Chi ricorda “Un uomo chiamato cavallo” “Piccolo grande uomo” e “Balla coi lupi” può facilmente immaginarsi “L’ultimo Samurai”. Nessuna differenza? Certo: il Giappone invece delle praterie americane e Tom Cruise al posto, rispettivamente, di Richard Harris, Dustin Hoffman e Kevin Costner.
Denunciata la scarsa originalità, per il resto il film si può tranquillamente prosciogliere. I dialoghi sono godibilissimi e la storia scorre via liscia. Anzi, non facendo nulla per tentare di sorprenderti con qualche deviazione rispetto a quello che ti aspetti, alla fine ti fa un favore (soggetto: il film) perché anziché sulla trama, che proprio non puoi equivocare, nemmeno se dormi), ti concentri su quello che vedi proiettato sullo schermo. E la vista è piuttosto bella: la cura che si riconosce nelle luci, nella ricostruzione delle ambientazioni, nei costumi, nel casting e nelle scene di battaglia, ti ripaga di tanti film tirati via, specie nel cinema italiano.
È un’americanata, si capisce, e si può intuire già dal titolo. Ma le americanate sullo schermo non fanno male a nessuno, e non c’è niente di male nel condividerle o, addirittura, nel consigliarle.
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