sabato 4 agosto 2007

Thank you for smoking

Un film che parla della lobby del tabacco e denuncia le manovre messe in atto da industria e politica per controllare il mercato e le scelte dei consumatori ha due possibilità per funzionare:

O punta a farti incazzare come Report, la trasmissione di Milena Gabanelli su Rai3, che ogni settimana ti fa vergognare persino di essere andato a votare.

Oppure sceglie di comunicare in un modo più sottile e indiretto, utilizzando la comicità, come fanno molti, a partire da Beppe Grillo.

"Thank you for smoking" sceglie decisamente la prima via e già a metà film sei incazzato per aver buttato via 6 euro (4 se abiti in provincia dove il film arriva dopo mesi in versione cineforum).

Ci sono due momenti, in particolare, che ti fanno venir voglia di uscire per accendere una sigaretta e le tende del cinema.

Il primo dura per tutto il film ed è la faccia del protagonista Aaron Eckhart.  Non ti identificheresti in lui nemmeno se prendessi una tisana fatta con le sue cellule staminali. Non perché nel film deve interpretare un personaggio privo di qualsiasi scrupolo morale, ma perché non ci riesce. Ha la stessa espressività di Bondi e la credibilità di Schifani e, soprattutto, sembra che non creda in quello che legge sul copione. Probabilmente ha ragione, perché il film è scritto troppo male. Il che ci porta  al secondo momento cult, nel quale Aaron non ha responsabilità. Questa va divisa in parti uguali tra il regista Jason Reitman e lo sceneggiatore Jason Reitman (questo spiega molte cose). In questa scena lavora il figlio del protagonista. Il giovane attore si chiama Cameron Bright, l'unico dodicenne che non ha più nulla da chiedere alla vita, dopo essere stato nella stessa vasca da bagno con  Nicole Kidman  in "Birth".

Il giovane, salendo in auto, dice una battuta che non dovrebbe. Non perché sia peggiore delle altre, ma perché tu, spettatore, ti sei accorto che il regista la sta preparando già da dieci minuti. Fino a un certo punto sospetti solamente che forse il ragazzo dirà quelle parole. Poi pensi "no, non lo farà" e la mente, che è sempre pronta a negare il peggio, cancella la paura. Così, quando la battuta esce fuori davvero, l'effetto è devastante. Da qual momento il film ti cola tra le mani come un cono al cioccolato e la speranza di poter vedere in Canavese qualcosa di meglio di "Vacanze di Natale" se ne va definitivamente in fumo.

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