Essere un fan di Harry Potter è piuttosto banale. Siamo centinaia di milioni. Ho letto con i miei figli tutti i libri, abbiamo visto i 2 film usciti, abbiamo esaurito le 2 schede del Game Boy e ci diamo anche da fare con il Quiddish per Play Station 2. Non sono certo dei motivi per cui i miei figli siano coinvolti, ma so perché ci sono in mezzo io: vedere film, giocare, discutere di magia è prolungare la meravigliosa sensazione di appartenenza al mondo (magico) di Harry Potter. È come quando si ritornava dalle vacanze estive, specialmente se erano state particolarmente felici, e non si vedeva l’ora di ritirare le diapositive per ricreare, almeno per una sera, le emozioni che avevamo condiviso con gli amici. (Parlo all’imperfetto solo perché le diapositive non le fa più nessuno) Era un misto di gioia e malinconia unito al disappunto per il ritorno alla realtà.
Essere centinaia di milioni, in questo senso, è una bella cosa perché ovunque ti giri trovi qualcuno nelle tue condizioni. Me ne accorgo quando sono in giro con i figli e ci scambiamo battute che magari hanno attinenza con qualche incantesimo o con qualche personaggio dei libri. Allora colgo negli sguardi e nei sorrisi complici dei bambini e degli adulti un ammiccamento complice, proprio come fossimo tutti maghi in incognito nella terra dei babbani. (I babbani sono i non-maghi) Sono sguardi che dicono: “ti capisco, capisco quello che stai dicendo e mi piace”. Il fenomeno è particolarmente bello con i bambini perché li indispettisce.
Quei piccoli presuntuosi che normalmente non portano rispetto agli adulti, con Harry Potter sanno di non poter fare tanto i furbi. Sono coscienti che l’età non è discriminate. Anzi. Quello che unisce le nostre generazioni è che essere maghi o streghe e vivere a Hogwards piacerebbe tanto a noi quanto a loro, ma il fatto incontrovertibile è che siamo tutti squallidi babbani, sia che datiamo 10 anni o 40. Con la differenza che se loro sognano per anagrafe, noi lo facciamo per passione.
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