sabato 4 agosto 2007

Kill Bill

Ho lasciato Torino un anno fa e ogni tanto me ne pento. Ieri sera, per esempio, al cinema Ambra di Valperga, con mia moglie, a vedere Kill Bill. Del film parlo tra breve, del vicino di sedia, parliamone subito: commenti, esclamazioni, battute al ritmo di una ogni cinque minuti, anche nelle scene più coinvolgenti. Volgarità sui titoli di testa, idiozie costantemente fuori luogo. Il tutto non due file più avanti o tre indietro, ma proprio di fianco a mia moglie, e con la quasi certezza che si tratti di un gradasso in cerca della rissa.

Ma nonostante il disturbo, il film l’ho inghiottito lo stesso. Dico inghiottito perché Quentin Tarantino non si può centellinare: lo butti giù tutto d’un fiato; la sete di creatività e di arte è tale, nel deserto della banalità, che quando trovi il frigo aperto, bevi a garganella, con l’acqua che ti cola giù e gli occhi chiusi. Metaforicamente, si intende, perché di questo Kill Bill non si può perdere un solo fotogramma. Quando credi che una scena abbia dato tutto quello che poteva, quando ritieni che la creatività più di così non si può, quando pensi di aver capito cosa sta per accadere, quando sei convinto che la genialità debba per forza avere un limite, quando sei dentro a tutto questo, ti rendi conto che sei solo all’inizio di una ripida vertigine che, precipita? No sale in un abisso di intelligenza pura, dove l’invenzione si somma alla trovata e l’estro fa da trampolino all’innovazione. Se da un film cerchi idee ed emozioni forti e pretendi la presa di distanze dai luoghi comuni, con Kill Bill trovi piena soddisfazione. Di più: se in qualche modo di senti parte del mondo della comunicazione e tenti un paragone con lui, in una scala da 1 a 1000 ti accorgi che Tarantino è a 1200 e tu a 18 meno meno. Ti senti piccolo, ma non umiliato, perché Tarantino è talmente  fuori scala che la comparazione è nulla per vizio di misura.

Esagero? Andatelo a vedere.

Intanto - mentre il cretino continua la sua cronaca per una platea di pavidi con lo scrivente in testa  che non lo zittisce - la pellicola si srotola e tu ti identifichi in Uma Thurman e sei pronto ad ammazzare per lei. Ti rendi conto che non può mancare molto alla fine e cominci a innervosirti perché tra breve staccheranno la spina e tornerai nel mondo del cretino. La sua costanza nel disturbare un intero cinema è ammirevole. Mancheranno sì e no cinque minuti alla fine, ho resistito fino ad adesso, potrei prudentemente sopportare ancora un poco, ma non voglio e non ce la faccio. Mi sporgo e finalmente gli dico, seccato e stizzito: “Adesso basta, la finisca per favore!” Si alza e mi spara come nella prima scena del film? Mi accoltella come nella seconda? Mi strappa il cuore, mi rompe il naso? Mi trapassa con la spada da Samurai? No, risponde semplicemente “Mi scusi” e tace. Ma vaffanculo!

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