sabato 4 agosto 2007

match point

Per un campione di tennis, la fidanzata del vicino è più verde dell’erba di Wimbledon. E così Jonhatan Rhys-Meyers, già allenatore di calcio femminile in “Sognando Bechkam”, e ora insegnante di tennis in “Match Point”, si incasina la vita.

Per dirla tutta, Scarlett Johansson, la fidanzata altrui, ha le sue brave responsabilità nel portare il campione oltre la linea dell’out. Le donne con un coefficiente di sex appeal così alto dovrebbero essere vietate, oppure dovrebbe essere concessa, per legge, una dispensa speciale ai mariti, perché in casi come quello della Johansson (Lost in traslation) non si tratta di resistere ad una tentazione, ma di obbedire ad una legge fisica. Può il ferro, per quanto forte, opporsi all’attrazione di una potente calamita?

In verità Chris (Jonhatan Rhys-Meyers) non prova neanche a resistere, e il suo comportamento per quattro quinti del film è devastante per la psiche degli spettatori maschi, etero. Da una parte, infatti, ti identifichi nel personaggio perché ha tutto ed è tutto, ma soprattutto si rotola nelle lenzuola della Johansson, dall’altra tieni le distanze perché il suo comportamento è esattamente l’opposto di quello che cerchi di insegnare ai tuoi figli se proprio non sei coordinatore di Forza Italia.

Nell’ultima parte del film il processo di identificazione si frantuma e la storia prende finalmente una piega decisa. La tensione lascia il posto all’ansia e la commedia diventa un thriller che potrebbe essere di Hitchock. Il regista però è Woody Allen, ma non lo diresti mai. Manca tutto di Woody Allen. Intanto manca Woody Allen, che non  riserva per sé neanche la parte di racchetta da tennis, poi mancano i dialoghi brillanti di Woody Allen, la sua pesante autoironia, i personaggi nevrotici. Fa un buon lavoro, mette insieme un film quadrato, e riesce persino a filmare al rallentatore la morale del suo film, avendo cura che anche lo spettatore più distratto, in ultima fila, la veda e la capisca. Tutto questo, però, non ha niente a che fare con il Woody Allen che conosciamo.

Probabilmente non ha avuto scelta. Anche se il pensionamento professionale si è spostato in avanti per tutti, a settant’anni l’auto-ironia è più che altro auto-commiserazione, il comico diventa grottesco e non sarebbe perdonabile. Allen lo sa, evita di esporre le sue rughe e da vecchio furbacchione, con questo passo indietro si assicura la possibilità di farne ancora molti in avanti.



 

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