Il titolo originale è “Head in the Clouds” che non sarebbe male, equivale al nostro “La testa fra le nuvole”. Perché allora l’italiano “gioco di donna”, che suona così diverso? Un’altra domanda: avete visto il trailer in TV, quello con la voce fuori campo, che presenta il film come una intensa storia d’amore tra due donne? Ecco, la risposta è tutta lì: i furbacchioni del marketing della Moviemax e lo scaltro distributore italiano hanno pensato bene di pescare nel laghetto delle trote d’allevamento dove sguazzano banchi di consumatori perennemente affamati di .mpg categoria “lesbian”. Il gioco è facile: prendi l’amo Penelope Cruz, ci attacchi l’esca Charlize Theron (è la modella Martini di qualche anno fa, quella che si alzava da una sedia e un filo del suo miniabito la denudava per 30 secondi) e tiri su quintali di boccheggianti avanotteri con il mouse in mano e la memoria di Explorer farcita di url imbarazzanti.
Fin qui tutto bene, perché quando la promessa è una meraviglia come la Charlize Theron naufragare è più che dolce. Il brutto arriva quando, a tre quarti di film, capisci che non di “lesbian” si tratta e nemmeno di “teen” o “brunette”. “Gioco di donna” è un film che parla di una donna con la testa tra le nuvole, una che correttamente pensa a se stessa prima che agli altri, che poi si pente e decide di dedicare la propria vita ad una causa. E l’intensa storia d’amore tra due donne dov’è? C’è, ma è tutta in una frase detta in un pagliaio da Penelope Cruz a quella bella faccia da Girarrosto Santa Rita di Stuart Townsend: “Sai che siamo state amanti?”
Sai che siamo state amanti? Sai che siamo state amanti? Ma dillo a tua sorella! che se il film fosse piratato sarebbe solo una fregatura, ma avendo pagato il biglietto è un reato, per la precisione una truffa! Non si può promettere una cosa in pubblicità e poi consegnarne un’altra.
Se uno lo sapesse, prenderebbe la strada fino a fino a Ivrea per vedere un film lungo, lento e mal fatto sui capricci di una giovane donna e sulla resistenza francese? Ma non finisce qui. La vendetta è parlarne male, ma così male che le sale risultino deserte, le casse dei cine vadano in rosso e la carrozzeria dell’auto del distributore italiano - speriamo che qualcuno sappia dove la tiene - finisca rigata.
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