Settembre. Tocca finire i tagliandi dell’abbonamento spettacoli che scade a fine mese. La scelta, per chi abita a Favria è tra: “Pirati dei Caraibi. La maledizione del forziere fantasma” (d’ora in avanti PDCLMDFF) all’Ambra di Valperga, “PDCLMDFF” al Margherita di Cuorgnè e “PDCLMDFF” anche al cinema Boaro di Ivrea. Per vedere qualcosa di diverso bisognerebbe spingersi fino a San Giusto dove si tiene la semifinale regionale della battaglia delle mucche.
A Cuorgnè, in galleria, c’è un bel posto vuoto nella fila davanti. Ideale per chi porta un figlio. Ma se Alberto ha la visuale libera, invece io ho davanti a me la parte superiore di una calotta cranica come se ne vedono solo nei documentari di SuperQuark dedicati ai primi passi dell’homo erectus. La testa è ricoperta da un fitto pelo, corto e nero, unto quanto basta per preservare dalla pioggia autunnale l’esemplare. Il collo è taurino, nascosto dietro una cascatella di lunghi riccioli che sgorgano come fusilli al nero di seppia dalla base del cranio. Base è una parola grossa perché non c’è soluzione di continuità tra testa e corpo.
Quando l’homo si alza in piedi per vedere, ma soprattutto per farsi vedere dai suoi simili in sala, scopro che non è nemmeno un uomo, ma un grasso cucciolo di elefante marino; denuncia 16 – 17 anni e un paio di pantaloni a vita bassa, così bassa che neanche il suo Q.I. scende tanto.
L’essere aspetta l’inizio del film per estrarre dalle bisacce delle brache un videotelefonino da 200 watt che nella sala buia emana un potente fascio di luce bianca all’indietro e verso l’alto, cioè verso di me. Un riflettore farebbe meno danni. Allora mi ricordo perché non andavo al cinema da tre mesi. La nuova moda qui nel Canavese (ma anche in città è così?) consiste nello scambiarsi SMS stando seduti al cinema. La chat va avanti per due, tre, quattro sessioni, finché oso: “scusa, potresti spegnere o diminuire la luminosità?”
L’essere non risponde. Non per maleducazione, ma perché la sua struttura celebrale non gli consente di centrare i tasti con la proboscide, aggiustarsi il pacco e recepire il senso di una frase, tutto nella stessa sera. Interviene il padre: “Ohu, e spengi che ci dai fastidio a tutti!”. Il padre è seccatissimo perché ho ripreso suo figlio, ma non può darlo a vedere. Guarda torvo il mio di figlio cercando qualche pretesto per pareggiare, ma Betto è preso da Johnny Depp, Orlando Bloom e Keira Knightley e non ha nemmeno le dita nel naso. Il film è lungo. 2 ore e 40 minuti sono un’eternità anche per pellicole più felici. Non mancano le idee e non manca la tensione. Gli effetti speciali sono da applauso. Ci scappa anche qualche risata ogni tanto, ma nel complesso a “PDCLMDFF” manca qualcosa. Manca l’anima del film. Oppure manca (o è scappata) la voglia di vederlo. O forse c’è qualcosa di troppo: il bue muschiato della fila davanti. Pensare che un giorno anche un sottoprodotto della cultura di Italia1 e degli spot Tim e Vodafone come lui si potrà riprodurre mi fa venire i brividi.
Alberto ha apprezzato molto il film. Prendetelo per buono perché si tratta di un giudizio sicuramente più sereno e attendibile del mio.
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