sabato 4 agosto 2007

21 grammi

Vai al cinema. Vedi “Eyes wide shut”. Invidi Tom Cruise che si fa la Kidman. Dici “Eh!”. Torni a casa e non ci pensi più.

Vai al cinema (qualche anno dopo) vedi “21 grammi” con Sean Penn che nel film vive con un cuore trapiantato in fase di rigetto e una prospettiva di vita di pochi giorni. Torni a casa in silenzio e ci pensi. E il giorno dopo ci ripensi, sapendo che anche l’indomani, probabilmente, sarai ancora lì, a sentirtelo addosso.

Scava scava, viene fuori che quello che ti ha colpito, in fondo è la rappresentazione della vita come dovrebbe essere: vissuta e non sprecata.

Sean Penn, Benicio del Toro, Naomi Watts danno una dimostrazione di come si possa vivere con totale intensità. Il dolore è dolore, non ovatta, e in questo film, che è dolore persino nelle inquadraure e nei colori, è raccontato così bene e vissuto con tale accettazione, che alla fine elabori quello che una mente sana non dovrebbe: invidia per chi soffre che, in definitiva, è invidia per chi vive con intensità.

Il regista si chiama Alejandro Gonzalés Inarritu e il suo nome merita di essere trascritto (copiandolo da un giornale) con tutti i suoi cognomi messicani perché ha fatto davvero un grande lavoro. Il montaggio non è una cosa che si decide alla fine delle riprese, e dal punto di vista tecnico credo che ci voglia una perizia straordinaria – e forse del marciume in fondo all’anima - per immaginare e programmare una sequenza temporale così balorda. Allo stesso tempo, immagino che occorra una grande personalità per convincere il produttore che funzionerà.

Non solo funziona. Credo che sia proprio la schizofrenia dei tempi e dei tagli a imprigionarti dentro la storia e a pretendere concentrazione totale. Il che vuol dire che Gonzalés Inarritu e il suo sceneggiatore fanno con te, spettatore, lo stesso lavoro che hanno fatto con i personaggi: ti fanno vivere, con intensità, fino alla fine.

Credo che esistano altre chiavi di lettura per questo film, ma io ci ho visto soprattutto questo e ho tentato di raccontarlo. Mi rendo conto che servirà a poco per chi deve decidere se andare o non andare a vederlo, ma forse può essere utile per chi c’è già passato e magari vuole confrontarsi. O confortarsi.

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