondo non parlo.
Ecco la ricetta (inventata oggi facendo la spesa al Gigante)
Prendete un peperone giallo piccolo e un peperone rosso piccolo. Oppure prendete un peperone normale che sia metà giallo e metà rosso.
Prendete un porro piccolo.
Fate un soffritto con il porro, intanto tritate con il coltellaccio il piccolo peperone rosso e il piccolo peperone giallo. Buttate nel soffritto la fanghiglia di peperone così ottenuta. Lasciate cuocere un po' allungando con qualcosa (io avevo una bottiglia aperta di spumante secco e ormai sbollicinato, avanzo di capodanno). Va bene qualsiasi cosa pur di non bruciare le verdure, anche acqua.
Quando il composto è cotto, aggiungere un etto di Philadelphia e grattare del finto parmigiano da mettere alla fine.
Praticamente siamo già alla fine, quindi aggiungere due belle manciate di finto parmigiano e mescolare il tutto.
Importante: già che spostate il colapasta con i fusilli dentro, che colano acqua in giro per la cucina, fatelo passare sopra la padella, così la piastra si sporca meno e un po' d'acqua di cottura finisce nella salsa. Buttate i fusilli cotti (4-500 gr) nella padella e, a fuoco basso, mescolate. Se non c'è nessuno che aspetta, mescolate bene. Se gli ospiti sono lì che guardano, bisogna sbrigarsi per non perdere popolarità.
Servire nei piatti e aggiungere altro finto parmigiano (Ad Alessandro Costa no, ché non gli piace).
Note: non ho parlato di sale perché a casa nostra non si usa. Forse sarebbe bene metterne un pizzico a livello soffritto.
Del secondo non parlo.
Pirilli alle trombette
Qualche settimana fa ho avuto la sensazione che mio figlio 1 (anni 20) non credesse più alle bistecche di Triceratopo e al vomito di Velociraptor, per cui ho cominciato a chiamare le cose con il loro nome, rispettivamente, melanzane e zucchine. La cosa non è piaciuta.
Per fare in modo che continuasse a mangiare le verdure, ieri mi sono inventato una ricettina.
Ingredienti:
- 4 trombette (zucchini a forma di grosso spermatozoo)
- Una cipolla e mezza
- un frullatore a immersione
- un taglia zucchini elettrico
- olio
- pasta grossa
- parmigiano finto
- pan grattato
Innanzi tutto tritare la cipolla e metterla in padella prima che l'olio bruci. Se sentite l'odore dell'olio risalire i turbinati delle narici, vuol dire che è già tardi. In quel caso, togliete la padella dal fuoco e aspettate un attimo prima di aggiungere le cipolle tritate.
Mentre la cipolla si ustiona, passate gli zucchini nella macchina che li taglia a dischetti. Io ne ho una presa con i punti Conad. Per tagliare, taglia; il problema è dove proietta le rotelle di zucchina: una buona metà finisce nel piatto, l'altra, per via della forza centrifuga finirebbe in terra. Non a me, perché io sto con la pancia schiacciata contro il piano di lavoro e faccio da sponda.
Per dischettare 4 trombette ci vuole tempo, quello giusto perché le cipolle siano tostate. Aggiungete gli zucchini e un cucchiaino di dado vegetale o sale.
Intanto fate cuocere la pasta. Non sto certo a dirvi come si fa. Vi dico solamente che ci vuole una pasta grossa. Non so il nome, ma pensate di tagliare un tratto di 4 cm di un tubo di gomma da giardino oppure provate a immaginare il pirillo di Brunetta e più o meno avrete capito.
4 etti di pasta vanno bene.
Mentre la pasta scuoce e gli zucchini attaccano, grattate una dose generosa di parmigiano finto.
Se pensate di avere il tempo di preparare una teglia con la carta da forno, vi sbagliate. Mentre tagliate la carta, gli zucchini bruciano e la pasta riprende il bollore spostando il coperchio, l'acqua tracima imbrattando di amido il piano della cucina. QUINDI: MAI RIMETTERE IL COPERCHIO SULLA PASTA DOPO AVERLA BUTTATA. MAI!
Prendere il frullatore a immersione e frullate gli zucchini, in modo che non si capisca più che sono zucchini. Scolare i pirilli.
Sistemare uno strato di pasta e livellare con la poltiglia verde frullata. Coprire con un velo di parmigiano finto. Altro strato di pasta, altro verde e altro parmigiano finto. Terzo strato, terza colata verde e parmigiano. Oliare un poco (poco) e coprire con pangrattato. Infornare.
Servire caldo. Ma non è finita. Alla domanda: “Che cos'è?” rispondere immediatamente: “Perché, non ti piace?” È una risposta sufficientemente lunga, perché in quei due secondi necessari a pronunciarla tutta, l'interesse per il cibo e per voi sarà già finito, totalmente risucchiato, catturato e monopolizzato dall'iphone. E potrete rilassarvi.
Merluzzo al latte
La foto non è mia perché sono pigro, non ho voglia di prendere la macchina e soprattutto perché le immagini di cibo o sono fatte da chi è capace o il cibo sembra già digerito. Ciò detto, si prende una padella con un diametro importante. Non la misuro perché dovrei alzarmi a cercare un metro e sono pigro. Diciamo: abbastanza grande.
Si prende un grosso spicchio d'aglio e lo si trita finemente. I miei figli, che hanno una vita adolescenziale o universitaria mi odiano per questo e non sono simpatico neanche alle loro fidanzate, ma io l'aglio lo metto dappertutto e abbondo anche.
Versate un paio di cucchiai di olio nella padella (un paio = tre) e quando è ben caldo buttate l'aglio tritato a dorare. Mentre quello sfrigola e riempie la casa di profumo e buon umore, tritate un bel mazzetto di prezzemolo. Io che sono pigro lo prendo direttamente dal vaso di mia madre che ha una certa età, e che, se non se lo trova più, magari crede di averlo usato. Ma voi potete comprarlo.
Quando il prezzemolo è pronto, vi coglierà il dubbio: “ma non bruceranno 'ste foglioline così piccole in quell'olio così caldo”? Certo che bruceranno, ma intanto è già bruciato l'aglio, per cui non farà nessuna differenza.
Mescolate velocemente prezzemolo e aglio nella padella in modo che si mescolino, e buttate i filetti di merluzzo, meglio se liberati dalla plastica. Coprite con un coperchio e abbassate la fiamma al minimo. Se il merluzzo è surgelato rilascerà dell'acquetta che eviterà la carbonizzazione.
Dopo qualche minuto, se proprio avete voglia, rigirate i filetti e prendete la bottiglia del latte dal frigo. Versate un po' di latte e mescolate. Il latte ha il difetto di scappare quando bolle, per questo non mettetene troppo. Non dovete fare un cappuccino. Aggiungete altro latte man mano che si secca. Finito. Spegnete. Il merluzzo cuoce in fretta e la pietanza è già pronta.
Si prende un grosso spicchio d'aglio e lo si trita finemente. I miei figli, che hanno una vita adolescenziale o universitaria mi odiano per questo e non sono simpatico neanche alle loro fidanzate, ma io l'aglio lo metto dappertutto e abbondo anche.
Versate un paio di cucchiai di olio nella padella (un paio = tre) e quando è ben caldo buttate l'aglio tritato a dorare. Mentre quello sfrigola e riempie la casa di profumo e buon umore, tritate un bel mazzetto di prezzemolo. Io che sono pigro lo prendo direttamente dal vaso di mia madre che ha una certa età, e che, se non se lo trova più, magari crede di averlo usato. Ma voi potete comprarlo.
Quando il prezzemolo è pronto, vi coglierà il dubbio: “ma non bruceranno 'ste foglioline così piccole in quell'olio così caldo”? Certo che bruceranno, ma intanto è già bruciato l'aglio, per cui non farà nessuna differenza.
Mescolate velocemente prezzemolo e aglio nella padella in modo che si mescolino, e buttate i filetti di merluzzo, meglio se liberati dalla plastica. Coprite con un coperchio e abbassate la fiamma al minimo. Se il merluzzo è surgelato rilascerà dell'acquetta che eviterà la carbonizzazione.
Dopo qualche minuto, se proprio avete voglia, rigirate i filetti e prendete la bottiglia del latte dal frigo. Versate un po' di latte e mescolate. Il latte ha il difetto di scappare quando bolle, per questo non mettetene troppo. Non dovete fare un cappuccino. Aggiungete altro latte man mano che si secca. Finito. Spegnete. Il merluzzo cuoce in fretta e la pietanza è già pronta.
sabato 27 dicembre 2014
Capodanni di merda
CAPODANNI DI MERDA
Come ogni anno ripropongo una simpatica iniziativa, ricordando i miei migliori Capodanni di merda, in modo che servano da esempio e ispirazione per i più giovani. La versione 2016 è aggiornata con due straordinari inediti
1967 anno più anno meno. Mi imbosco alla festa di mia cugina, spazzolo decine di tramezzini e vomito verso le 22 sul suo vestito da ballo.
1974. Dopo essere andati al cine a vedere I 3 giorni del Condor, finiamo tutti a casa di qualcuno. Qui si beve. Mi distraggo un attimo e dopo poco ti trovo il mio miglior amico G.B. che limona con la mia fidanzatina, F.G. Torno a casa e vomito tutta la notte.
1985. Con due amici finisco a Ceresole in una casa senza acqua né riscaldamento. Scendiamo a Locana dove ci hanno segnalato una festa. Ci imbuchiamo alla festa. Tutti seduti lungo il perimetro di una stanza. Sono tutti di CL. Cantiamo roba di chiesa per 10 minuti poi con la scusa di uscire a fumare scappiamo a morire assiderati nel nostro letto.
1987
Mia madre decide che devo mettermi con la figlia della lattaia (che non ho mai visto) "Vai in negozio prendi il latte e la conosci". Vado, la vedo e torno a casa. Dico a mia madre che sembra la figlia di Fantozzi. Lei mi chiede se ho alternative. Così, finisce che parto con la figlia della lattaia. L'ultimo ricordo che ho è il decollo da Linate per Monaco. Rientriamo il 2 a Caselle. Credo e mi auguro, ma ne sono abbastanza certo, che non sia successo nulla nell'intervallo.
1989
Offro una ripugnante performance sessuale decembrina con questa nuova amica. Ciò nonostante, lei mi propone ugualmente di accompagnarla a Budapest a Capodanno e io penso che sia per darmi una seconda possibilità. Trascorro invece 30 31 e 1 a elemosinare un po' di sesso e ottengo lo stesso successo di un posteggiatore abusivo nigeriano a Treviso.
1990
La collega P. con la quale ho rimediato una pessima performance sessuale in agosto, mi invita in montagna a Sauce d'Oulx. No, non è vero. Sono io che mi invito da lei. La sera vanno tutti a prendere l'aperitivo, io devo ancora fare la doccia. “Torniamo a prenderti per le dieci - dieci e mezzo e andiamo a San Sicario. Non esistevano ancora i telefonini. Verso mezzanotte sospetto che mi abbiano dimenticato, All'una salgo sulla mia A112 e torno a Torino.
1992. Durante il trasloco da una casa all'altra in Torino, io e la mia compagna (nel frattempo mi ero fidanzato) invitiamo un unico amico a cena per il 31. Dopo cena ci accomodiamo sui divani. Io e lei ci addormentiamo. Il nostro amico se ne va alle 23.
2005. A Favria.cenone italo-rumeno in cascina. Mangiamo seduti su panche senza schienale. Il cibo è tutto freddo e noi mangiamo con la giacca a vento addosso. Il vino è ghiacciato, i bambini corrono dentro e fuori lasciando sempre le porte aperte. La fiamma del camino si ghiaccia e si spezza. Figlio 3 è agitatissimo. Salta, corre, corre e salta. Finalmente a mezzanotte e dieci ci alziamo per andarcene. è allora che Figlio 3 vomita in 4 posti diversi. Puliamo fino alle 2.15
lunedì 22 dicembre 2014
IL Confessore
Ad un certo punto sopraggiunge
l'effetto “collezione”. È quello che ti spinge a continuare a
leggere i libri di un autore pur sapendo che non ha più nulla da
dare. Per me è il caso di Jo Nesbo. Ha inventato un personaggio, il
commissario Harry Hole e lo ha spremuto oltre il limite, fino a farlo
diventare ridicolo. Qualcuno deve avergli detto “E piantala!” e
lui ha pensato bene di rinnovarsi, senza peraltro riuscirci. Ha
cambiato nome al personaggio, ma si è portato dietro tutta
quell'atmosfera di decadenza narrativa con cui cercava di mantenersi
a galla negli ultimi episodi di Harry Hole. Esagerazioni, iperboli,
complotti incomprensibili, personaggi della Marvel, subdoli traditori
e segreti ai quali si potrebbe rispondere “chemmifrega?”
“Il Confessore” è di nuovo ed è ancora tutto questo: un thriller altamente improbabile in una Oslo
che Nesbo vuol far apparire come la parte più pericolosa del Bronx.
Ma passi. Passi anche se mi sono
divertito poco e sorpreso mai, passi anche se questo libro non mi ha
migliorato nemmeno un po'. Passi pure tutto, perché una collezione
non si discute, si fa. Non posso però perdonargli la lunghezza: 407
pagine. Sono tantissime quando un libro prende e non prende, quando
conti le pagine che ti separano dall'epilogo non perché ti dispiace,
ma perché non vedi l'ora. Alla fine ti senti in colpa, come se
avessi commesso un grave peccato, ed è così: tutto quel tempo,
investito in un libro così inutile, poteva essere impiegato meglio.
Servirebbe un Confessore. Ma non questo.
sabato 20 dicembre 2014
Non avevo capito niente
Sapete come si fa, no? Si dice: “leggo questo, poi quello e poi quell'altro. E, se quest'ultimo mi piace, allora leggo quell'altro ancora”. Voi non fate così? Nemmeno io.
Non riesco a rispettare la lista della spesa al supermercato, figuriamoci se seguo una pianificazione culturale di qualche tipo. Mi procuro quello che credo mi possa interessare e lo metto da parte, in fondo alle guance, come certi scoiattoli. Poi, rumino e quel che viene, viene.
Ecco, questo libro di De Silva è stato particolarmente sfigato, perché da quando me lo hanno regalato, un paio d'anni fa, ha girato tutta la casa: è stato avvistato su una mensola, su un davanzale, sul mio comodino, sotto il letto, in una libreria, in un'altra, nel portariviste del cesso e nella camera di un figlio (praticamente un altro cesso). Rischio di smarrimento 5 che di peggio c'è solo Salvini.
Non sto dicendo niente del libro, lo so. Ma faccio così quando un libro mi è piaciuto molto. Facile essere brillanti quando si è distruttivi, molto più complicato dire qualcosa di utile e divertente su un libro che si porta via il cattivo umore, anzi, fa ridere di gusto e poi fa anche riflettere. Magnifico il protagonista, l'avvocato Malinconico, ancora più belli alcuni personaggi di contorno, come il cane volpino della cooperativa e il camorrista Tricarico. Bella anche Napoli, tanto che mi è venuta voglia di visitarla. Magari, invece di andarci, ci torno, con il prossimo libro di De Silva.
Amore dispari
Di solito, sulla mia spalla destra c'è Aldo lo stronzo e sulla sinistra Aldo l'Illuso, che garantisce un certo equilibrio. Oggi l'Illuso era a tirare uova e il suo posto è stato preso da Aldo Pezzo di Merda. Mi dispiace.
Stz: Guarda, facciamo così. Quando c'è l'Illuso, lui dice le sue stronzate, io lo lascio dire ma poi scriviamo quello che dico io. Funziona bene, non cambiamo.
PdM: Cioè? Sono venuto qui per dare ragione a te?
Stz: Ah, perché? A te è piaciuto sto romanzo?
PdM: Neanche un po', non lo definirei neppure romanzo: è un raccontino.
Stz: Allora siamo d'accordo. Sintetizziamo: “Una merdina”. Fine commento.
PdM: Ok, ma argomentiamo.
Stz: Minchia che palle! Preferisco l'Illuso, che cazzo c'è da argomentare? È di una banalità sconcertante!
PdM: Ecco, banale è un'argomentazione. E in che cosa è banale?
Stz: La storia è piatta piatta: due si conoscono a causa di un incidente stradale (colpo di creatività! Mai visto prima!) si innamorano, ma lui ha 16 anni, lei 45 ed è sposata. Finisce che lei sta col marito e lui soffre come una bestia.
PdM: mhm
Stz: Che c'è? Non è banalità
PdM: Ci sono grandi romanzi con trame altrettanto semplici, ma non li definiresti mai banali.
Stz: Ma quelli sono scritti bene.
PdM: Perché? Questo è zeppo di errori?
Stz: Ci mancherebbero anche gli errori! No, è corretto, ma è scritto in modo piatto, manca tensione, manca la magia, manca quello che trasforma una cronaca in un libro. Ecco: manca l'arte.
PdM: bene, abbiamo argomentato. C'è però un po' di sesso, no?
Stz: boh... un minimo.
PdM: E ti sei eccitato?
Stz: Ma vaffanculo!
PdM: Cioè? Sono venuto qui per dare ragione a te?
Stz: Ah, perché? A te è piaciuto sto romanzo?
PdM: Neanche un po', non lo definirei neppure romanzo: è un raccontino.
Stz: Allora siamo d'accordo. Sintetizziamo: “Una merdina”. Fine commento.
PdM: Ok, ma argomentiamo.
Stz: Minchia che palle! Preferisco l'Illuso, che cazzo c'è da argomentare? È di una banalità sconcertante!
PdM: Ecco, banale è un'argomentazione. E in che cosa è banale?
Stz: La storia è piatta piatta: due si conoscono a causa di un incidente stradale (colpo di creatività! Mai visto prima!) si innamorano, ma lui ha 16 anni, lei 45 ed è sposata. Finisce che lei sta col marito e lui soffre come una bestia.
PdM: mhm
Stz: Che c'è? Non è banalità
PdM: Ci sono grandi romanzi con trame altrettanto semplici, ma non li definiresti mai banali.
Stz: Ma quelli sono scritti bene.
PdM: Perché? Questo è zeppo di errori?
Stz: Ci mancherebbero anche gli errori! No, è corretto, ma è scritto in modo piatto, manca tensione, manca la magia, manca quello che trasforma una cronaca in un libro. Ecco: manca l'arte.
PdM: bene, abbiamo argomentato. C'è però un po' di sesso, no?
Stz: boh... un minimo.
PdM: E ti sei eccitato?
Stz: Ma vaffanculo!
venerdì 19 dicembre 2014
Dance Dance Dance
Sono un po' stufo di finire i libri e chiedermi che cosa ho capito. Di solito non capisco niente. Per esempio, quando ho letto la peste di Camus, io ho capito che a Orano c'era la peste e siccome i racconti di malattie epidemiche mi piacciono un sacco, mi ero gustato anche la Peste. Solo dopo, vado a leggere i commenti e scopro che la peste è tutta una metafora per parlare del totalitarismo. Gesù. E io non me ne sono accorto? E' come quando sei cornuto e sei l'ultimo a saperlo.
Murakami mi mette in crisi più di Camus, perché qui è evidente che c'è qualcosa da capire, un secondo significato da individuare. Il mio problema è che oltre a non trovare questo secondo significato nascosto, non mi è chiaro nemmeno il primo. Preferisco di gran lunga il corvo parlante: con un po' di pazienza si riesce a ricostruire la sua frase e anche a trovare l'oggetto nascosto. Qui è un casino: chi è l'uomo pecora? Esiste davvero? Chi ha ucciso Mei? E che cosa rappresenta quel poveraccio con un braccio solo che esiste solo per morire investito? Potrei andare avanti con i miei dubbi che sono più di mille, ma non vorrei farne venire a chi non ne ha. E quindi mi fermo. Anche con Murakami.
Murakami mi mette in crisi più di Camus, perché qui è evidente che c'è qualcosa da capire, un secondo significato da individuare. Il mio problema è che oltre a non trovare questo secondo significato nascosto, non mi è chiaro nemmeno il primo. Preferisco di gran lunga il corvo parlante: con un po' di pazienza si riesce a ricostruire la sua frase e anche a trovare l'oggetto nascosto. Qui è un casino: chi è l'uomo pecora? Esiste davvero? Chi ha ucciso Mei? E che cosa rappresenta quel poveraccio con un braccio solo che esiste solo per morire investito? Potrei andare avanti con i miei dubbi che sono più di mille, ma non vorrei farne venire a chi non ne ha. E quindi mi fermo. Anche con Murakami.
Magic in the Moonlight
A Valperga si sono sbagliati e hanno programmato un film di Woody Allen, tradendo quella bella tradizione di film di merda per subumani che portano avanti con orgoglio da anni.
Non che “Magic in the Moonlight” provochi spasmi di piacere, ma è un film che si può vedere.
Anzi: per quanto riguarda scene e costumi non si guarda: si ammira. Oscar alla sartoria, oscar alla scenografia e oscar all'autorimessa. L'atmosfera Bell'epoque è ricostruita con passione e perizia. Nemmeno un iphone per sbaglio sulla scena, ma profusione di scolli a V per il tennis, tubini per le feste e magnifiche decapottabili sulle strade della Costa Azzurra. La musica, invece, è uno stupido charleston anni 20, che è tanto carino, ma usato come sipario per ogni cambio scena, dopo un po' rompe i coglioni.
Passiamo ad altri premi. Per la sceneggiatura? Non per questo film. I dialoghi che si trascinano nella prima parte li ha probabilmente scritti Carlo Conti. Si capisce dal tasso di prevedibilità. La penna di Woody Allen spunta fuori qua e là soltanto per dipingere il protagonista. Lui è Colin Firth. Scopro che ha 54 anni e ciò mi dà qualche speranza. Il suo ruolo è quello del cretino e anche in questo lo sento vicino. Lei è Emma Stone. Bella, di una bellezza particolare e brava. Più di lui. Oppure è molto più brava la sua doppiatrice, che vuole dire tanto.
Premio alla regia? Se ne può parlare: la storia è raccontata bene e scivola via facilmente, c'è anche il tentativo di far passare un qualche messaggio, ma le scene sono così belle che ce lo si può perdere. Della musica usata come Vagisil crema da spalmare in ogni occasione ho già detto. In verità ho detto tutto e concludo. Fossi in voi che abitate a Milano, Torino e altre città civili, andrei a vederlo, magari dopo aver goduto altri film che solo voi potete sapere. Per chi invece vive in zone culturalmente depresse come la mia, consiglio di andarci, e di corsa, prima che si accorgano dell'errore e lo tolgano per far posto a una retrospettiva di Neri Parenti.
Non che “Magic in the Moonlight” provochi spasmi di piacere, ma è un film che si può vedere.
Anzi: per quanto riguarda scene e costumi non si guarda: si ammira. Oscar alla sartoria, oscar alla scenografia e oscar all'autorimessa. L'atmosfera Bell'epoque è ricostruita con passione e perizia. Nemmeno un iphone per sbaglio sulla scena, ma profusione di scolli a V per il tennis, tubini per le feste e magnifiche decapottabili sulle strade della Costa Azzurra. La musica, invece, è uno stupido charleston anni 20, che è tanto carino, ma usato come sipario per ogni cambio scena, dopo un po' rompe i coglioni.
Passiamo ad altri premi. Per la sceneggiatura? Non per questo film. I dialoghi che si trascinano nella prima parte li ha probabilmente scritti Carlo Conti. Si capisce dal tasso di prevedibilità. La penna di Woody Allen spunta fuori qua e là soltanto per dipingere il protagonista. Lui è Colin Firth. Scopro che ha 54 anni e ciò mi dà qualche speranza. Il suo ruolo è quello del cretino e anche in questo lo sento vicino. Lei è Emma Stone. Bella, di una bellezza particolare e brava. Più di lui. Oppure è molto più brava la sua doppiatrice, che vuole dire tanto.
Premio alla regia? Se ne può parlare: la storia è raccontata bene e scivola via facilmente, c'è anche il tentativo di far passare un qualche messaggio, ma le scene sono così belle che ce lo si può perdere. Della musica usata come Vagisil crema da spalmare in ogni occasione ho già detto. In verità ho detto tutto e concludo. Fossi in voi che abitate a Milano, Torino e altre città civili, andrei a vederlo, magari dopo aver goduto altri film che solo voi potete sapere. Per chi invece vive in zone culturalmente depresse come la mia, consiglio di andarci, e di corsa, prima che si accorgano dell'errore e lo tolgano per far posto a una retrospettiva di Neri Parenti.
Iscriviti a:
Post (Atom)