sabato 4 agosto 2007

Lady Killer

Quando ero bambino mi ammalavo spesso e molto volentieri in novembre, perché negli anni sessanta esisteva il Salone della Tecnica di Torino, e durante i giorni del salone davano dei film di mattina sul primo canale. Erano sempre gli stessi tutti gli anni.

Me ne ricordo 3: “Birra ghiacciata ad Alessandria”in cui un’ambulanza dell’esercito attraversava il deserto durante la guerra, “Catene”con Amedeo Nazzari e Ivonne Sanson e “La signora omicidi” con Alec Guinness e Peter Sellers.

Ecco, stasera, dopo pochi minuti di “Lady Killers”dei fratelli Coen, con Tom Hanks protagonista, ho capito che stavo vedendo il remake della “signora omicidi”

Mi sta proprio bene, così la prossima volta che nasco sto più attento a scuola durante le ore di inglese e la prossima volta che vado al cinema cerco di prepararmi leggendo almeno una recensione.

Sono seccato perché ritengo i remake un genere del tutto inutile. Non ho ancora visto un rifacimento che sia venuto meglio dell’originale e secondo me non è neanche possibile. Se il film è bello è bello perché racconta un’idea. Se l’idea è buona può essere narrata in bianco e nero, può avere un sonoro da paura, ma il film ti prende. Qualsiasi rifacimento, viceversa, fa i conti con un’idea che ha già dato. È come una barzelletta che hai sentito e che ti ha divertito molto. Se te la raccontano una seconda volta ridi per educazione o per riflesso, ricordandoti quanto hai riso genuinamente la prima volta, ma emozioni zero virgola zero. Per i film è lo stesso: l’emozione è già consumata, legata indissolubilmente a quella prima interpretazione. Ed è lo stesso per le canzoni. Sentire “la canzone del sole” o “Bocca di rosa” rimixate e riproposte da una semi sconosciuta scollacciata in una afosa serata televisiva provoca coliche epatiche anche se la suddetta ha una bella voce.

Lasciateci Battisti. Lasciateci De André. Abbiamo la fortuna di averli avuti in un periodo tecnologicamente già ben attrezzato e le loro canzoni le possiamo riascoltare quando vogliamo, e possiamo continuare a nutrirci con le emozioni che hanno creato. Immortali, inimitabili e, ahimè, irripetibili.

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