sabato 4 agosto 2007

Broken flowers

In questi giorni “Natale a Miami” è come il libro di Bruno Vespa: lo trovi dappertutto, tanto che ti viene voglia di andarlo a vedere per parlarne male.

“Broken Flowers”, invece, è il regalo non richiesto nella letterina a Babbo Natale, quello non patteggiato, la sorpresa che ti cambia la serata. La sceneggiatura è di Jim Jarmusch, uno che sa scrivere, visto che il soggetto ha la forza della semplicità, i dialoghi sono credibili, le situazioni sempre sorprendenti, i personaggi dipinti in tinte acriliche.

L’attore protagonista è Bill Murray. Avete presente l’interprete di “Lost in traslation” o Jeff, l’amico di Dustin Hoffman in Tootsie? È lui. Sharon Stone e Jessica Lange sono due delle quattro donne di questo film, quattro ex fidanzate, perse di vista vent’anni prima. Don (Bill Murray) le va a cercare in giro per l’America perché pare che una di loro gli abbia dato un figlio che ora ha diciannove anni. Cosa sono diventate le sue ex? Forse una è gay. Forse. Una forse è infelice. Una ce l'ha con lui, ma non si sa perché. E poi: in quale città degli Stati Uniti vive Don? E in quali città vola con tutti gli aerei che prende? Quali contee visita con la Mondeo a noleggio? Non ci sono riferimenti certi, sicurezze sulle quali appoggiarsi. In altri casi aspetteresti solo l’intervallo per scappare, ma qui accetti di fare un atto di fede perché intanto il film ti piace.

Neri Parenti, Dio lo benedica, offrirebbe tutte le risposte a suon di rutti, ma il regista di Broken Flowers per fortuna è Jim Jarmush, che oltre a saper scrivere sa dirigere un film. Lo costruisce lento perché non è il montaggio serrato a creare la tensione, ma la delicatezza del narratore. Lo infarcisce di ripetizioni perché sa che può permetterselo. Lo lascia irrisolto, perché evidentemente vuole qualcosa da te.

Si comporta come il papà con il figlio che deve fare i compiti. “Quanto fa 64 diviso 8?” Non suggerisce la risposta, lascia che il bimbo ci arrivi da solo, così la prossima volta il bambino la saprà. Sbaglia: il bambino non si ricorderà la tabellina perché non ha voglia di impararla. Ma il risultato il papà e il regista lo ottengono ugualmente: il bambino scrive il numero esatto e tu, spettatore, sei costretto a ragionare.

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