“Mando, ti è piaciuto?”
“…”
“Allora ti è piaciuto sì o no?”
“Ma se mi sono addormentato!”
Ad Armando non è piaciuto molto. Per un bambino di sette anni, 141 minuti di film, dei quali almeno la metà lenti, bui, e pieni di dialoghi (che in confronto andare a scuola è come partecipare a Zelig) sono davvero troppi.
Per Alessandro e Alberto le cose vanno meglio. Non hanno dormito e hanno capito tutto.
Anch’io ho capito una cosa: che il destino esiste e non puoi opporti. Anakin Skywalker in verità si impegna e ci prova, ma poiché deve per forza diventare il temibile e potente Darth Vader, (o Dart Fener) non ha nessuna possibilità di scelta tra bene e male. È già tutto scritto. Non nelle stelle, che tra l’altro sono richiamate in guerra, e nemmeno nella storia, ma nella sceneggiatura di George Lucas uscita da una stampante ad aghi nel 1976.
Evidentemente ad un film così chiuso tra un passato da sviluppare e un futuro sul quale sono pronti a giurare milioni di testimoni, manca uno degli aspetti più interessanti, “il come andrà a finire”, che non è poco. Sai praticamente tutto. Mancano alcuni particolari e alcune conferme che Lucas distribuisce bene nelle due ore e un pezzo. Peccato che per i dialoghi si sia fatto aiutare da quelli di Beautiful. Non mancano gli effetti speciali e resta il piacere di vedere Natalie Portman, la star bella come il Sole, Alpha Centauri e Proxima Centauri messe insieme, ma che, per qualche oscuro motivo (forse la Forza), quando è la principessa Padmé Amidala non smuove divisioni di ormoni come in altre occasioni. Resta il piacere di esserci e di poter dire “sono sopravvissuto a guerra fredda, torri gemelle, AIDS, malattie e altro (mica tutti ci sono riusciti) e sono qui a vedere il cerchio che si chiude”. Questo è bello. Ma soprattutto è bello correre a casa per aprire qualche vecchio scatolone, trovare la VHS di Guerre Stellari, e correre indietro di trent’anni per vedere il futuro con nostalgia.
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