sabato 4 agosto 2007

Il dono



Enzo

- Ormai l'ho tirata talmente tanto in lungo, Enzo, che mi sento ridicola e quello che ti devo dire ti sembrerà banale anche se non lo è affatto. Per me, almeno. Per me non lo è.

Insomma, Enzo, io voglio un figlio. Ecco, e il favore che ti chiederei sarebbe molto importante, perché questo figlio io lo voglio fare tutto da sola. Vorrei evitare di parlare dei perché e dei percome, non so se riesco a spiegarmi... In realtà ho solo bisogno di un po' di seme. Non mi serve altro. E se ti sembro fuori di testa sappi che io sono fuori di testa. -

Enzo aveva intuito dove voleva portarlo Nadia ancor prima che iniziasse il lucido e delirante discorso che dopo una lunga premessa  si era infine compiuto con quella richiesta. Nadia era fatta così: non si era mai posta alcun problema nel dire quello che pensava e non era venuta meno a se stessa nemmeno in quella occasione. Nel recente passato aveva più volte manifestato il desiderio di avere un figlio tutto suo, senza per questo aver mai parlato di desiderare, insieme al figlio, anche un uomo, un compagno con cui dividerlo.

E come sempre Nadia appariva in bilico tra incoscienza e coraggio. Aveva espresso una richiesta difficile, imbarazzante nelle parole, nel significato e anche nelle modalità pratiche a cui dava adito. Si rendeva conto, Nadia, che la sua richiesta veniva ricevuta da un uomo, un maschio e dell'effetto chimico che le sue parole provocavano nella produzione di ormoni? C’era qualcosa  di morbosamente irresistibile implicito nell’idea di accontentare Nadia, una serie di immagini ad alta temperatura. Tuttavia Enzo non si faceva grandi illusioni. Se Nadia avesse avuto intenzione di avere un figlio andando a letto con lui, probabilmente lo avrebbe fatto senza neanche manifestare le sue intenzioni, non ne avrebbe avuto bisogno. Invece, con quella lunga e complessa premessa era abbastanza evidente che si trattava di una faccenda asettica, che poco aveva a che fare con il sesso. O forse no, forse Nadia pensava di non essere attraente, forse non aveva ancora capito nulla degli uomini e magari immaginava che per un uomo o, peggio, per un amico di lunga data, possederla fosse un compito ingrato, difficile o doloroso, in altre parole un atto di cui essere riconoscenti.

Comunque fosse le doveva una risposta e gliela doveva subito perché la donna lo stava fissando dritto negli occhi e sollecitava un sì o un no.

- Naturalmente non stai scherzando. Non è una penitenza o qualcosa del genere, una candid camera, che so? -   disse Enzo per prendere ancora un po' di tempo. Non si trattava di prendere una decisione e basta. Era più difficile: Enzo era al passo precedente e doveva ancora capire da che parte iniziare per mettere insieme un ragionamento che stesse in piedi. Perché avrebbe dovuto dire di sì? E perché avrebbe dovuto dire no? Così formulò la prima domanda inutile che gli venne in mente. Ma oltre che inutile era la domanda sbagliata:

- Quanto? -

- Quanto seme? - domandò Nadia.- O quanto pago? Cosa vuoi sapere? Perché sai, non ho destinato un budget per una cosa di questo genere. È una donazione quella che cerco.-

- No, no! - si schernì Enzo, non voglio soldi, ci mancherebbe, non si chiedono soldi per queste cose. Poi sei un'amica, non lo farei mai, come ti è venuto in mente?. -

- Allora quanto seme mi serve? - riassunse Nadia corrugando leggermente la fronte.

- Ecco sì – disse infine Enzo, ma non era quella la domanda che voleva porre. In realtà non sapeva cosa voleva dire. Aveva detto “quanto” forse perché gli era venuto in mente che potesse trattarsi di un certo numero di donazioni e voleva forse avere un'idea dell'impegno.Ma non era nemmeno quello, non era nulla. Era confuso e basta.

- Non lo so - disse Nadia, - una cosa normale, credo. Sì, una quantità normale andrà benissimo. Ci sono dei problemi da questo punto di vista? -

- No, no. - rispose subito Enzo, ma poi si corresse:

- Cioè sì, è che potrebbero essercene, sì, magari no, ma probabilmente sì. - Stava improvvisando e non aveva la minima idea del perché lo facesse. Soprattutto non sapeva dove lo avrebbe portato il discorso.

Nadia lo guardava senza incalzarlo, si rendeva conto che Enzo era imbarazzato. Lo stava forzando a rivelare particolari intimi e non avrebbe mai voluto giungere a tanto. Anzi, se solo avesse sospettato quel genere di problemi, avrebbe accuratamente evitato di entrare in argomento. Cercò di rimediare, scusandosi per il disagio che stava provocando, ma Enzo la precedette.

- Purtroppo soffro di una disfunzione endocrina per cui io ne produco pochissimo... -

- Oh! - fece Nadia arrossendo un po' per la prima volta.

- Proprio poco, una quantità praticamente inutile -

Nadia apriva la bocca, ma era senza parole. Aveva involontariamente costretto una persona a rivelare qualcosa di molto personale e per lei si trattava della forzatura più odiosa che potesse immaginare.

Da parte sua Enzo si sentiva sollevato e insieme provava vergogna per la menzogna che aveva appena detto. Ancora non aveva deciso se dire sì o no a Nadia e la sua vigliaccheria, anzi la sua stupidità aveva risposto per lui. La sua sedicente sterilità lo avrebbe tenuto alla larga dai guai, quello era sicuro, ma al prezzo della menzogna, una transazione che non gli piaceva. Aveva ancora pochi secondi per cambiare versione, dire che aveva risposto così solo per impreparazione, per disattenzione o per timidezza. Poteva ancora tornare indietro e cambiare versione. Ancora pochi secondi, dopo di che sarebbe stato troppo tardi e avrebbe dovuto rinunciare per sempre. Si mordeva l'interno della guancia nel tentativo di trovare la forza nel sapore del sangue e nel dolore, ma Nadia lo precedette:

- Enzo... Enzo... mi dispiace davvero. Scusami, scusami tanto.- disse e le palpebre divennero due argini che tentavano di trattenere la piena, ma era evidente che erano destinati a soccombere.

- Ma figurati, Nadia, figurati, non c'è problema. Guarda che per me non è un problema. Non mi sono mai curato perché non ho ancora preso in considerazione l'idea di avere dei figli e questa lieve patologia in realtà va bene proprio come anticoncezionale, anzi le mie ragazze, quelle con cui sono stato finora ne erano contente perché così andavano sul sicuro senza dover...-

Enzo non terminò la frase. Si accorse suo malgrado di saper scrivere sceneggiature credibili. La sua versione sembrava vera e stava per cominciare a crederci lui stesso. Il modo migliore di mentire, si stava dicendo in quei momenti è spararla grossa e crederci.

Sicuramente una cura c'è - riprese Enzo - O se non c'è, ci sarà un giorno.-     - Sì, seren non è, seren sarà, se non sarà sereno si rasserenerà – pensava Enzo nel suo cervello che ormai girava in loop

- Scusami tu, davvero.- disse infine e almeno nel chiedere perdono era sincero.







Luca

-  E se ti chiedessi perché proprio io? -

- Mi fido di te e ti conosco da abbastanza per potertene parlare. - rispose Nadia

Luca continuò giocare con tre stuzzicadenti, utilizzandoli come rudimentali rulli su cui faceva scorrere il bicchiere del vino, dalla bottiglia fino al piatto e ritorno.

- Non è una cosa da poco quella che chiedi e francamente è la prima volta che mi capita. Non me l'aspettavo proprio, ma questo non vuol dire niente. Si può fare, certo, tutto si può fare. Magari pensandoci un attimo. -

- Ma certo. - concesse Nadia con un sorriso – Puoi pensarci tutto il tempo che vuoi. O un giorno o due, o se no un mesetto. Sono fertile proprio in questi giorni e lo sarò di nuovo a partire dal 20 del prossimo mese. -

Il bicchiere deragliò dalla slitta primitiva e il ruvido attrito della tovaglia di tessuto ne arrestò bruscamente la corsa. Il vino ondeggiò pericolosamente fino a lambire l'orlo del bicchiere, ma non debordò. Per riprendere totalmente il controllo perduto sotto i colpi di maglio del linguaggio semplice e diretto di Nadia Luca bevve un sorso, finse di assaporare il bouquet poi rinunciò a  giocare all'inventore della ruota.

- Accidenti, Nadia, non si può dire che tu sia una ragazza timida! - osservò Luca quando il ritorno della salivazione gli concesse di assumere un tono e una voce normali.

- In che senso? - domandò Nadia

- Come in che senso? Mi stai dicendo, qui in mezzo ad una cena al ristorante, quali sono i tuoi giorni fertili e quali no, insomma non sono tante le ragazze che manifestano pubblicamente l'andamento del loro ciclo. -

- Beh, non ho parlato tanto forte – rispose Nadia – e poi ti ho detto che mi fido di te, so che domani non troverò sul giornale il mio nome e il calendario del mio corpo. -

- Sì, certo – concesse Luca mentre posava la sua mano su quella di lei – ma volevo dire un'altra cosa: è la prima volta che una ragazza mi chiede di far l'amore con lei con lo scopo preciso di avere un figlio. -

Nadia sorrise ancora, ma si allontanò impercettibilmente dalla tavola recuperando mano e tovagliolo.

- Non si tratta di far l'amore, Luca, ma solo del tuo seme. Scusami se mi sono espressa male-

Nonostante un grosso sforzo di volontà, Luca non riuscì a mascherare la delusione. Aveva già deciso di acconsentire alla richiesta di Nadia e di acconsentire subito, quella sera stessa. Lo avrebbe fatto anche lì sul tavolo della pizzeria, sulla tovaglia macchiata.  Sarebbe stato più che piacevole, sarebbe stato travolgente, perché Nadia era una bella ragazza e i suoi discorsi lo avevano eccitato oltre ogni misura. Non aveva mai perso la testa per lei, soprattutto perché aveva sempre pensato di non interessarle, ma più volte il suo corpo aggraziato era stato oggetto di certe sue fantasie erotiche.  Luca recuperò il controllo nel tempo di un respiro.

- No, in effetti tu non avevi detto niente del genere, ma io pensavo e sono convinto che il modo migliore per avere un figlio sia fare l'amore, un atto d'amore, no?

Nadia non perse il suo sorriso mentre rispondeva.

- Io sto chiedendo il seme ad un amico, non di fare l'amore, non è la stessa cosa. -

- Ah, che non sia la stessa cosa è sicuro, non ci piove. - ribatté Luca

Nadia sorrideva ancora, seppur solo con gli occhi e gli angoli della bocca. Preferiva non aggiungere nulla perché non voleva forzare la risposta ora che la richiesta era stata circostanziata ed era estremamente chiaro che non si trattava di uno scambio.

Luca sapeva che toccava a lui. Nadia non avrebbe aggiunto altro, era evidente. Ormai la tempesta ormonale era scoppiata e non aveva modo di placarla.

- Una donazione, insomma.... una donazione e basta. -

Il rinnovato sorriso silenzioso di Nadia valeva una conferma.

- Magari cambi idea durante la donazione – azzardò Luca.

Un punto interrogativo occupò ampio spazio sul viso di Nadia.

Sì – disse Luca sentendo il bisogno di spiegarsi - come avevi pensato di fare, nella pratica?

Avevi pensato ai particolari? -

Il punto interrogativo si dissolse in nuova serenità.

- In verità sì. Ti do le chiavi di casa mia. Tu sali, fai la tua donazione. Io ti aspetto sotto. -

Il sorriso di Luca era come congelato.

- Addirittura? - domandò – Così non daresti neanche una mano per la donazione? -

Nadia sorrise cogliendo il doppio senso insito nelle parole di Luca e poggiò una mano sul  braccio dell'amico. Il cameriere si avvicinò per chiedere se gradivano il dolce o il caffè. Il caffè fu la scelta di entrambi.

- Un regalo è un regalo, Luca, un dono. - disse Nadia

Luca respirò a fondo ed ebbe tutto il tempo per evitare di  rispondere in modo sgradevole, ma Luca era sgradevole.

- Per quest'anno ho già dato il mio contributo alla San Vincenzo, Nadia - rispose.

Il tono e l’espressione di Luca lasciavano intendere che quell’altra opzione, quella a pagamento, era ancora aperta,  ma non ci credeva neanche lui. Era evidente che insieme all’opzione stava per finire anche un’amicizia, se mai vi era stata.

Dopo il caffè venne il conto e Luca accettò che Nadia pagasse per entrambi. Del resto era stata

lei ad invitarlo.





Franco

- Ti prego, dimmi qualcosa. Dimmi di no, dimmi qualunque cosa, ma non fissarmi così, in silenzio.-

Nonostante la supplica Franco non parlava. Fissava Nadia come se si fissa la televisione quando va in onda la pubblicità. Sembrava lontano con i pensieri, ma gli occhi si muovevano e seguivano i contorni morbidi del viso di lei.

Anche Nadia smise di parlare. E di guardare. Ora fissava la chiusura del suo braccialetto. Aveva immaginato che Franco avrebbe avuto una reazione forte, ma non avrebbe mai immaginato che la sua richiesta avrebbe provocato un simile choc.

- OK Franco, non parliamone più e, ti prego, dimentichiamoci entrambi di questa sera. Adesso, accompagnami a casa, per favore.-

- Sì – disse finalmente Franco senza avviare il motore e continuando a fissare Nadia.

- Sì? -

-Sì, lo voglio fare. -

- Davvero Franco? Sei sicuro? -

- Sì, ne sono sicuro, come sono sicuro di essere qui adesso e come sono sicuro che questa è la mia auto, che tu sei qui, che sono le sette di sera, che oggi non ha fatto che piovere, che è stata una giornata di merda fino a cinque minuti fa, ma che ora tutto è cambiato e domani sarò felice e  dopo domani lo sarò di più e ogni giorno che verrà io sarò un uomo fe-li-ce! Felice, capisci? Felice. Felice perché finalmente sarò completo. È chiaro no? Ma certo che mi capisci perché se sei arrivata a questa decisione è perché anche tu senti questa necessità, questo istinto a colmare un... un... non un vuoto, ma un bisogno di completezza. -

- Franco, non so se stiamo dicendo la stessa cosa, sai? -

- Sì, è la stessa, la stessa. -

- Forse no, Franco. Io voglio un figlio, avrò un figlio.-

- Esatto, è la stessa cosa che desidero anch'io. L'ho sempre desiderato, ma non lo avevo mai razionalizzato  prima di questa sera. Ma adesso ho le idee chiare. Vedi? È come se non avessi mai desiderato altro. Mi rendo conto che un figlio è la risposta alla mia vita, il punto di arrivo delle mie ricerche. Sai cosa voglio dire, vero?

- Sì Franco, credo di sì ed è proprio questo che mi preoccupa. Così non va. -

- E perché non dovrebbe andare? Vogliamo la stessa identica cosa, come se , che ne so, non mi viene un esempio, come se tu volessi costruire una casa e io avessi i mattoni. No, scusa, è banale, non mi viene un esempio, ma è abbastanza chiaro: vogliamo la, stessa, cosa. Ecco come la mappa di un tesoro. Io ne ho una metà e tu l’altra. Insieme la ricomponiamo e troviamo il tesoro. Da soli non faremmo nulla -

Francoera visibilmente sollevato per aver trovato una metafora sufficientemente esplicativa.

- No Franco, lo vedi che non ci siamo capiti? Io voglio un figlio da te, non con te. -

-  Sai che non ti capisco: da me? con me? Che differenza semantica c’è? È il sesso che ti preoccupa? A me no. Facciamo come dici tu: una donazione. Andiamo da te, facciamo quel che va fatto, separatamente, poi vediamo che succede. Se aspetterai un figlio verrai a stare da me o io da te, insomma diventeremo una coppia e quando lui nascerà avremo tutti e due raggiunto il nostro scopo. A me il sesso non importa, davvero. Potremo essere degli ottimi genitori senza mai sfiorarci con un dito e vivere le nostre vite in modo del tutto indipendente, sempre badando al bene del piccolo, è ovvio. Lui deve stare al primo posto. -

- No, non è questo che voglio. Volevo solo il tuo seme, ma come dono, non a titolo di investimento. Io capisco quello che mi hai detto, forse è la stessa cosa che provo io, ma io non voglio dividere questo bambino con nessuno. Mi dispiace Franco, non puoi avere un figlio da me. Perdonami. -

- Io perdonare te? Che discorsi. Io perdonare te che mi hai aperto gli occhi?  Guarda non sarà con te, non sarà oggi, ma un giorno sarà. Sì, adesso lo so. -

Nadia finalmente poté rilassarsi e sorrise nel buio.

- Chiudi la cintura di sicurezza che ti porto a casa. - disse Franco avviando il motore.

L'auto si mosse e si perse presto nel traffico dell'ora di punta. Franco canticchiava e batteva il tempo sul volante, uomo felice. Ad un tratto un'idea gli illuminò il viso. Si voltò verso Nadia:

- Hai provato con Fabio? -





Alberto

- Nadia chi? Nadia la brunetta con gli occhi carinissimi? Miss maglietta bagnata Loano 98? Sei proprio tu?  Quella Nadia?

- Ciao Alberto, tutto bene? -

- Se mi potessi vedere non me lo chiederesti: da quando ci siamo visti l'ultima volta avrò messo su almeno dieci chili. - disse Alberto

- Sto chiamando in un momento inopportuno? - domandò Nadia

- No di certo, perché mai? No, no, ho tutto il tempo, oggi non lavoro e per tutte le faccende del sabato è presto. A quest'ora è ancora tutto chiuso, almeno qui da noi. -

- Sì, anche qui i negozi prima delle quattro non aprono. -

- Ma pensa te, Nadia... Mi ha telefonato Nadia. Ma sai che pensavo a te non più tardi di mercoledì o giovedì? -

- Davvero? -

- Sì, stavo guardando la televisione, un programma che tu non conosci di sicuro perché so che non la guardi mai o non la guardavi...

- In effetti non so perché la tengo – convenne Nadia

- Beh, è  un quiz, ma non il solito quiz. Per partecipare devi essere preparato, ma soprattutto devi ragionare, altrimenti non vai avanti. E devi anche saper rischiare. Insomma quando lo guardo mi prende. Bene, la domanda era collegata al sole, a quando è esattamente allo zenith, geografia astronomica, allora mi è venuto in mente il nostro viaggio al tropico del cancro.

- Sì, ma noi ci siamo andati in inverno e il sole non era allo zenith. -

- Ah, sì, certo, ma non importa, mi sei venuta in mente lo stesso. Ma scusami, volevi dirmi qualcosa di particolare? Parlo sempre io e alla fine non ascolto mai la gente. È un difetto sai? Un difetto grosso. Bisogna saper ascoltare, non solo parlare, parlare, parlare. Bla bla bla.

Nadia disse ad Alberto cosa voleva da lui in meno di due minuti. Alberto ascoltò senza interrompere e non appena toccò a lui fu lesto a rispondere:

- è caduta la linea, questo è un nastro, riagganciare, prego: tu tu tu tu tu -  Poi, dopo una breve pausa: - Sono ancora qui , non credere che io sia svenuto... quasi svenuto, diciamo – la voce manteneva ilarità e allegrezza e Nadia ne ebbe conforto.

- Mettiti nei miei panni, Nadia – riprese la voce di Alberto, senza cambiare tono né, apparentemente, senza perdere la voglia di scherzare,  - te ne stai lì a casa, tranquillo a leggere il Corriere, ti squilla il telefono e una amica che non senti da almeno un anno ti chiede se gentilmente potresti aiutarla a restare incinta. Sai che alla mia età l'infarto è già in agguato? -

- Sai Alberto, non ci sono molti modi per chiedere questa cosa. E la puoi chiedere soltanto ad un amico. -

- Certo, certo. - fece Alberto.

- Posso risponderti tra vent'anni, quando sarai in menopausa? -

- Sarebbe meglio prima – ammise Nadia

- Già, beh, vedi, in linea di principio si potrebbe anche fare. Dovrei pensarci un attimo, perché non è uno scherzo, non è come donare il sangue. Io dono il sangue, ma donare il sangue, se non hai malattie, non è una responsabilità. Donare sperma sì, specialmente se sai dove va a finire. Comunque tu sai che io non mi faccio problemi etici. Non so se fare una donazione del genere sia un peccato oppure no e in linea di massima non me ne frega niente, il problema è un altro. -

- Sì? - domandò Nadia

- Eh sì – confermò Alberto. - Il problema è Laura. -

- Tua moglie? -

- Certo, mia moglie. La cosa la coinvolge, non credi? -

- Aiutami a capire. - disse Nadia

- Metti caso che facciamo questa donazione e che tu rimani incinta per davvero. Nasce un bel bambino e tu te lo tiri su da sola come mi hai detto. Ma poi metti che succeda qualcosa, qualsiasi cosa e salta fuori tutto, come credi che la prenderebbe Laura? -

- Ma che cosa dovrebbe succedere? -

- Qualunque cosa, ad esempio il bambino un giorno potrebbe voler sapere chi è suo padre, ti pare impossibile? Oppure, metti che un giorno esci di casa e sbam, ti mette sotto il 15 mentre attraversi la strada. Io mi ritrovo con un figlio che mi bussa alla porta. E per me passi: è figlio mio, ma a mia moglie vallo a spiegare che si è trattato di una donazione del tutto asettica. No, l'unica sarebbe coinvolgerla fin da adesso, ma non è il momento. -

- Problemi tra voi due? -

- Problemi è una parola piccola e grande al tempo stesso. All'apparenza va tutto bene, ma si sta formando tra noi come una... una... non so spiegarti, come una crosta, un diaframma... non ci capiamo molto. -

- Mi dispiace. -

- No, niente di grave, penso, ma proprio non è il momento per mettere sul campo una storia come questa. Oh, scusa Nadia, mi squilla il cellulare ed è proprio lei, Laura voglio dire, che deve aver trovato occupato. Richiamami tra un po', tre o quattro mesi, dopo l'estate, magari le cose saranno cambiate. Ciao. -







Roberto

- Nadia, ti ho ascoltata fino in fondo e ora io chiedo a te di ascoltarmi. Vuoi? -

- Certo Robi, mi interessa molto il tuo parere -

- Il mio parere potresti immaginarlo visto che ci frequentiamo da anni. Io penso che molto, ma molto semplicemente questa cosa non si può e non si deve fare. Tu dovresti trovarti un uomo, dovresti sposartelo e fare con lui l'amore tutti i giorni, più volte al giorno fino a quando avrai un figlio, forse due, o anche tre. -

- Lo so che i figli si fanno così, Robi, ma io non voglio un marito, né un compagno convivente. -

- Nadia, non mi hai mai detto che ti piacciono le donne e non mi risulta. -

- Infatti non è quello.-

- Sono forse gli uomini che non ti piacciono? -

- Secondo te, Roberto, non è possibile che io voglia avere un figlio da sola? Non ce la fai a capire che questa è la mia volontà oppure la capisci ma la trovi inaccettabile? -

- No, proprio non ci arrivo con tutta la buona volontà. -

- Ma se io ti chiedessi non la tua benedizione, non la tua assoluzione, ma da amica, da compagna di elementari, medie e liceo io ti chiedessi un po' del tuo seme? -

Roberto non rispose e il suo pull over blu scuro sembrò più ruvido sotto la mano di Nadia,

- Lo sai come la penso sui rapporti fuori dal matrimonio. Non potrei comunque. -

- Ma io non ti chiedo di venire a letto con me, ti ho chiesto solo un po' del tuo seme. Non devi toccarmi, non devi neppure vedermi. -

- Nadia, ti rendi conto che mi stai chiedendo di commettere un peccato? In qualsiasi modo io dovessi assecondare questa tua idea commetterei un atto contro le leggi di Dio, ma ti rendi conto? Chiedere ad altri di peccare è la cosa più... più... spregevole e disgustosa che puoi fare. E sai perché? Ci arrivi? -

- No, aiutami tu Roberto, sinceramente. -

- Sul serio non ci arrivi? Sei nelle mani della Bestia, sei un suo strumento, agisci per conto del, Diavolo. Tu tenti, tu chiedi, tu implori, e sembri sinceramente ispirata da buoni propositi, ma così tu fai il suo gioco perché trascini con te nell'abisso del male anche gli altri e, cosa abominevole, offendi Dio. Sei un esempio da manuale Nadia, sei il serpente tentatore che spesso si trasforma in donna per indurre l'uomo in tentazione. Ma non funzionerà, non con me perché io ti esorcizzo, Nadia. Ti impedirò di continuare questa tua peregrinazione blasfema.-

-  Non avevo pensato a questo aspetto della cosa, Roberto e mi rendo conto che dal tuo punto di vista sia un atto impossibile. -

- Impossibile! - confermò Roberto, che subito dopo afferrò le mani di Nadia e le strinse tra le sue.

- Nadia, so che le tue intenzioni sono buone, ma stai sbagliando i tuoi atti perché sei mal consigliata da chi vuole perdere la tua anima. Sai che facciamo adesso? -

Nadia scosse la testa.

- Preghiamo insieme. Recitiamo un Padre Nostro per ringraziare il Signore che ci ha dato la forza di vedere il male e di prendere la decisione giusta.

- Padre Nostro... – cominciò Roberto e fece una breve pausa per aspettare Nadia. Ma Nadia non

 lo seguì, ascoltò in silenzio fino al liberaci dal male, dopo di che si riprese le sue mani e se ne

andò.





Davide

Mi è tutto chiaro, Nadia, non devi darmi spiegazioni. Davvero. -

-Grazie Davide, sapevo che tu avresti capito.-

- Perché? -

- Perché cosa? - domandò Nadia

-Perché sapevi che io avrei capito? -

- Non so, forse perché con te ho sempre avuto uno scambio ricco, molto ricco, senza dover dire tante parole, so che capisci le cose al volo, sempre. -

- Come un'amica? -

- Sì, si può dire così, se vuoi. -

- E sai perché hai sempre ricavato questa impressione? - insistette Davide.

- Credo che sia un feeling particolare che ci unisce, o no? -

- Come quello tra due donne – disse Davide

- Stai cercando di dirmi qualcosa, Davide? -

Davide aprì il volto in un sorriso.

-Direi che è abbastanza chiaro, no? Io sono una donna, Nadia. Qui dentro – disse toccandosi la fronte – e qui dentro – e si toccò il petto – sono come te. Non te ne eri mai accorta? -

Nadia non rispose. Era sorpresa per la piega inaspettata che aveva preso il discorso.

- Qui fuori, invece sembro un uomo. È una situazione scomoda e imbarazzante. -

- Giuro che non lo sapevo, e oserei dire che non lo sa nessuno. -

Davide fece un gesto come dire che non aveva importanza.

-  Quindi non posso aiutarti. -

- Non te la senti? -

- Hai mai sentito parlare di genetica, Nadia? Vuoi che ti nasca un figlio finocchio? -

- Non è detto e comunque la cosa in questo momento mi preoccupa molto poco. Per quando avrà vent'anni credo che avremo fatto abbastanza progressi in campo sociale di diritti della sessualità per cui essere omosessuale non sarà un gran problema. -

Davide rifletteva sulle parole di Nadia, ma scuoteva la testa.

- Non so. Spero che tu abbia ragione, ma ti posso assicurare che oggi è ancora piuttosto scomodo vivere da dichiarati.- disse Davide.

- E c'è un altro motivo per cui non posso aiutarti. -

Nadia attendeva il seguito con interesse. Davide era una delle persone più interessanti che conosceva e le sue parole erano sempre importanti. -

- Io sono sempre abbastanza attento nei rapporti sessuali, ma abbastanza forse non è sufficiente per me. Non ho mai fatto il test per l'HIV e ti assicuro che ho paura ad affrontarlo. -

Nadia corrugò la fronte esprimendo perplessità. Sì, paura. - confermò Davide - Tu non hai paura a farti l'autopalpazione una volta al mese? La fai sempre? -

- No perché non ho ancora l'età per farla così spesso, credo, comunque non ho problemi. -

- Beh, io sì. Ho voglia di fare quel test come di morire. Quindi ti chiedo, e bada che è una domanda retorica: vuoi tu Nadia ricevere il seme del qui presente Davide, con cromosomi da finocchio e con la possibilità che sia anche sieropositivo?-

Nadia scosse la testa senza smettere di sorridere.  Si alzò e raggiunse l'amico sul suo dondolo. Poggiò la testa sulla sua spalla e si lasciò cullare a lungo prima di alzarsi e andarsene.





Nadia

Il parto di Nadia fu veloce. Entrò in sala travaglio alle cinque del pomeriggio e alle nove di sera era già ritornata in reparto, al terzo piano della clinica ostetrica.

Il percorso era iniziato 257 giorni prima sul suo divano. Il donatore era inconsapevole del ruolo che avrebbe giocato nella vita di Nadia. Era un ragazzo conosciuto in discoteca la sera prima. A Nadia erano piaciuti i suoi capelli ricci e gli occhi che non stavano fermi su qualcosa per più di due secondi. Per il resto era un ragazzo da discoteca e basta.

Non era stato un grande amante. Doveva aver avuto dei problemi con qualche ragazza nel passato perché continuava a domandare: - ti ho fatto male? Scusa, ti ho fatto male? -

Non era un grande amante anche perché era durato fin troppo, trattenendosi, fermandosi, aspettando, ma era stato corretto e si era informato con tatto se poteva andare dritto o se doveva prendere delle precauzioni.

Nadia lo aveva rassicurato e il ragazzo, il cui nome non ha alcuna importanza, sembrò felice. Ma non era un grande amante e neanche un grande esperto perché quando finalmente si era irrigidito dentro di lei, aveva confuso il sospiro di sollievo di Nadia con un gemito di piacere e si era gongolato nell'illusione di una grande prestazione per parecchio tempo prima di rivestirsi e tornare a casa.

Nadia non lo aveva mai più rivisto, rifiutandosi al telefono e persino al citofono.

A distanza di tanto tempo non rammentava neanche il viso del donatore, cancellato com'era dal dolore insopportabile che ora provava ai capezzoli. Le labbra che la spellavano viva e la facevano piangere non erano quelle di un amante cattivo, ma quelle della fame di latte e della sete di affetto.

Nadia stringeva la sua creatura al seno e la bagnava con lacrime di gioia, fino a quando quella si addormentava, graffiandosi il viso con le unghie affilate. Allora iniziava la delicata fase di cambio del pannolino. Nadia doveva misurare i movimenti per evitare una sveglia fuori programma che si sarebbe risolta in un pianto e probabilmente in un singhiozzo o in un rigurgito. Teneva la testa con una mano, mentre con l'altra slacciava il pannolino dai suoi attacchi adesivi.

Le gambette da rospo avevano un sussulto quando il pannolino veniva sfilato da sotto e mostravano un sesso arrossato e spalancato, un taglio fuori misura che proseguiva in un tutt'uno con il solco delle natiche magre. Era brutto come il sesso di tutti i neonati, ma alla madre sembrava meraviglioso. Nadia sorrideva e rimaneva beata a guardare il sesso di sua figlia e più lo guardava più le  lacrime le rigavano le guance sode da puerpera. Aveva infine quello che aveva desiderato: un figlio. E grazie al cielo, grazie a Dio e grazie al ragazzo della discoteca, suo figlio era una femmina.



FINE


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