Prima di essere la G della GAS, Gagliardi Art System, Pietro Gagliardi è stato per più di 30 anni il punto G della pubblicità in Italia. Socio e fondatore della BGS, agenzia di pubblicità di prestigio internazionale, guru dei 30 secondi negli anni ’80 e ’90, si inventò, insieme ai soci Silvio Saffirio e Marco Silombria la tradizione di regalare a Natale opere d’arte invece di gianduiotti.
Chiusa la felice parentesi pubblicitaria, Gagliardi si è dedicato totalmente all’arte, è diventato gallerista e ha aperto la GAS, in Corso Vittorio Emanuele 90 a Torino, da non confondere con la vicina GAM, né, tanto meno, con la GAD.
Fino al 28 gennaio la galleria ospita 3 personali.
Quelle che si vedono anche senza entrare, attraverso le vetrine sotto i portici, sono le farfalle di Carlo Steiner. Metri cubi perfettamente impilati di farfalle fatte di farina e acqua nelle misure small, medium e large, tutte bianche come ostie. Si passa appena tra un muro e l’altro. Sono 300mila le farfalline che, disposte come sono nel salone, ricordano i vicoli di Micene, con le pietruzze da asporto turistico, tanto vietato quanto praticato. Finita l’acropoli c’è la classica collezione di farfalle inquadrate e appese alla parete, tutte allineate, tutte trafitte dal loro bravo spillone. Meglio di quelle vere, non hanno causato dolore o morte e possono servire come scusa per portarsi a casa qualcuno.
Il secondo artista è Gabriele Coi, che ha scaricato immagini da internet, come facciamo tutti, ma invece di pescare nelle categorie porno, ha scelto jpg di una città, impossibile sapere quale. Piace pensare che sia Montevideo, ma magari è Brescia. Le ha stampate, le ha virate in giallo acido e le ha ricomposte in collage, ricavandone dei quadri. Accanto ad ogni opera un piccolo altoparlante riproduce i suoni della via. Ma anche senza audio non si fa fatica a immaginare il sibilo dell’aria compressa delle porte del bus e il rombo del traffico nelle vie nascoste dietro ai palazzi. Coglie un po’ d’ansia al pensiero di dover attraversare quelle strade. Di sicuro la città non è Cuneo e gli automobilisti forse non si fermeranno alle strisce.
Il terzo artista è Carlo Galfione e forse è il più interessante. Il tema è la famiglia borghese. Sui volti dei personaggi, sotto il colore, appaiono i fregi e i motivi delle tappezzerie e dei tessuti damascati sui quali l’artista dipinge. Famiglie tutte casa e iper-mercato. Bambine madame, madame bambine, cani antropomorfi. Il supporto tappezzeria è una grande idea: rende bene il concetto di replica, di copia, di mancanza di personalità, di adattamento, conformismo, moda. Chi si mette in casa un quadro di Galfione (costa più di un TV color e meno di una Panda) è persona abbastanza evoluta da riconoscere i propri vuoti interiori. Può zittire i segnali cambiando auto o cellulare, oppure può amplificarli, guardandosi il suo quadro e magari può provare a riempirli.
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