Ridley Scott possiede una carta di credito revolving con un fido sconfinato: Alien, Blade Runner, Thelma & Louise, Il gladiatore, Black Hawk Down… per questo, se anche sbaglia un film, ha credito a sufficienza per rimanere un Grande. In realtà non ha sbagliato nemmeno “Le Crociate”. Però lo ha mancato. Aveva l’occasione per fare chiarezza e lanciare qualche verità storica, magari non piacevole per la Chiesa, ma l’ha insabbiata nel deserto della Palestina. Oliver Stone o Michel Moore avrebbero forse colto l’occasione per dire qualcosa di nuovo, per costruire uno di quei film che ti fanno incazzare perché senti l’arroganza del potere che soffoca l’intelligenza come “Insider” di Michael Mann, con Al Pacino e Russel Crowe, per esempio.
Insomma, questi crociati erano santi o assassini? Combattevano per la religione o per il potere? Anche se si tratta di delitti di mille anni fa non è detto che non ci riguardino. Invece dopo il film ne sappiamo quanto prima. Ridley Scott sceglie la modalità “spettacolo” e mette in scena una storia basata su rancori e amori, eroi e strategia bellica, sfiorando i temi politici e senza prendere posizione tra indiani e cow-boy. Il personaggio principale non aiuta a chiarire i dubbi: Baliano è un cavaliere fortemente sfigato che diventa un eroe. Lo interpreta Orlando Bloom, che fu già l’elfo Legolas nel Signore degli Anelli, allegro come un sarcofago sia qua che là. C’è anche la donna del vincitore, la principessa Sibilla, (Eva Green) che non serve assolutamente a niente nella storia, ma esce bene nelle locandine. Vere protagoniste sono comunque le battaglie. Tante, lunghe, cruente, spettacolari, sanguinose e confuse come vere, autentiche battaglie. Peccato che mancasse quella per la verità.
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