sabato 4 agosto 2007

Collateral

Supine o prone. Le comparse di “Collateral” hanno visto la macchina da presa soltanto così, vuoi perché scaraventate dalla finestra, vuoi perché sforacchiate dai proiettili dell’infallibile Vincent, il killer nato il 4 luglio: Tom Cruise.

Non è comunque la violenza l’elemento che più colpisce in questo film (e dire che ce n’è per tutti i gusti). Non è nemmeno l’inquietante angolo di ripresa che ricorda tanto il super violento video game per PC e Play Station “GTA” (stesse inquadrature dallo zenit, stessa carica virulenta). Non è nemmeno la piacevole sorpresa di vedere un attore afro americano (Jamie Foxx) che per una volta non è Denzel Washington. 

Le luci, l’atmosfera, la regia? Sono da Oscar, ma non sono nemmeno quelle a colpire.

I dialoghi, la sceneggiatura sono più che decenti, ma non ci siamo ancora.

Che cosa colpisce, allora, in questo film?

...

Dunque?

...

Esatto: niente.  Ecredo sia perché manca qualsiasi tentativo del regista di mettersi in comunicazione con te per dirti qualcosa. O meglio, ci prova, raccontandoti qualche frammento di vita del coraggioso tassista nero, ma dopo il primo squillo riattacca e tu resti lì ad aspettare che richiami.

Non che un messaggio sia obbligatorio in un film giallo, ma farebbe piacere.

Ti resta come unica consolazione quella di non essere morto come le innumerevoli vittime di Vincent. Un film che se lo vai a vedere, bene. Se non lo vai a vedere: bene lo stesso. La prova? L’avrai tra due anni, quando affittando per sbaglio il DVD ti chiederai se lo avevi già visto, questo “Collateral” e non saprai darti una risposta.

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